Comunità di S.Egidio


 

21/11/2003

Gli immigrati e la citt�
L'umanit� invisibile

 

� una storia dolorosa, semplice e scura come il fumo che si deve essere levato di notte, mentre dormivano, quella dei quattro romeni che sono rimasti bruciati e soffocati e dei due che hanno dato l�allarme prima di fare i conti con i segni che il fuoco gli ha lasciato addosso. Una storia semplice, di emarginazione. E una storia scura. Perch� non ci dovremmo permettere di lasciar dormire sei persone, forse pi�, in una ex cella frigorifera, tra l�Arco di Travertino e via del Velodromo. Una Roma di fabbriche in disarmo, di fungaie e di depositi dell�Ama, che sembra spopolata, all�improvviso ci appare per quello che �: una terra di nessuno che diventa l'approdo di poveracci. Chi gira per le strade la notte con le coperte, i panini, le bevande calde sa che negli ultimi anni questa umanit� dolente non � scomparsa, � solo diventata meno visibile. Non perch� � un mondo fatto di clandestini, che sta nell�ombra, ma perch� � fatto di persone che si sottopongono a una vita durissima. Vivono ai margini perch� non hanno scelta e per difendersi. Dal freddo, dalla diffidenza, dalla paura. Non ci si pensa, ma vivere per strada o in alloggi di fortuna moltiplica non solo le malattie ma anche il rischio di aggressioni.

Quanti sono? Un migliaio, forse duemila persone. Riempiono case diroccate e container di latta dopo Rebibbia. Centinaia sono i richiedenti asilo dello Scalo Tiburtino, sudanesi ed eritrei. Poi ci sono gli asiatici del subcontinente indiano, i curdi, gli irakeni, i romeni dei ponti sul Tevere, di via Marsala, del Nuovo Salario, della tangenziale di San Lorenzo.

Sono l� dove si accumulano rifiuti, cose rotte, dove non arriva nemmeno la luce e l�acqua. Occupano gli spazi che nessuno vorrebbe nemmeno per un giorno. Quando fa freddo � facile che ci si scaldi con la stufetta. Che si cucini col camping gas. Che l�alcool dia un sollievo superficiale e temporaneo. Che fumare su una brandina diventi uno dei pochi piaceri di una vita avara di piaceri. Che si combattano gli spifferi con cartone e cellophane. Qualche volta il fuoco si prende tutto. Probabilmente, nei prossimi giorni, verr� fatto uno sforzo aggiuntivo per scoprire dove si riparano queste persone. Ma la soluzione non �, dopo averli trovati, distruggere i loro giacigli e disperderli di nuovo. O mandarli via.

Quando si provoca un�ustione nel tessuto della citt� come quella dell'ex pescheria dell�Arco di Travertino, le reazioni possono essere molteplici. Indifferenza, per un�altra storia triste quando abbiamo gi� tanti guai noi. Difesa e fastidio per questi stranieri che stanno dove non dovrebbero essere, in Italia e in un luogo pericoloso. Vergogna, perch� non � accettabile la distanza tra il nostro standard di vita e quello di gente che vive in un frigorifero riadattato. Piet�, perch� nessuno dovrebbe mai finire cos� i propri giorni. Indignazione, perch� sarebbe possibile rendere meno inospitale una citt� come Roma, ma a forza di creare strettoie e fantasmi, quando si parla di immigrati, la precariet� diventa la norma e una vita normale diventa irraggiungibile.

Mario Marazziti