La notizia di un terribile massacro in Burundi giunge nel clima stanco e svogliato di met� agosto. E rischia di imbattersi in un�opinione pubblica che sembra satura di cattive notizie, specie se vengono dall�Africa, madre di tanti e grandi drammi nel nostro tempo. E, a dir la verit�, molti non sono mai riusciti a districarsi neppure tra hutu e tutsi, con la loro lotta infinita. E forse siamo troppo abituati, magari dai film o dalla politica, a una logica bipolare che distingue il buono dal cattivo. Ma in Africa tutto � complesso, troppo complesso per quelle briciole di attenzione che noi vi dedichiamo. La distrazione, quella dei cittadini ma purtroppo anche dei governi, sembra dunque legittima. Del resto - si aggiunge - non ci si pu� sentire responsabili di tutti i massacri e di qualsiasi malgoverno degli africani.
Eppure pi� di centocinquanta morti, in un campo di rifugiati in Burundi, sono l� a dire oggi che non si pu� essere distratti. Ogni giorno, gli emigrati africani scaricati sulle nostre coste (e quelli morti nel Mediterraneo) manifestano la crisi dell�Africa. La nostra disattenzione � non solo immorale, ma anche autolesionista. Perch�, alla fine, la crisi contager� l�Europa, il ricco vicino. Cos�, prima o poi ci si convincer� - magari sotto la pressione di eventi infausti - che l�Africa rientra tra le responsabilit� dei Paesi europei.
La vicenda dei Grandi Laghi � il paradigma del dramma africano. Negli anni Sessanta erano terre promettenti. Il lungo regno di Mobutu � finito con lo sfascio politico e morale del Congo. L�etnicizzazione della politica in Ruanda e Burundi (ma anche in intere regioni congolesi) ha nel frattempo avviato una guerra senza fine. Quest�ultimo assassinio di inermi tutsi � attribuito al Fnl, movimento fondamentalista hutu, che non riconosce il processo politico perseguito da Arusha, e che dovrebbe portare alle elezioni. Infatti alla soluzione politica, l�Fnl contrappone la lotta armata: per loro il combattimento resta tra hutu e t utsi. La mitologia razzista, le ferite e gli odi recenti giustificano ogni violenza. E la gente muore. La vita degli africani sembra contare davvero poco. E� un rosario di dolori: Burundi, Nord Uganda, Costa d�Avorio, Darfur�
Per riconciliare ci vogliono democrazia e politica. Ma ci vuole prima di tutto il senso del valore della vita umana. E� aperto un grande campo: comunicare il valore della vita che � connesso a un rinnovato senso di Dio. Invece, l�Africa delle guerre sta diventando sempre pi� quella delle sette, religione di tanti frammenti che isolano, anche se a prima vista appaiono aderenti al bisogno quotidiano. Forse si deve pensare e perseguire un nuovo progetto sull�Africa (come fecero i grandi padri della missione) e non accontentarsi di gestire il presente. Le energie dei cristiani africani sono tante. Nel 1997, in Burundi, i seminaristi (hutu e tutsi) di Buta furono invitati a dividersi dagli hutu in armi, che volevano uccidere i giovani tutsi. I seminaristi si rifiutarono e furono assassinati assieme. Questa storia burundese resta un�icona della fede e del senso dell�uomo in Africa. E� su questa linea impegnativa che bisogna muoversi con un�audacia all�altezza del dramma: insomma resistere al male e comunicare i fondamenti del bene.
Andrea Riccardi
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