Comunità di S.Egidio


 

15/01/2004


Io, missionario e sieropositivo
Padre Aldo Marchesini, bolognese, 62 anni, fa il chirurgo da trent'anni in Mozambico e si � infettato in sala operatoria. Ma ha scelto di non nascondere la sua malattia: anzi, l'ha trasformata in occasione per fornire a 200 africani con l'Aids le stesse cure destinate a lui. �Io posso contare su una vita abbastanza lunga, grazie al fatto di essere italiano e di avere accesso alla terapia I miei amici mozambicani invece che speranza hanno?�

 

Prete e con l'Aids. Potrebbe essere una situazione imbarazzante, e invece padre Aldo lo ha detto a tutti, con una sorta di �lettera aperta� pubblicata anche dal mensile missionario Nigrizia: �Ho scelto la condotta di non nascondere a nessuno la mia situazione di sieropositivo. Ne ho parlato pi� volte in pubblico e ora tutti sanno che padre Marchesini � sieropositivo e sta facendo la terapia�.

Del resto, che c'� da vergognarsi? Il dehoniano Aldo Marchesini, 62 anni, � infatti missionario e medico da oltre vent'anni nell'ospedale provinciale di Quelimane, in Mozambico, di cui � direttore clinico. E l'Aids l'ha contratto in sala operatoria, come lui stesso spiega nella lettera: �Io faccio il chirurgo in ospedale ed � facile pungersi o farsi piccole ferite nelle dita, mentre si opera. Considerando che il 20% circa dei miei operati era sieropositivo e che, 5 o 6 volte all'anno, capita a chiunque di ferirsi, le occasioni non erano certo mancate. Per 5 anni, inoltre, avevo lavorato nella maternit� dell'ospedale di Quelimane: anche l� le occasioni d'imbrattarsi di sangue erano state molto frequenti�.

Anzi, il dottor Aldo � riuscito a trasformare la sua nuova condizione non solo in opportunit� di crescita spirituale, ma persino in un progetto di sviluppo per molti sieropositivi africani. Gi�, perch� padre Marchesini non � uno qualunque: bolognese d'origine, sta in Mozambico dal 1974 ed ha lavorato in diversi ospedali del Paese africano. Ha imparato la chirurgia d'emergenza alla scuola di un altro grande medico-missionario italiano, il comasco padre Giuseppe Ambrosoli, comboniano scomparso una ventina d'anni or sono dopo aver diretto per vari decenni un nosocomio in Uganda. Ma padre Aldo � un bel tipo perch� � anche un ottimo scrittore: ha firmato diversi volumi in cui raccoglie e trasfigura episodi e incontri della sua esperienza; inoltre ha messo in atto una sorta di �comunit� mistica internazionale� che si mantiene in contatto per lettera o su Interne t, scambiandosi le esperienze spirituali.

Proprio con tale animo il sacerdote descrive quella che chiama �la mia avventura interiore, messa in moto dalla notizia che mi ero infettato col virus dell'Hiv/Aids�. I primi sintomi sono la stanchezza fisica, soprattutto nel clima umido di Quelimane: �Il caldo mi ha stritolato. Ero oppresso, frastornato, assillato. Non mi capacitavo di cosa mi stava succedendo�. Poi arriva la febbre, ma non � un attacco della solita malaria: �Sar� una virosi africana, come tante�. Di l� a poco � in programma un rientro in patria per le vacanze e il missionario si consola: �Mi barcamener� per questi pochi giorni a forza d'antipiretici e poi, in Italia, mi riprender�.

Ma � proprio a Bologna, nel marzo scorso, che si svela la vera natura del male: �Tutti, familiari e amici, mi dicono che ho una brutta cera e devo fare esami. Nella lista aggiungo anche il test dell'Hiv: non si sa mai!...�. E infatti, nella clinica dove padre Marchesini ha qualche amico e collega, gli esiti sono chiari: �Li hai presi proprio tutti, nel tuo ospedale! Ti mancano solo l'epatite C e la sifilide. Riguardo all'Hiv, non hanno mandato la risposta e chiedono di ripetere il prelievo. Lo facciamo di nuovo stamani stesso�.

Ed ecco la rivelazione: �Il giorno dopo alle 8 m'incontro col mio amico e collega: ha in mano il foglio e, con un certo imbarazzo, me lo mostra: "� risultato che sei positivo per l'Hiv 1 p24 e gp41". Rimane senza parole lui e rimango senza parole io. La richiesta di ripetere il test dell'Hiv mi aveva gi� fatto capire che probabilmente ero sieropositivo, ma la possibilit� che potesse esserci un errore mi aveva trattenuto dal preoccuparmi prematuramente. Ora la verit� era l�, l'avevo appena letta�.

Il dottore si trova nelle condizioni del malato: �Debbo dire che non provai nessuna emozione particolare e tanto meno sconforto. Ancora adesso non so rendermene conto. Nella mia qualit� di medico, avevo dovuto comunicare gi� parecchie volte, a miei pazienti , che erano sieropositivi e che i loro sintomi ed il loro malessere erano dovuti all'Aids. Era un dovere molto pesante per me e, varie volte, m'era capitato d'immaginare d'essere io nelle vesti di paziente. Avevo sempre scacciato il pensiero con una certa angoscia, tranquillizzandomi che non ero malato e che quelli erano appena fantasmi mentali. Rimasi a guardare il foglio per un attimo in silenzio. Che fossi io il paziente era adesso la verit�. Tuttavia l'angoscia che accompagnava i miei fantasmi mentali non c'era. N� angoscia, n� ribellione, n� paura, � vero, ma un cambiamento radicale, di stato, s'era realizzato senza rumore nel mio intimo. Ebbi la sensazione d'essere il vagone d'un treno che fino a quel momento aveva viaggiato sullo stesso binario degli altri e che, all'improvviso, aveva infilato uno scambio nascosto, ed ora mi trovavo, da solo, a viaggiare su un binario parallelo. Tutto rimaneva uguale e tutto, simultaneamente, era cambiato, e cambiato per sempre�.

Per fortuna le terapie sono molto progredite negli ultimi anni: esistono �medicine altamente efficaci� e �la speranza di vita residua e la sua qualit� sono �buone�. Il medico-missionario comincia dunque ad assumere il cocktail di farmaci che dovr� prendere per tutta la vita.

Ma non gli basta: �Cominciai a riflettere che io potevo contare su una vita ancora probabilmente abbastanza lunga, grazie al fatto d'essere italiano e di poter avere accesso alla terapia. Ed i miei concittadini del Mozambico, che speranze potevano mai avere? Fino a quel momento non esisteva terapia accessibile: il suo costo era superiore alle possibilit� di quasi tutti. Sentii che dovevo impegnarmi per far s� che anche gli altri abitanti potessero avere la stessa mia speranza di vita�. Dopo contatti con la Comunit� di Sant'Egidio, che �stava iniziando un'esperienza pilota proprio in Mozambico� per �offrire lo stesso trattamento d'eccellenza, disponibile nei Paesi ricchi, ai malati di Aids dell'Africa, gratuitamente�, nasce un progetto che vede la compartecipazione del ministero della Sanit� mozambicano, della Comunit� romana e dell'associazione onlus Progetto Mozambico.

Le attivit� (il trattamento con anti-retrovirali per 200 malati di Aids) sono iniziate proprio in questi giorni, con la partenza di due dottoresse volontarie italiane per Quelimane, dove il sacerdote-medico � rientrato gi� in agosto; con un vantaggio in pi�: �Ora tutti sanno che padre Marchesini � sieropositivo e sta facendo la terapia, � vivo, sta bene e continua a lavorare. Da pochi giorni sanno pure che la terapia � ormai disponibile anche per gli altri malati e che quindi non c'� pi� motivo di nascondersi, di non voler fare il test per non voler sapere. Molte persone sono gi� venute a parlare con me, per essere consigliate ed incamminate�.

Diavolo d'un prete: � riuscito a trasformare uno svantaggio in risorsa. E cos� �l'avventura interiore continua, in compagnia di una moltitudine di altri sieropositivi del Mozambico. Non posso che ringraziare il Signore d'avermici introdotto e d'aver condotto le cose in modo tale che il seme della speranza potesse, in cos� breve tempo, trasformarsi in un grande albero�. Beato con l'Aids.

Roberto Beretta