Comunità di S.Egidio


 

29/02/2004

Un incontro a trent'anni dal Convegno diocesano promosso dal Cardinale Poletti nel febbraio '74
La memoria di un gesto profetico

 

Sono passati trent'anni dalle giornate di febbraio che videro pi� di cinquemila romani, laici, preti, religiosi e religiose, credenti e non credenti, confrontarsi sulle Responsabilit� dei cristiani di fronte alle attese di carit� e di giustizia nella Diocesi di Roma. Era questo il titolo di un incontro diocesano promosso dal Vicariato di Roma. Tra il 12 e il 15 febbraio 1974, nella Basilica di San Giovanni in Laterano e nei cinque settori nei quali la Diocesi era stata da poco suddivisa, i cristiani di Roma discussero per la prima volta insieme i problemi della citt�. Si tratt� di un'esperienza nuova, eccezionale, fortemente voluta dal Cardinale Vicario Ugo Poletti, che la defin� emblematicamente una "offerta di speranza".

Nel pomeriggio di ieri, venerd�, nella cornice solenne dell'aula Giulio Cesare del Campidoglio, sede del Consiglio comunale, gremita negli scranni come nella platea riservata al pubblico, un Convegno di studi promosso dalla Comunit� di sant'Egidio, dalla Caritas diocesana e dalla Fondazione internazionale don Luigi Di Liegro, ha voluto fare memoria di quell'evento, che ha segnato in profondit� la vita della Diocesi di Roma e ha contribuito al rinnovamento delle iniziative e delle strutture di assistenza ai pi� poveri animate dalla Chiesa locale. Il convegno � stato aperto da un intervento del Sindaco Walter Veltroni, che ha ricordato, anche a partire dalla sua esperienza personale, "la forza che per molto tempo il messaggio emerso da quell'appuntamento mantenne. Molte cose cambiarono da quel momento". Per Veltroni, quelle giornate furono caratterizzate dal tentativo di recuperare un senso di citt� come "comunit�", partendo dai "mali", non per rivolgere accuse o denuncie, ma per "capirne le cause e cercarne i rimedi, sapendo che ogni sforzo si sarebbe dovuto inscrivere in un disegno pi� ampio". Due relazioni quadro, una storica a cura del prof. Andrea Riccardi, e una sociologica, proposta dal prof. Giovanni B. Sgritta, hanno ricostruito l'evento, e il contesto storico, sociale ed ecclesiale in cui si inseriva. Dopo la proiezione di un filmato d'epoca sul convegno si sono susseguite una serie di testimonianze e riflessioni che hanno inteso fare memoria dell'evento e indagare quale eredit� esso abbia lasciato nella vita diocesana e cittadina.

Ma veniamo alla storia. L'iniziativa del febbraio 1974 era stata preparata con cura fin dagli anni precedenti dal "Servizio assistenziale del Santo Padre" guidato da Mons. Antonio Travia, in collaborazione con il Vicariato di Roma, per indurre una revisione dei tradizionali metodi e circuiti di assistenza sociale posti in essere dalla Chiesa nella citt� di Roma. Occorreva dar vita a nuove forme di carit� che sorgessero dall'interno stesso delle parrocchie, nell'intento di aiutare le stesse a diventare Comunit� di carit�. Era questo uno degli intenti della "Commissione di servizio sociale", istituita dal Servizio assistenziale del Santo Padre e composta da cinque esperti di assistenza sociale. Il Convegno pastorale diocesano sulla carit� doveva raccogliere l'esperienza accumulata dalla Commissione in tre anni di lavoro, e favorire la nascita di organismi diocesani ordinari, in particolare la Caritas diocesana.

La proposta di tenere un convegno sui temi del disagio sociale e sulle responsabilit� dei cristiani di fronte ad esso incontr� da subito un largo consenso e un interesse crescente. L'idea fu lanciata dal Card. Poletti nel corso di una conferenza stampa, nell'ottobre 1973. In quell'occasione il Cardinale Vicario si chiese: "Ha la Chiesa qualcosa da dire alla societ� di oggi? Ha da dire - rispondeva - che il mondo attuale � inaccettabile, e che l'uomo ha la vocazione di trasformarlo e di ordinare l'orientamento del suo divenire personale e collettivo". Sono parole che oggi colpiscono per la loro radicalit�, ma nelle quali si avverte l'onda lunga di cambiamento che partiva dal Concilio Vaticano II e dai fermenti che attraversavano le societ� europee dell'epoca, tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Settanta. La stessa iniziativa del Cardinale Vicario di convocare un incontro con la stampa per affrontare i temi del disagio e della povert� nella citt� fu del resto inusuale.

La fase preparatoria del convegno fu complessa, e in alcuni ambienti politici e religiosi l'iniziativa non fu subito compresa nel suo significato profondo. Si temeva, da una parte, che il convegno fosse strumentalizzato politicamente per denunciare i ritardi dell'amministrazione capitolina. Dall'altra, si vedeva il rischio di dare voce ai movimenti di contestazione e di dissenso sorti in ambito ecclesiale in anni recenti. Il Convegno che sarebbe stato poi ribattezzato "sui mali di Roma" si apr� con due relazioni introduttive affidate al sociologo Giuseppe De Rita e al rosminiano don Clemente Riva, futuro Vescovo Ausiliare di Roma, e si svolse effettivamente in uno spirito assembleare, lasciando completa libert� di parola e di espressione a tutti gli intervenuti. Chiunque si poteva iscrivere ai lavori ed intervenire. Le iscrizioni furono chiuse soltanto al raggiungimento dei 5.000 partecipanti, una cifra che d� la misura dell'interesse suscitato dal tema e dalla proposta. Le conclusioni furono affidate a Luciano Tavazza, allora presidente dell'Enaoli, e allo stesso Cardinale Vicario.

La relazione di Riccardi ha messo in luce come il Card. Poletti, con lo spirito pastorale che ha sempre caratterizzato il suo ministero, abbia saputo non soltanto superare le obiezioni e i timori di cui si � detto, ma anche convogliare le tante istanze e voci presenti in un discorso costruttivo volto al miglioramento della citt� e delle condizioni dei pi� deboli. A chi chiedeva alla Chiesa un gesto profetico, il Cardinale Vicario rispondeva che il Convegno stesso rappresentava quel segno, e aggiungeva: "La Comunit� cristiana di Roma, per essere segno profetico, si mette nelle condizioni del suo Maestro: condizioni di povert� e di servizio. Si presenta ad un esame pubblico sola: nessuno dei potenti del mondo si � affiancato a lei; senza difesa umana, mentre dal suo interno e dall'esterno le piovono accuse; alla ricerca della verit� nella carit�... in stato di conversione e di riconciliazione, in offerta di collaborazione alla citt�, al suo popolo, ai suoi rappresentanti". Il primo risultato del Convegno, come ha notato Riccardi, fu consentire a parti diverse della Chiesa, che fino ad allora non avevano mai comunicato, di ricomprendere una comune appartenenza ecclesiale, di sentirsi comunit�. Il disegno del Card. Poletti era rendere quella di Roma una Chiesa locale dotata di una sua personalit� e autonomia. Il Convegno del febbraio 1974 rappresent� una delle prime espressioni di questa nuova realt�.

La Roma del 1974, del resto, presentava una situazione sociale assai diversa dall'attuale. Intere parti della citt�, specie nelle periferie, versavano in una condizione di degrado. Il terzo mondo � nelle borgate, recitava uno degli slogan dell'epoca. Una parte consistente della popolazione romana viveva in condizioni di estrema precariet�. La mortalit� infantile era molto elevata, e il problema abitativo costituiva una vera e propria emergenza. Nel 1968 - stando ai dati ufficiali dell'Anagrafe, senz'altro in difetto - ben 62.000 persone vivevano in baracca, in gran parte emigrati dal Sud Italia. Il Convegno mise in luce queste realt�, grazie anche alle molte testimonianze provenienti da cristiani impegnati in un lavoro di alfabetizzazione e promozione della dignit� delle classi pi� disagiate. Proprio in quegli anni, infatti, alcuni movimenti ecclesiali compivano i loro primi passi, a partire dalla vicinanza ai pi� poveri. � il caso di molte esperienze, tra cui quella della Comunit� di sant'Egidio, che in quell'occasione avvert� con maggiore chiarezza la vocazione a coniugare spiritualit� e solidariet�, come due dimensioni con cui vivere Roma. Certamente il Convegno del febbraio 1974 affront� in maniera molto responsabile i problemi della citt�. Lo stesso Cardinale Vicario, nella relazione conclusiva, not� come "la Comunit� cristiana si sia mostrata una voce efficace, nel suo dovere caratteristico di testimone del bene comune. Perci� - concludeva - il convegno � anche un'offerta di speranza". A significare che il Convegno aveva un valore per la Chiesa e per la citt�, e sarebbe stato all'origine di una nuova cultura sociale della citt�. Questo pensiero, il Cardinale Vicario lo condivideva con uno dei preti romani protagonisti dell'evento ma anche della successiva azione sociale della Chiesa a Roma, don Luigi Di Liegro. Due anni dopo il Convegno, infatti, venne creata la Caritas diocesana di Roma, che, sotto la guida di don Di Liegro, divenne un soggetto forte nella vita ecclesiale romana e nella citt� stessa. Le testimonianze di don Guerino Di Tora, attuale direttore della Caritas diocesana, e della nipote di don Luigi, Gina Di Liegro, hanno restituito tutta la generosit� e la passione con cui il noto prete romano ha guidato per molti anni, fino alla sua scomparsa, la Caritas.

A trent'anni di distanza da quell'evento, resta soprattutto la memoria di una grande scossa culturale alla vita religiosa e politica di Roma. Il Convegno del febbraio 1974, anche in questa nuova rilettura storica e documentaria, resta un fatto emblematico per la Diocesi di Roma, e allo stesso tempo una tappa fondamentale della ricerca di quell'idea di Roma senza la quale, come avvertiva il grande storico Mommsen, non si pu� vivere nell'Urbe.

Marco Impagliazzo