Il 5 gennaio 1964, quarant'anni fa, la vicenda dei cristiani �separati� imboccava una nuova via con l'incontro tra il patriarca ortodosso Atenagora e Paolo VI. I due uomini rappresentavano universi cristiani divisi e scomunicatisi da pi� di novecento anni, cio� dal 1054. Nove lunghi secoli di distanza, polemiche ed esperienze storiche differenti avevano allontanato gli uni dagli altri. Paolo VI, consapevole del persistente valore del primato in funzione dell'unit� della Chiesa, era un vero occidentale con la tempra di grande credente, di intellettuale trepidante e di abile uomo di governo: partecipava alla cultura cattolica sensibile alla tradizione e alle ragioni del rinnovamento. Atenagora era l'uomo dell'Oriente: d'origine balcanica, nato nell'impero ottomano, fiero avversario dei nazionalismi, credeva nella ricomposizione dell'unit� delle Chiese e nell'affratellamento dei popoli. La sua solenne figura era interiormente nutrita della liturgia bizantina e della spiritualit� dei Padri, mentre si esprimeva con l'umanit� semplice e accogliente dei mediterranei.
L'abbraccio tra il fragile papa e il grande patriarca, vestito con l'abito nero dei monaci ortodossi, � l'icona di una stagione tutta nuova: un evento che funge da "madre" dell'ecumenismo contemporaneo. Chi conosce la glaciazione odiosa dei rapporti tra cattolici e ortodossi per nove secoli si rende conto dello spessore epocale di quell'incontro. I due protagonisti mostrarono loro per primi stupore e commozione nel trovarsi di fronte ad una svolta realmente storica.
Oggi, quarant'anni dopo, si parla delle difficolt� dell'ecumenismo. Ma forse bisogna ricordare l'immenso cammino che � stato nel frattempo compiuto. Cattolici ed ortodossi non sono pi� estranei. Basterebbe pensare alla diffusione dell'icona nel nostro mondo.
E si dovr� utilmente tornare sp esso a quell'incontro e allo spirito che ne scatur�. I gesti hanno non solo un aspetto romantico, ma soprattutto un valore simbolico e teologico. Il papa e il patriarca, la mano nella mano, mostrano l'unit� riscoperta: �la mano nella mano per sempre�, dice Atenagora. E Paolo VI gli porta in dono un calice, come indicazione del cammino da percorrere verso l'unit� nell'Eucarestia: �Possa quest'incontro - commenta il patriarca - essere l'alba di un giorno luminoso e benedetto, in cui le generazioni future, comunicando allo stesso calice...�. Nel secondo incontro, il 6 gennaio 1964, il papa e il patriarca leggono insieme il capitolo 17 del Vangelo di Giovanni: �che siano una cosa sola�. Recitano insieme il Padre Nostro. Dall'ormai lontano 1964 emerge una via maestra anche per il presente. Andare a Gerusalemme, nell'intenzione dei protagonisti, significava il ritorno, con maggiore profondit�, alla tradizione degli apostoli e a Ges� come via dell'unit�. Ma pesa l'eredit� di nove secoli di divisione (creatrice di visioni diverse); ci sono le difficolt� del presente. La via, indicata quarant'anni prima, � il dialogo dell'amore, che non solo � buona disposizione di sentimenti, ma una maniera diversa di vedersi e di guardare al futuro: �Il dialogo dell'amore � gi� teologico... - disse Atenagora -. L'orgoglio ci ha separato, l'amore ci unir�. �Io non vi nasconder� mai la verit�, promise Paolo VI nel colloquio privato. E di ritorno a Roma: �Dobbiamo, dobbiamo intenderci, dobbiamo fare la pace, far vedere al mondo che siamo fratelli�. Il patriarca rispose a chi gli chiedeva notizie sui passi futuri: �Se sapremo restare grandi, l'unit� si far�. � una chiave spirituale decisiva. Montini, mai facile agli entusiasmi, oggi direbbe �av anti�, ripetendo il suo motto: �In nomine Domini�.
Andrea Riccardi
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