MAPUTO - Celeste, quanti anni hai? �Trentadue�. Hai figli? �Non lo so. Ne ho messi al mondo tre, ma non so se qualcuno � ancora vivo. L'ultimo so di sicuro che � morto, perch� � successo qui, pochi mesi fa. Era appena nato. Degli altri due non ho saputo mai niente: li ho lasciati l� fuori, nella discarica dei rifiuti...�.
Celeste sorride, mentre racconta. E' contenta, perch� sono arrivati i visitatori e finalmente pu� parlare con qualcuno. Jos� invece non ha la forza per parlare, anche se vorrebbe farlo. E' alto, magro da far paura, ha solo un filo di voce. �Sono qui da tre mesi - dice -. Mi hanno portato perch� ero in coma. Non ho mai avuto una casa, vivevo per strada. Adesso sto un po' meglio. Ma ho tanti dolori alle gambe... Per� riesco ad alzarmi, vedi?�. Fa solo un passo, poi ricade sul letto. �Sono magro, vedi? ma questo non � il mio corpo: adesso peso 40 chili, sono alto un metro e ottanta. Quando stavo bene ne pesavo 64�. C'� anche un'altra Celeste. Lei � albina, una malattia che qui viene presa per un segno degli d�i cattivi. Il sarcoma di Kaposi la sta devastando, ha croste in tutto il corpo. Ha solo 22 anni, sua figlia non ne ha nemmeno tre. Forse morir� presto. In Europa, magari, avrebbero potuto salvarla, ma dovrebbe fare la chemioterapia.
Che qui non esiste: in tutto il Paese ci sono solo 400 medici per 18 milioni di abitanti, e nessuna attrezzatura sanitaria. Questo � l'Aids in Mozambico. Un male che ha ridotto l'aspettativa di vita da 50 a 39 anni, che ruber� la vita a un terzo dei bambini del Paese, che ne ha gi� uccisi 52 mila. Un milione e duecentomila persone in Mozambico sono sieropositive o con Aids conclamato, 630 mila sono donne. Il 13,2 per cento della popolazione � stato infettato, e il contagio ha creato finora 310 mila orfani. Cifre allineate con il tragico primato dell'Africa sub-sahariana: sui 3,5 milioni di morti stimati per il 2003, 2,4 milioni vengono proprio dal cuore dell'Africa. E dei 46 milioni di infetti, pi� di 28 milioni vengono ancora di qui.
Come Celeste, Jos�, Orlando, gli ospiti della �Casa de alegria�, un insieme di case basse nascoste nel verde. Le suore di madre Teresa di Calcutta l'hanno costruita qui perch� fuori dai cancelli c'� un'enorme discarica, dove le donne abbandonano i loro figli. Perch� non hanno niente da dar loro da mangiare, perch� sono troppo deboli per accudirli.
Ne hanno raccolti 150 finora, met� dei quali sono sieropositivi. Sono piccoli, alcuni di pochi mesi. Vivono tutti insieme, malati e no. Hanno da mangiare, sono puliti, ma nessuno ha tempo per accarezzarli. Cos�, quando arriviamo, corrono tutti incontro tendendo le braccia e sorridendo. Vogliono essere presi in braccio. Ne prendi uno, e lui si accoccola sulla tua spalla e si strofina, come un gattino felice. Poi un altro, e un altro ancora, in un gioco che sembra non dover finire mai. Poi ti offrono un pezzo del biscotto che stanno sgranocchiando, in segno di gratitudine. Una bambina invece non sorride. Mi guarda con due immensi occhi neri, si avvicina e si stringe forte alle mie gambe. Ha un braccio pi� corto, forse � poliomielite, un cerotto dice che la stanno curando. Lei � sieropositiva. Cammino e lei cammina stretta a me. La fotografo, le chiedo un sorriso, ma non lo fa. Solo mi guarda, seria seria. Nelle culle ci sono i neonati. Accarezzo il pancino di uno, e lui mi sorride felice. Poi se ne torna serio ai suoi pensieri.
Ma per avere un'idea ancora pi� precisa di �quanto� possa uccidere l'Aids, basta andare una mattina al grande cimitero di Maputo, affollato come un mercato: centinaia e centinaia di persone che accompagnano bare posate su carretti verso le tombe. Poi stanno l� sotto il sole, riparandosi con grandi ombrelli colorati, a sentire un prete che offre inutili parole di consolazione. Molte delle bare sono piccole e bianche, bare di bambini. E' tutto verde, il cimitero, un luogo di pace. Il primo, per molti di quelli che riposano qui.
Eppure una speranza c'�. Esile, fragile, incerta. Per� c'� gente come Isaia, a Maputo, che dimostra come si possa sopravvivere anche all'Aids. Isaia ha 45 anni, ha fatto il programmatore di computer, l'autista, il minatore in Sudafrica. Due anni fa pesava 25 chili. La malattia se lo stava divorando. �Adesso sono arrivato a 67 - dice sorridendo, - ma spero di metterne su ancora qualcuno. Anche se qui mi dicono che sono troppo grasso...�. Isaia ora fa il volontario per la Comunit� di Sant'Egidio, il �propagandista� della cura: a lui tocca bussare alle porte di quelli che si sono arresi, che non ce la fanno pi� e vorrebbero lasciarsi andare. Deve convincerli, raccontando la sua storia, che invece � possibile venirne fuori. Andiamo assieme da Zumbeira, una di quelle che hanno abbandonato la cura. Vive in campagna, fra alberi di limone e rottami di auto. Suo marito fa il tassista, � malato ma non vuole nemmeno fare il test. Ho solo la malaria, dice sprezzante. Zumbeira � uno scheletro fatto solo di occhi, sta gi� meglio dopo tre mesi di terapia, ma � stanca, non ce la fa pi�. Isaia si siede a terra con lei e le parla a lungo. Alla fine se ne va lasciandole in mano il sacchetto delle medicine. Zumbeira tenta di sorridere. Ha promesso che continuer�.
Giuliano Gallo
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