Comunità di S.Egidio


 

30/01/2004


Il cardinale e il rabbino "Non dimenticare la Shoah"
�Non dobbiamo solo ricordare. Dobbiamo anche amare il popolo ebraico�. Cos� il cardinale Dionigi Tettamanzi, affiancato dal rabbino Giuseppe Laras, dal presidente della Comunit� Ebraica Roberto Jarach e dalla deportata sopravvissuta Liliana Segre ha celebrato ieri il giorno della memoria della deportazione dalla Stazione Centrale.

 

Neri i tappeti. Nere le tende ai muri. Gelidi i sotterranei della Stazione. E gli stretti corridoi. Cupo il canto ebraico. E cupo il rombo dei treni. Neri, gelidi, cupi. Come i ricordi di sessant'anni fa. Come la memoria di quel 30 gennaio 1944, quando inizi� �il nostro viaggio verso il nulla�. Stazione Centrale, ala di via Ferrante Aporti: da questi corridoi, da questo �buio sotterraneo� � partita Liliana Segre, allora tredicenne, una delle 605 persone che in quel giorno d'inverno furono deportate al campo di sterminio di Auschwitz. Una dei venti sopravvissuti a quel viaggio �nell'inferno�. E da qui � partito il ricordo di �coloro che hanno memoria del passato e che sono condannati a ripeterlo�. E' iniziato da un �Io c'ero. Io ero qui�. Un grido sussurrato. Allora come ieri, �per non dimenticare�. Perch� �l'angoscia di ciascuno � la nostra�, dice il cardinale Dionigi Tettamanzi, facendo eco alla frase di Primo Levi, scolpita sulla lapide all'altezza del binario 21. E scolpita nelle rievocazioni di chi c'era e di chi tiene vive le testimonianze. Aggiungendo �che non basta ricordare e lottare contro l'antisemitismo. E' necessario un passo in pi�: bisogna amare il popolo ebraico, erede di Dio�. Cos� Liliana Segre, prigioniera numero 75190, l'arcivescovo di Milano, l'ex deportata Agata Herskovitz Goti Bauer, il presidente della Comunit� ebraica Roberto Jarach, il rabbino Giuseppe Laras, Giovanna Massariello dell'Associazione nazionale ex deportati e l'assessore comunale Aldo Brandirali, hanno dato voce, nell'incontro voluto dalle Comunit� di S.Egidio ed Ebraica, alla memoria delle deportazioni dalla stazione. Tre convogli, partiti tra il dicembre '43 e il maggio '44, �carichi di ebrei e carcerati politici, la cui unica colpa � stata quella di essere nati�, ripete pi� volte Liliana Segre. Rievocando l'indifferenza di una citt� �che ha tenuto le finestre chiuse durante il nostro passaggio da San Vittore alla stazione. Con un'unica eccezione: i detenuti del carcere, le ultime persone umane incrociate prima dell'appuntamento con i mostri�. Era l'assaggio �di quello che sarebbe stato l'inferno. Era il tempo dei morti e dei disvalori�, evidenzia Laras. Ma � proprio da questa �lezione di morte che dobbiamo trarre una lezione di vita. Oggi attraverso il ricordo dei sopravvissuti, domani nel racconto di chi ha raccolto questa sofferenza, diventandone a sua volta testimone�. E finch�, aggiunge Laras, �saremo in grado di sentire questi sentimenti, l'umanit� avr� coscienza di s� per trasmettere la memoria�. Dunque, il ricordo. Perch�, ribadisce il cardinale Tettamanzi, �non si deve cadere nella tentazione pi� insidiosa della dimenticanza�, nel pericolo �dell'insipienza�. Solo se tutto quello che � accaduto viene rivisitato, �ci sar� data la possibilit� di capire, con la responsabilit� che tutto ci� non si ripeta mai pi��, conclude l'arcivescovo. Certo che �la memoria vera si recupera con il silenzio�. Quello interiore.

Davide Gorni