Sono discordanti e complessi i sentimenti con cui la citt� si appresta ad accogliere l'incontro internazionale di Uomini e Religioni. Nell'animo dei milanesi si fronteggiano una collaudata disposizione all'ospitalit� e una diffidenza alimentata da troppi insuccessi che le iniziative di dialogo hanno incontrato negli anni recenti; uno spirito di ricerca da perseguire con caparbiet� e con pragmatismo ambrosiani e la tentazione di lasciare perdere. E' come se due Milano aspettassero i convenuti della pace e per la pace: l'una volta a moltiplicare gli sforzi, che rifiuta la resa alla presunta immodificabilit� della situazione; l'altra propensa a gettare la spugna come gesto non tanto di rinuncia e resa di marca depressiva, ma rivalsa piccata e un po' orgogliosa in particolare verso gli stranieri di fede musulmana, seguendo conclusioni semplificatorie e riduttive del tipo: �Noi li accogliamo, gli diamo un lavoro e "loro" l� ci ammazzano. Ma che cosa vogliono?�. Attraverso contraddizioni e smarrimenti interni, Milano d� voce a un distacco avvertito tra gli �addetti ai lavori� e il sentire della gente comune, siano i primi i governanti, chi regge le cose del mondo ai diversi livelli nazionale e internazionale, sotto il profilo istituzionale e politico, siano anche i responsabili e i militanti degli organismi di carattere vuoi religioso, vuoi culturale che promuovono iniziative di conoscenza, scambio, dialogo, collaborazione quale quella che si sta per svolgere.
Si profila una sfida rilevante per l'appuntamento di Milano: che cosa esso dovr� essere se intende mantenere le promesse speranzose che ne hanno accompagnato la preparazione, se vuole evitare di ridursi ad occasione di appelli fondati e importanti negli intenti ma di scarsa incidenza e traducibilit� sull'esistenza, sulle esigenze degli uomini e delle donne alle prese con un vivere sempre pi� incerto, insicuro, privo di riferimenti sia quanto alle categorie generali di bene e di male, di giusto e ingiusto, di dignit� della persona e della vita e di disprezzo di essa, sia nel procedere affannoso della quotidianit�.
La gente ha bisogno di gesti, di segnali chiari, di simboli che uniscano richiami ideali e realizzazioni a portata di mano e d'esperienza. Le strade praticabili e le ipotesi di cammino sono numerose. Comportano l'attenzione comune, di tutti, ai risvolti delle affermazioni alte, al calare i �grandi discorsi� sui temi civici tipici che coinvolgono cio� famiglia, scuola, luoghi di riunione, la possibile convivenza. E riguardano settori specifici e qualificati. Fermiamoci a questo proposito sul caso emblematico: i cattolici. Visto che essi sono protagonisti nella promozione dell'iniziativa d'incontro internazionale, si annuncia una bella sfida tra Chiesa e citt�, cristianit� e Paese. E' il confronto antico fra il vivere la fede come fatto privato, individuale, di coscienza e le scelte esistenziali, i risvolti sociali, i comportamenti che sarebbero da richiedere a chi dice di richiamarsi al Vangelo quanto a coerenza e trasparenza negli atti, testimonianza nei gesti, solidariet� e prossimit� nelle relazioni. Se dar� risposte puntuali, calate almeno per qualche parte significativa nella vita, l'incontro di Milano potr� aspirare ad essere il seme di un �fatto di popolo�, non solo per uomini e donne senz'altro generosi ma �addetti ai lavori�.
Marco Garzonio
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