Il 26 ottobre del 1986 Giovanni Paolo II radun� ad Assisi tutti i capi religiosi del mondo per pregare per la pace. A quei tempi il mondo era ancora saldamente diviso in due blocchi, con la guerra fredda che lasciava pendere sul pianeta la minaccia nucleare. Vennero tutti, e fu uno spettacolo davvero indimenticabile. Quel giorno apparve chiaro non solo che non doveva esserci uno scontro tra civilt� e tra religioni diverse, ma che le religioni dovevano pregare e operare per la pace. Tra l�altro, accadde un fatto singolarissimo: ci fu la sospensione, almeno per quel giorno, di ogni azione militare in tutto il pianeta. E� bene ricordarlo. E chi ha avuto l�opportunit� di partecipare a quell�incontro non pu� dimenticare l�intensit� dell�emozione spirituale nel vedere la concordia nella preghiera di tanti rappresentanti di religioni e di fedi diverse raccolti insieme per invocare la pace.
Assisi divenne capitale della pace, e san Francesco esempio del credente. Nel discorso conclusivo sulla piazza di San Francesco, Giovanni Paolo II disse: �Forse mai come ora nella storia dell�umanit� � divenuto a tutti evidente il legame intrinseco tra un atteggiamento autenticamente religioso e il grande bene della pace... la preghiera � gi� in se stessa azione, ma ci� non ci esime dalle azioni al servizio della pace�. E proseguiva: �Insieme abbiamo riempito i nostri sguardi di visioni di pace: esse sprigionano energie per un nuovo linguaggio di pace, per nuovi gesti di pace, gesti che spezzeranno le catene fatali delle divisioni ereditate dalla storia o generate dalle moderne ideologie. La pace attende i suoi artefici...�.
Dal colle di Assisi, in un mondo bloccato nella guerra fredda, il Papa lanciava un sogno, un sogno di pace, e chiedeva a tutti di raccoglierlo.
Lo chiam� �Spirito di Assisi� e parl� della necessit� di custodirlo e farlo crescere. Passarono appena tre anni, e cadde il muro di Berlino. Il mondo era cambiato. Qualcuno parl� anche di �fine della storia�. Sono passati, da allora, non molti anni e il mondo sembra essersi come capovolto una seconda volta.
All�euforia - quella vissuta dopo la caduta del muro di Berlino - � subentrata la tragedia del terrorismo e del possibile conflitto di civilt�. Non mi fermo a descrivere i sentimenti di fragilit� e di paura che traversano i popoli della terra e neppure ad analizzare la complessit� delle situazioni nelle quali siamo avvolti. Certamente � necessario non cadere in facili semplificazioni. E, in ogni caso, non rischiare di dare ragione ai terroristi dividendo il mondo in due, in buoni e cattivi, in Occidente e Oriente, in cristianesimo e Islam, l�un contro l�altro armati.
A mio avviso �, invece, ancor pi� necessario rafforzare quello che il Papa ha chiamato lo �Spirito di Assisi�, ossia l�incontro e il dialogo tra fedi e religioni diverse. E, in particolare oggi, tra cristiani e musulmani. Sono un dialogo e un incontro difficili. Lo sa bene chi li pratica e li promuove con tenacia e perseveranza. Un amico vescovo, Pietro Rossano, uomo dedito all�incontro tra le fedi, amava ripetere che per condurre avanti l�indispensabile dialogo interreligioso ci vuole una pazienza geologica. In effetti, ci sono retaggi storici e problematiche attuali, ci sono differenze di interpretazione e diversi rapporti con la modernit�, e cos� oltre, che rendono arduo portare avanti il dialogo. Ma � indispensabile continuare a percorrere questa via, senza lasciarsi sorprendere dalla trappola della contrapposizione. Questo, ovviamente, non comporta n� cedimenti n� facili compromessi.
E� un abito mentale da avere.
L�esperienza della Comunit� di Sant�Egidio, che ha riproposto di anno in anno la preghiera di Assisi nelle diverse citt� europee, mostra la fecondit� di questi incontri. Non si tratta di simulare un facile irenismo e tanto meno di trovare un minimo comune denominatore religioso. Il dialogo vero e sincero non appiattisce. E�, invece, l�arte paziente di ascoltarsi, di capirsi, di riconoscere il profilo umano e spirituale dell�altro. Il dialogo � un�arte della maturit� delle culture, delle personalit�, dei gruppi.
Vincenzo Paglia
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