Comunità di S.Egidio


 

05/03/2004


Testimoni del Crocifisso
Nel Novecento c�� un aspetto del martirio importante, che non vorrei dire nuovo � perch� la carit� non � nuova nella storia della Chiesa � ma che ha assunto una grande rilevanza: � proprio il martirio della carit�. Un prete milanese, don Isidoro Meschi, un parroco normale, che viveva in un contatto attento con i giovani, che cercava di aiutare quando avevano problemi con la droga, fu ucciso da un giovane tossicodipendente; un prete comasco, don Renzo Beretta, fu ucciso nel 1999, a 76 anni, da uno straniero che ospitava (aveva scritto: �E chi e quale legge ci pu� impedire di "aiutare" questa gente allo sbando?�).

 

Il martirio cristiano del secolo XX � una realt� di cui si � presa coscienza molto tardi, per motivi diversi: per la lunga durata del comunismo in Unione Sovietica e nei Paesi dell�Est, per il fatto che i Paesi del Sud del mondo (africani, ma anche asiatici) sono stati poco sotto i riflettori. C�� stata la difficolt�, insomma, di mettere insieme i tanti frammenti di questa esperienza di dolore e, quindi, di coglierne le sue reali dimensioni. Solo negli ultimi anni del secolo, quasi in sede di bilancio, si � cominciato a prendere coscienza del martirio nel Novecento. Giovanni Paolo II ha avuto un ruolo significativo nel processo che ha portato a questa consapevolezza. Karol Wojtyla, infatti, ha conosciuto personalmente la tragedia della guerra e della persecuzione. La Polonia, che la storiografia ottocentesca considerava "popolo martire", nel Novecento ha sub�to l�occupazione nazista che intendeva ridurne in schiavit� il popolo ed eliminarne una parte, ha vissuto la Shoah che ha divorato tanti ebrei polacchi ed europei, infine ha conosciuto il controllo sovietico e il regime comunista con la persecuzione antireligiosa.

Giovanni Paolo II ha ricordato cos� la sua giovinezza: �Il mio sacerdozio, gi� al suo nascere, si � iscritto nel grande sacrificio di tanti uomini e di tante donne della mia generazione. A me la Provvidenza ha risparmiato le esperienze pi� pesanti...�. Al Papa � sembrato di aver vissuto una parte di �questa sorta�, come dice, �di "apocalisse" del nostro secolo�. Il martirio non � per lui una storia antica, bens� una realt� contemporanea. Lo stesso Papa ha sub�to un violento attentato, che poteva con molte probabilit� condurlo alla morte.

Giovanni Paolo II, dalla sua esperienza del Novecento, ha tratto la convinzione che il martirio � una realt� contemporanea del cristianesimo. Da qui l�iniziativa del recupero della memoria dei martiri contemporanei. Nel documento programmatico dell�Anno Santo, la Tertio millennio adveniente, che porta chiaramente l�impronta della sensibilit� del Papa, si legge: �Nel nostro secolo sono ritornati i martiri, spesso sconosciuti, quasi "militi ignoti" della grande causa di Dio. Per quanto � possibile non devono andare perdute nella Chiesa le loro testimonianze...�. Per questo il Papa ha lanciato un invito: �Occorre che le Chiese locali facciano di tutto per non lasciare perire la memoria di quanti hanno sub�to il martirio, raccogliendo la necessaria documentazione�.

La stessa espressione "nuovi martiri" � un�espressione wojtyliana, seppure la Chiesa greco-ortodossa parla da tempo di nuovi martiri, per indicare i martiri della lotta del popolo greco e ortodosso contro i turchi. Si tratta quindi di un�altra accezione del termine. Anche la Chiesa ortodossa russa ha cominciato a definire nuovi martiri i perseguitati dal potere sovietico. Mi sembra che il termine "nuovi martiri" sia un richiamo al fatto che la Chiesa nel Novecento sia tornata a essere una Chiesa di martiri. Indubbiamente, nella visione di Giovanni Paolo II, il concetto di martirio si amplia rispetto a quello classico di martire in odio alla fede o quantomeno lo reinterpreta: martire � scriveva il teologo Karl Rahner nel 1983 � � �anche colui che soccombe nella lotta attiva perch� si affermino le esigenze delle sue convinzioni cristiane...�.

Questo martirio si inquadra in quello che � stato il secolo delle stragi, della morte di massa, dell�industria della morte, del terrore. In fondo, il Novecento, pur con le sue nuove opportunit�, i progressi e gli aspetti positivi, � stato un secolo tanto buio, un secolo dalle lunghe ombre, terribile per le sue violenze e per i suoi massacri. Le novit� della scienza e della tecnica sono talvolta state messe al servizio della distruzione dell�uomo e di interi popoli. In certi momenti tragici si � smarrita ogni memoria dell�amore, del Vangelo, di Dio stesso.

Si pensi al primo olocausto del secolo: pi� di un milione di morti, nelle stragi degli armeni e dei siriaci nel corso della Prima guerra mondiale, massacrati perch� cristiani. Si pensi ai morti durante la dittatura comunista in ex Unione Sovietica e al terrore staliniano. In Cina sono avvenute le stragi (e gli stupri) di Nanchino nel 1937, quando i giapponesi uccisero 200 mila cinesi, talvolta usandoli come bersagli per le loro esercitazioni militari. Ci sono state due terribili guerre mondiali. E, nel cuore della Seconda guerra mondiale, la Shoah, proprio in Europa, con la morte di sei milioni di ebrei (ma anche tanti altri morti: polacchi, zingari, russi...).

Sempre durante la guerra non si pu� dimenticare il bombardamento atomico su Hiroshima e Nagasaki con 150 mila morti (il primo uso di quella bomba che resta tuttora una minaccia). I quasi trenta milioni di morti nelle carestie cinesi tra il 1958 e il 1962. Le violenze dei regimi autoritari in America latina e le guerre in Africa. La strage di un terzo della popolazione in Cambogia. La pulizia etnica nella ex Jugoslavia. I massacri in Ruanda. Un milione di morti nella guerra civile in Mozambico. Gli assassinii in Algeria... � un elenco incompleto appena allusivo. Ma si vede bene come il Novecento sia stato, per milioni di esseri umani, un secolo buio. Si � smarrita la memoria dell�amore, del rispetto dell�uomo e della donna.

Alla fine di questo secolo in cui si � affermata la democrazia, troviamo anche il bilancio di un secolo di terrore. Non si � trattato di un "secolo breve", come � stato definito: � stato un secolo lungo, per i suoi tanti dolori. Proprio morendo, negli anni Venti, il patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Tichon, che la Chiesa ortodossa ha recentemente canonizzato, sembra abbia detto queste parole: �La notte sar� molto lunga e molto oscura�. E alludeva alle persecuzioni staliniane contro la sua Chiesa.

Di fronte a uno smarrimento tanto profondo e tragico (e quelli citati non sono che alcuni esempi, ma se ne potrebbero ricordare tanti altri), un popolo di credenti, talvolta debole, non ha smesso di celebrare la memoria della passione del suo Signore e della sua risurrezione. Non � stato mai cos� buio che non si accendesse la piccola luce del cero della Pasqua. I cristiani non hanno mai smesso di ricordare che il Signore � stato trattato come il peggiore degli uomini e delle donne, pur essendo innocente: � stato trattato come tante decine di migliaia di esseri innocenti che hanno sub�to violenza, tortura, condanna a morte.

Il pastore tedesco Paul Schneider fu internato nel 1937 nel campo tedesco di Buchenwald, per la sua opposizione al nazismo, motivata dalla sua fede cristiana. Nel lager fu sottoposto a maltrattamenti e a torture particolari perch� si rifiutava di rendere omaggio alla croce uncinata e a Hitler, all�idolatria dell�uomo, dello Stato e della razza germanica.

Dall�aprile 1938 fu rinchiuso in isolamento nel bunker del campo, dove trascorse i suoi ultimi quattordici mesi di vita. Dal bunker, tuttavia, attraverso una piccola feritoia non cess� mai di far sentire la sua voce per ricordare ai suoi compagni la presenza del Signore. Un compagno ha ricordato: �Tutte le mattine teneva per noi prigionieri una preghiera mattutina, e a causa di quella ogni volta veniva bastonato o torturato�.

Un detenuto, deciso a gettarsi contro il filo spinato elettrificato per farla finita, ha raccontato di avere desistito da questa idea grazie alle parole del pastore Schneider. Il pastore richiamava la memoria dell�amore di Dio durante l�appello nel piazzale del campo: �In quel luogo di orrore e disperazione, si ud� risuonare, sul piazzale in cui i ventimila prigionieri stavano allineati, una voce forte e chiara. Questa voce proveniva dalla feritoia d�una cella nel bunker: "Ges� Cristo dice: Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminer� nelle tenebre"... Con quel grido mi ha salvato. Perch� da quel momento io ho saputo: c�� Qualcuno al mio fianco!�. Leonhard Steinwender, anch�egli internato a Buchenwald, ha ricordato: �La domenica di Pasqua, per esempio, improvvisamente udimmo le potenti parole: "Cos� dice il Signore: Io sono la risurrezione e la vita!". Le lunghe file dei prigionieri stavano sull�attenti, profondamente turbate dal coraggio e dall�energia di quella volont� indomita... Non pot� mai pronunciare pi� che poche frasi. Poi sentivamo abbattersi su di lui i colpi di bastone delle guardie...�.

La vicenda della persecuzione nazista, a cui facevo cenno, non � che un capitolo della storia del martirio nel Novecento. Ce ne sono altri: quello della persecuzione comunista sovietica, est-europea, albanese (in maniera tanto drammatica), ma pure quella del comunismo asiatico. In Asia, poi, proprio all�inizio del secolo i missionari e i cristiani autoctoni vengono uccisi perch� identificati con l�Occidente, durante la rivolta dei Boxer, nell�estate del 1900. Ma questo avviene anche successivamente, durante la Seconda guerra mondiale, per opera delle truppe di occupazione giapponese.

Ma ci sono anche i caduti della persecuzione a sfondo religioso: si tratta di cristiani uccisi da musulmani, ma anche da buddhisti, buddhisti lamaisti o thailandesi, oppure vittime del fondamentalismo hindu. E infine va notata un�altra grande categoria di vittime, i cristiani martiri dell�amore, della carit�, della giustizia. E questi sono innumerevoli.

Morti in nome della carit�

Ci sono tante suore, alcune italiane, morte in Africa: molte di loro sono diventate protagoniste silenziose dei drammi del continente. Un esempio tra tutti pu� essere quello di Mercede Stefani, suor Irene, una delle prime "martiri" europee in Africa nel secolo XX. Suor Irene era entrata nella congregazione delle Missionarie della Consolata nel 1911 e nel 1914 era partita per il Kenya. Ad Akikuyu annunciava il Vangelo, insegnava, curava i malati, visitava le famiglie e testimoniava l�amore per gli stranieri in luoghi ove la diffidenza era grande. La gente la chiamava affettuosamente Nyaatha (Madre misericordia). Il 31 ottobre 1930 mor� a Gikondi dopo aver contratto la peste da un malato assistito fino all�ultimo.

La sua testimonianza ricorda da vicino quella delle Suore Poverelle dell�Istituto Palazzolo di Bergamo, morte nella primavera del 1995 in Congo, durante l�epidemia del virus Ebola. Suor Vitarosa Zorza, tra le altre, era partita per il Congo nel 1982 e qui si era occupata dell�assistenza ai bambini malnutriti ma, quando seppe che era scoppiata l�epidemia, chiese di poter dare una mano alle consorelle. �Perch� aver paura?�, diceva, �le altre sono l�; perch� non posso andare anch�io? In questo momento hanno bisogno di me�.

Sono uomini e donne, come noi, spesso della nostra stessa generazione, che non hanno cercato la morte o si sono buttati in avventure spericolate, baldanzosi, mettendo a rischio la loro vita in maniera avventata. Hanno invece seguito le vie della carit�, le vie dell�umanit�, le vie dell�amicizia. Hanno fatto il loro lavoro e poi a un certo punto si sono incontrati con la malattia, con l�intimidazione, con lo spettro della morte, con la minaccia, con il rischio. Hanno avuto paura, ma hanno deciso di restare, di continuare ad amare.

Don Pino Puglisi, parroco palermitano, lottava perch� i ragazzi del quartiere Brancaccio, dove si trovava la sua parrocchia, uscissero dalla mentalit� mafiosa, anche attraverso un impegno educativo e religioso. Venne a conoscenza delle minacce contro la sua persona, ma rest�. Quando i mafiosi andarono a ucciderlo dinanzi alla porta di casa, il 15 settembre 1993, secondo la testimonianza di uno degli assassini stessi, Puglisi disse: �Me l�aspettavo�. Anche lui era uno che � rimasto al suo posto.

Ho citato alcuni casi italiani, ma negli Stati Uniti, fin dall�inizio del secolo, ci sono casi di religiosi uccisi per la carit�. Se ne trovano anche in America latina: sono cristiani morti per la giustizia, per la difesa dei bambini, per la lotta contro le mafie. Ricordo, tra i tanti, il cardinale arcivescovo di Guadalajara, in Messico. Spesso proprio le mafie identificano nei religiosi o nei cristiani i loro nemici, perch� con la loro azione, anche se non lottano politicamente contro la mafia, lavorano perch� la cultura, che la mafia crea, non si trasmetta alle giovani generazioni e non si diffonda: cos� diffondono motivi di resistenza morale.

Emblematico � il caso di monsignor Oscar Arnulfo Romero, martirizzato mentre celebrava l�Eucaristia nel 1980. Nella V domenica di Quaresima, un giorno prima di essere assassinato, nella cappella dell�ospedaletto dove viveva, aveva predicato: �Cos� come Cristo fiorir� in una Pasqua di risurrezione imperitura, � necessario anche accompagnarlo in una Quaresima, in una settimana santa che � croce, sacrificio, martirio... La Quaresima � dunque un invito a celebrare la nostra redenzione in questa difficile mescolanza di croce e vittoria�.

Romero era un vero pastore, non una figura politica, come � stato talvolta inopportunamente interpretato: era anche un prete tradizionale, ma un amico dei poveri, che si � trovato in una situazione politica impossibile, in un clima di polarizzazione estrema, e quindi ha cercato di aiutare i pi� deboli, di difendere i suoi preti, di proteggere i pi� indifesi, di salvare vite umane insomma. Ha speso la sua autorit� per questo. Ma, soprattutto, � rimasto fedele alla sua Chiesa, al suo popolo, alla sua gente. Ha avuto paura, ma non ha smesso di parlare ed � morto sull�altare mentre celebrava l�Eucaristia. Una congiura, connessa al potere politico, lo ha eliminato in maniera brutale.

I pastori nel mirino

Bisogna tenere presente che, nel secolo XX, tutti i mondi religiosi sono stati toccati dalla violenza a tutti i livelli. Il caso dell�attentato al Papa � emblematico di questo. Sono colpiti anche cristiani rappresentativi, che l�autorit� della loro funzione sembrava proteggere dalla violenza. I vescovi tornano a morire nel Novecento, come nei primi secoli della storia cristiana. Tra gli ortodossi russi, si calcola che siano stati assassinati circa trecento vescovi. Altri primati di Chiese sono stati colpiti (non solo cattolici), tra cui il patriarca etiope ucciso dal regime di Mengistu, il catholicos armeno ucciso alle Solovki, l�arcivescovo anglicano dell�Uganda assassinato da Idi Amin.

In Africa tanti vescovi sono stati uccisi: dal presule italiano colpito vicino alla sua cattedrale di Mogadiscio, in Somalia, ai vescovi ruandesi, morti nelle guerre etniche, sino al cardinale del Congo Brazzaville, assassinato dopo un colpo di Stato. Con questi vescovi anche tanti semplici cattolici africani hanno conosciuto la morte, come quei giovani seminaristi burundesi, a cui nel 1996 i guerriglieri hutu chiedono di distinguersi tra hutu e tutsi per assassinare questi ultimi; ma rifiutano e conoscono la morte tutti assieme. La storia del cristianesimo in Africa � contrassegnata dalle vicende del martirio, a cominciare dalla storia missionaria sino alle guerre etniche che non si sono concluse, passando per la stagione della decolonizzazione. Ancora oggi i missionari, specie in Africa, non sono protetti dallo statuto di stranieri. Anzi, nella situazione di incertezza di non pochi Paesi africani, i missionari rischiano la loro vita.

I capi delle Chiese tornano a morire. Come gli umili fedeli. Perch�? Questa � una domanda a cui lo storico non si pu� sottrarre, perch� quando si parla di testimonianza cristiana fino all�effusione del sangue, non si pu� guardare solo ai martiri ma bisogna considerare anche coloro che li martirizzano e le loro motivazioni. In questa "coppia" � l�assassino e il martire � si coglie forse il dato ultimo e illuminante per l�interpretazione storica e per la comprensione spirituale del martirio: spesso, in queste vicende si � creato un rapporto per cui il martire � diventato un "non uomo", che pu� essere ucciso. E c�� un motivo. Le circostanze della morte possono essere casuali, il gesto assassino pu� essere indirizzato a caso, non per odio personale, ma c�� spesso una radice comune per tanta violenza contro i cristiani. Non si tratta di un unico disegno distruttivo, ma certo va colta la radice comune: l�eliminazione del cristianesimo come riserva di umanit�, come riserva di fede, come spazio di libert�. Questo avveniva nella Germania nazista, nella Russia sovietica, in Africa e altrove.

Padre Cesare Mencattini (missionario del Pime in Cina), poco prima di essere ucciso, nel 1941, aveva scritto al fratello: �� bello il prete isolato in mezzo a continui pericoli, unico conforto di tanti tribolati, solo e inerme fra tanti armati, amico di tutti fra tanti nemici!�. La presenza pacifica di tanti missionari, operosa e sollecita verso i deboli, in Cina come altrove, diventava facile bersaglio in tempi di violenza e di conflitto. Ma, in un certo senso, si � voluto colpire proprio l��amico di tutti�, colui che viveva senza nemici.

Quando, il 26 settembre 1999, il contingente dell�Onu comincia a schierarsi a Timor Est, per porre fine ai disordini sanguinosi sull�isola, avvenne un nuovo massacro: quello di due missionarie canossiane, suor Erminia Cazzaniga e suor Celeste de Carvalho Pinto, che portavano viveri ai rifugiati nascosti sulle colline. Con loro sono uccisi un sacerdote, due seminaristi, uno studente in teologia e l�autista che collaboravano all�operazione.

Suor Erminia aveva 69 anni e si trovava da 35 a Timor Est. Era stata invitata dai superiori a lasciare la missione allo scoppio dei disordini: �Non vi preoccupate per me�, aveva detto, �io sono vecchia: posso anche morire senza paura�. Cos� aveva scritto nella sua ultima lettera al parroco del paese in provincia di Lecco da cui proveniva: �Siamo in piena guerra. Una guerra subdola che tiene la gente sempre nella paura e nell�insicurezza. � cominciato il vandalismo diffuso, gruppi formati e appoggiati dai militari che infestano e distruggono il Paese, uccidendo, saccheggiando e bruciando... Quante persone sono rimaste senza casa, e quanti bambini senza genitori. La nostra missione oggi � non solo di aiutare, ma come dice san Paolo, di piangere con chi piange, condividere con chi � nel bisogno, e dare tanta speranza e fiducia in Dio Padre che non abbandona i suoi figli... E lei, caro parroco, benedica la sua pecorella in mezzo ai lupi rapaci�.

Padre Giuseppe Girotti, un biblista domenicano italiano, deportato a Dachau � dove sarebbe morto poco dopo � perch� aveva nascosto alcuni ebrei, sottraendoli alla caccia dei nazisti, aveva predicato cos� nel segreto della baracca del campo: �La Chiesa fu, � e sempre sar� l�unico rifugio del senso di umanit�, di amore e di misericordia; rifugio della verit�, dei princ�pi della retta ragione, della civilt� e della cultura...�. Questo rifugio, questa arca di umanit�, di amore e di verit�, � stata tante volte attaccata nel corso del secolo passato, proprio nella vita dei suoi fedeli.

Tra i libanesi cristiani ci sono stati parecchi uccisi, nei lunghi anni della guerra civile, esplicitamente per la loro fede. Qualcuno anche mentre era impegnato in azioni di soccorso, spesso senza guardare alla religione e all�appartenenza di chi veniva aiutato. Nel dicembre 1984, un seminarista, Ghasib� Kayrouz, viene ucciso mentre rientra da un ritiro al suo villaggio di Nabaa, nella piana della Bekaa, dove musulmani e cristiani vivevano insieme. Altri tre amici del seminarista, che avevano partecipato con lui a un ritiro, sono assassinati. Il ragazzo si era sentito minacciato e, non molto prima della sua morte, aveva scritto un testamento che resta illuminante per la testimonianza di amore, anche verso i musulmani: �Ho solo una domanda da farvi: perdonate a quelli che mi hanno ucciso. Fatelo di tutto cuore e domandate con me che il mio sangue, anche se � il sangue di un peccatore, sia di riscatto per il peccato del Libano, un�ostia mischiata al sangue di quelle vittime cadute da tutti i lati e da tutte le religioni, e un prezzo per la pace e l�amore e l�intesa che si sono persi per questa patria e per il mondo intero. Insegnate alla gente l�amore dalla mia morte e Dio vi consoler�, provveder� ai vostri bisogni e vi aiuter� in questa vita. Non abbiate paura... Pregate, pregate, pregate, e amate i vostri nemici�.

Queste parole richiamano la testimonianza dei martiri d�Algeria. La vita dei monaci trappisti del monastero di Notre Dame de l�Atlas era fortemente connessa al dialogo con il mondo musulmano. Si trattava di una comunit� impegnata con grande vigore a tener viva la coabitazione con i musulmani. Il monastero era in una zona infestata dagli scontri. I monaci avevano rifiutato la protezione dell�esercito. Avevano evitato anche di collaborare con gli armati del Gia, anche se fratel Luc, malgrado fosse ottantenne, non esitava a prestare cure mediche a tutti. I monaci si erano interrogati se restare nel monastero in una situazione di pericolo. Fratel Paul Favre Miville, rientrato al monastero poche ore prima dell�ultima "visita" degli armati del Gia, aveva scritto: �Fin dove spingersi, per salvare la propria pelle, senza correre il rischio di perdere la vita. Uno solo conosce il giorno e l�ora della nostra liberazione in Lui�. � la problematica del martirio, che non � rischio avventuroso, ma la scelta faticosa di non lasciare il proprio servizio.

Le "visite" del Gia avevano reso la comunit� consapevole del pericolo, che per� insisteva sulla qualit� di monaci considerati nella tradizione islamica come personalit� religiose inoffensive. Durante la detenzione � appare in controluce dalla documentazione prodotta dal Gia � fr�re Christian non ha cessato di lottare per spiegare la particolarit� della loro posizione con l�emiro del Gia. Nella prospettiva che potesse avvenire qualcosa di tragico, fr�re Christian aveva lasciato un testamento: �Se mi capitasse un giorno (e potrebbe essere anche oggi) di esser vittima del terrorismo che sembra voler coinvolgere ora tutti gli stranieri che vivono in Algeria, mi piacerebbe che la mia comunit�, la mia Chiesa, la mia famiglia si ricordassero che la mia vita era donata a Dio e a quel Paese...�. Le sue ultime parole sono di perdono, come si vede nel testamento di fr�re Christian: �E anche [per] te, amico dell�ultimo minuto, che non sapevi quel che facevi. S�, anche per te voglio prevedere questo "grazie" e questo "addio". E che ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in Paradiso, se piacer� a Dio, nostro Padre comune. Amen! Insciallah�.

I sette monaci di Notre Dame de l�Atlas furono sequestrati il 27 marzo 1996 durante la notte. Il 21 maggio furono ritrovati i loro corpi decapitati.

Andrea Riccardi