Comunità di S.Egidio


 

29/05/2004


Liberia, a Roma per promettere il rispetto dei patti
Presso la Comunit� cattolica di S. Egidio tutte le fazioni hanno firmato una dichiarazione

 

Lontano da casa tutto sembra pi� tranquillo, il giardino della Comunit� di Sant'Egidio predispone a ridimensionare i problemi, si pu� anche scherzare tra vecchi nemici, la Liberia � davvero molto distante, la stampa occidentale molto distratta sull'Africa e fare la pace sembra dunque pi� facile. Decisamente pi� arduo sar� rispettarla.

Da parte sua, comunque, il movimento cattolico di Trastevere ci ha riprovato, riuscendo a portare a Roma il presidente del parlamento, George Dweh, e i rappresentanti dei tre partiti che fanno parte del governo di transizione, incluse le diverse anime del Lurd, quella militare e quella politica. Insieme hanno sottoscritto davanti ai giornalisti una "dichiarazione di Sant'Egidio" in cui �affermano e riaffermano� la ferma intenzione di applicare gli accordi di pace pattuiti ad Accra il 18 agosto dello scorso anno. Nulla di nuovo con un pizzico di immagine, se non costituisse novit� il solo fatto di ribadire gli impegni in una situazione ancora instabile e a rischio di guerra.

Proprio nella sede romana della Comunit�, gli esponenti del Lurd - Liberiani uniti per la riconciliazione e la democrazia - annunciarono la tregua. Esiliato il presidente Taylor, in Liberia si arriv� all'accordo generale di pace tra le fazioni belligeranti, che comprendono gli ex governativi e l'altra forza di opposizione, il Model, movimento della democrazia. Governo di transizione, cinque ministri per componente, disarmo della popolazione entro sei mesi, soldi agli ex combattenti, truppe Onu e Ecowas (il braccio militare dell'Organizzazione africana) dispiegate in tutto il Paese, sono i punti principali dell'accordo.

Ma qualcosa non sta andando per il verso giusto. Contraddizioni si sono aperte all'interno delle singole formazioni, in particolare il Lurd, alle prese da un lato con l'impellente disarmo e dall'altro con le divergenze sulla scelta degli uomini di governo.

Fabio Riccardi e gli altri "santegidini", sempre tentati dalle diplomazie pi� ardite, prestano per� molta attenzione ad evitare il sospetto di voler scavalcare i mediatori internazionali. A Monrovia non risiede neppure il nunzio del Papa (che ha sede a Conakry in Guinea) e "lavorare in proprio" in giro per il mondo ha creato talvolta qualche diffidenza. Ma l'intero documento siglato ieri rimanda scrupolosamente al Trattato e al ruolo del'Onu e dell'Ecowas.

�E' un impegno rinnovato a realizzare gli accordi di pace�, commenta Fabio Riccardi, incassando l'invito dei liberiani a �rendersi disponibili come in passato per aiutare la risoluzione delle questioni irrisolte�. Ma quali sono queste difficolt�? Lo chiediamo a due protagonisti, di sponda opposta, e le risposte non si assomigliano molto.

Il "taylorista" Peter Coleman, ministro della sanit�, tende a minimizzare: �Non ci sono tantissime difficolt� perch� l'accordo di pace ha previsto il disarmo e adesso lo stiamo realizzando; le truppe Onu si trovano ormai in tutto il Paese, resta qualche problemino di incarichi politici che, secondo me, si pu� superare. L'accordo � chiaro, ci sono stati errori nell'attribuzione dei posti ma si pu� rimediare grazie alla cornice di riferimento che abbiamo stabilito�.

E quanto tempo ci vorr� per disarmare i belligeranti? �Il disarmo - sostiene Coleman - deve essere completato in sei mesi. Con la velocit� attuale, in sei-sette settimane avremo disarmato gi� un terzo della popolazione armata. Le fazioni che hanno condotto la guerra vanno d'accordo tra loro - questo � importante -, ci sono invece problemi tra gli ex belligeranti e i politici. Questi ultimi cercano di guadagnare potere�.

Il leader politico del Lurd, Sekou Damate Conneh, la vede diversamente. �Prima di tutto ci sono problemi economici - afferma -. Bisogna disarmare i combattenti, ci� richiede molto lavoro e lo facciamo con grande fatica. Il disarmo � lento ma vogliamo dimostrare alla comunit� internazionale che va avanti. Il problema � che dobbiamo indennizzare i combattenti e i soldi non ci sono. Stiamo adoperandoci per risolvere la questione e comunque noi leader abbiamo ordinato di lasciare le armi perch� la guerra � finita�.

Fulvio Fania