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il Cittadino |
07/06/2004 |
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�Mi � sempre rimasto impresso il fatto che la firma degli accordi di pace per il Mozambico fosse coincisa per uno strano caso con la festa di San Francesco d�Assisi�. Cos�, poco prima di entrare in Basilica a Lodi Vecchio, Andrea Riccardi ricorda l�azione diplomatica compiuta nelle trattative per la pace in Mozambico. �A tornare indietro con la memoria a quei negoziati, - spiega - si nota la lunghezza delle trattative. Ci furono circa due anni e mezzo di conversazioni, talvolta difficili� a Roma presso la Comunit� di Sant�Egidio nel cuore di Trastevere. �Trattare fu un lungo e estenuante cammino - aggiunge Riccardi - per cui un sogno di pace diveniva, un poco alla volta, una realt�. Infatti la pace, valore indiscusso, ha bisogno di un grande lavoro di costruzione. Non basta proclamarla, ma occorre fare i conti con i problemi militari, politici e anche di mentalit� che la rendono possibile�. Lungo i negoziati l�impostazione solo militare dei guerriglieri si � trasformata in una visione politica. E d�altra parte i governativi dovevano evolvere dalla pratica marxista del partito unico verso il pluralismo. Il cambiamento di mentalit� fu una delle fatiche pi� grosse. Per anni la pace aveva significato per gli uni l�eliminazione degli altri e viceversa. La sfida era passare dal conflitto militare al conflitto politico nel quadro di istituzioni democratiche, tutte da progettare e costruire. Il grido di pace dei mozambicani, vessati sino all�inverosimile da una una lunga guerra andava raccolto. Ma doveva diventare una costruzione realistica, che avrebbe impedito ai guerriglieri di riprendere le armi e spinto il governo a condividere il potere. Il sigillo della fiducia fu la costituzione di forze armate unitarie tra governo e guerriglia dopo la firma. Questo non fu fatto in Angola, in quegli stessi anni, e la guerra riprese come prima dopo la sconfitta elettorale della guerriglia. In Mozambico il leader guerrigliero, Dlhakama, mantenne, nonostante la sconfitta alle prime elezioni libere, la sua promessa: non avrebbe pi� ripreso le armi. �Oggi non si tratta di rievocare solo un fatto di quasi dodici anni fa, - sottolinea Riccardi - quanto di riflettere come la pace richieda grande speranza, e insieme realismo e tenacia�
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