Comunità di S.Egidio


 

18/07/2004

LENTA RIPRESA
Dopo 14 anni di guerra civile il Paese si � incamminato sulla strada della pace Le zone lontane dai grandi centri sono per� ancora �terra di nessuno�

La Liberia esce dalle tenebre Ma il conflitto l�ha piegata

 

A Monrovia si ricomincia a parlare di pace. Lo scenario, tutto nuovo, che lentamente si profila ribalta ci� che negli ultimi 14 anni � stata - per il mondo occidentale - la Liberia: guerra civile, bambini-soldato, violenti e sanguinosi scontri etnici. � ancora fresca d'inchiostro la svolta che ha portato alla firma, a Roma, dell'accordo sottoscritto dai leader delle tre fazioni in lotta, ma il cammino che ha portato a mettere da parte le armi per riunirsi al tavolo delle trattative � partito da molto lontano. E, ci� che pi� conta, va ora nella direzione opposta al lungo periodo segnato da devastazioni e terrore conclusesi con la fuga, nell'agosto scorso, del presidente Charles Taylor. L'aeroporto di Robertsville non ha mai smesso di funzionare neanche durante i momenti pi� tragici della guerra civile, ma il cantiere del nuovo aeroporto, iniziato negli anni '80 e rimasto inoperoso per quindici anni, ricorda a chi giunge in Liberia che gli ultimi tre lustri della storia del Paese sono stati un grande buco nero. Allo stesso modo in citt� si notano numerosi i cantieri dei nuovi edifici dei ministeri rimasti immutati dal 1989. A Monrovia, oggi, non manca quasi pi� nulla. Ci sono telefonini di ultima generazione ed automobili lussuose; nelle case di chi se lo pu� permettere l'elettricit� c'� 24 ore al giorno. Ma alzando un po' gli occhi nelle vie centrali ci si imbatte in un'inestricabile ragnatela di fili elettrici di cui dapprincipio non si comprende il motivo. Poi ti spiegano che non esiste pi�, �da almeno 15 anni�, una rete elettrica pubblica e che la gente si arrangia con i generatori e vende un po' di elettricit� ai vicini che si allacciano con qualche filo volante. Per uscire dal centro della citt� bisogna attraversare il cosiddetto "primo ponte", quello che unisce l'isoletta su cui � situato il centro di Monrovia con la terra ferma. Durante l'assedio alla citt� dell'estate del 2003, i ribelli del Lurd erano arrivati fino ad uno degli estremi di questo ponte e di l � avevano tentato, invano, l'assalto finale alla citt�. Tutto ci� che � intorno all'area dei combattimenti � distrutto. I fori dei proiettili riempiono i muri delle case, i cartelloni pubblicitari per un raggio di alcuni centinaia di metri oggi controllati dalle truppe pachistane della missione Onu. Allontanandosi ancora dalla citt� si giunge ai primi campi di accoglienza dove i rifugiati hanno ricominciato pian piano a ritornare. In molti hanno vissuto per 15 anni in questi luoghi, ma negli ultimi mesi della guerra erano stati costretti dall'avanzata del Lurd a scappare dai campi per rifugiarsi nel centro di Monrovia. Almeno 30mila persone si erano accampate nell'estate scorsa dentro lo stadio locale. Oggi, mentre la situazione migliora, la gente inizia a percorrere all'inverso questa via dolorosa: da Monrovia torna nei campi sperando che presto i caschi blu giungano a liberare le proprie zone di origine. Al di fuori delle citt� pi� grandi, Monrovia, Buchanan, Gbarnga, Harper e poche altre, e delle principali vie di comunicazione, infatti la Liberia � ancora una terra di nessuno dove � pericoloso inoltrarsi e dove a dettare legge sono ancora i due gruppi armati (Lurd e Model). Dopo 14 anni di guerra civile, le notizie che arrivano da Monrovia sono molto diverse da quelle a cui si � abituati. Il disarmo procede, a detta di tutti gli osservatori sul posto, sorprendentemente bene. I soldati delle tre fazioni che si sono combattute fino all'agosto del 2003 hanno iniziato a restituire le armi e, a poco pi� di due settimane dall'inizio del processo di disarmo, si calcolava che gi� in 18mila si erano presentati nei luoghi in cui l'Onu organizza la raccolta. Non c'era davvero nulla che lo facesse prevedere. Quando nel dicembre dello scorso anno la missione delle Nazioni Unite a Monrovia tent� un'analoga iniziativa, il tutto fin� con degli scontri in cui persero la vita almeno nove persone. Le tre "warring factions" avevano protestato perch� la promessa di 300 dollari per ogni fucile restituito non era stata mantenuta e avevano costretto al rinvio sine die del processo di disarmo. Nei mesi successivi Lurd, Model ed ex miliziani di Taylor si sono distinti per la loro litigiosit� ed hanno tentato di rinviare l'inizio del disarmo il pi� in avanti possibile. La lotta armata rimaneva ancora, per i leader delle tre fazioni, una via da percorrere nella misura in cui il processo politico non dovesse portare a raggiungere gli obiettivi prefissati. La maggior parte dei combattenti del Liberian United for Reconciliation and Democracy (Lurd) e del Movement for Democracy in Liberia (Model) non sono che ragazzi costretti a crescere in fretta nella foresta e ad imparare ad usare il fucile meglio che la penna. I bambini-soldato non sono un'invenzione liberiana, ma, senza dubbio, i discendenti degli schiavi americani sbarcati in Africa occidentale hanno saputo utilizzare questi soldati come pochi altri. Le descrizioni che si trovano nei romanzi di Amadou Kouruma colpiscono per la loro durezza e crudelt�, ma, purtroppo, non si discostano affatto dal vero. Ci� che il grande scrittore ivoriano, morto nel dicembre scorso, non ha fatto a tempo a vedere sono le scene di questi giorni e la dichiarazione che i leader delle tre fazioni hanno sottoscritto a Roma il 28 maggio scorso. Essi si impegnano, in una delicata fase del processo di pace, quando si iniziano ad intravedere le prime crepe, a rispettare �lo spirito e la lettera� degli accordi di pace dell'agosto 2003 e ad utilizzare gli strumenti del dialogo per superare ogni eventuale dissidio che si possa creare nei prossimi mesi. La dichiarazione � maturata dopo alcuni giorni di incontro promossi dalla Comunit� di Sant'Egidio che gi� nel 2003 aveva facilitato il raggiungimento dell'accordo finale poi firmato ad Accra. Le scene di questi giorni si accompagnano a quelle delle file di liberiani che a Natale si sono riversati davanti agli uffici della Western Union di Monrovia. Finalmente gli emigrati negli Stati Uniti hanno potuto riprendere ad inviare i soldi ai propri parenti. Anche questo dopo il buio degli ultimi 14 anni � un piccolo segno che il pi� antico Stato indipendente dell'Africa si sta avviando a conoscere tempi migliori.

Vittorio Scelzo