Comunità di S.Egidio


 

05/09/2004

IL COMMENTO
UN PATTO TRA I POPOLI PER ABBATTERE BARRIERE E APARTHEID
Mentre scrivo il dramma della scuola di Beslan in Ossezia sta tracciando una pagina dolorosa e pesante della nostra storia. Oggi il mondo sembra capovolto, e quella primavera dei popoli che pensavamo di costruire dopo la caduta del muro di Berlino del 1989 sembra non arrivare mai. Abbiamo superato la guerra fredda, con le paure che la accompagnavano ma quest�inizio sembra delineare un XXI secolo peggiore di quello che l�ha preceduto.

 

Nuove paure s�infiltrano nella nebbia della storia, e non riusciamo a percepire un orizzonte, una luce che dissipi l�inedito ciclo della violenza; paura innanzitutto del terrorismo, sempre pi� spesso di matrice islamica, che pu� colpire ovunque, senza distinzione di luogo, di genere, di et�. Il terrorismo esercita una doppia violenza: l�annientamento fisico e il messaggio simbolico veicolato dalla violenza. Contrariamente a quanto avviene nelle guerre classiche, lo scopo del terrorismo non � tanto la distruzione, quanto l�esibizione della crudelt�.Il dramma � che questo terrorismo vuole appropriarsi di un�identit� che invece � fede e civilt�, quella dell�Islam. E anche se gli intellettuali e gli uomini di fede musulmani cercano di mostrare che l�Islam in s� non ha nulla a che vedere con l�integralismo e i kamikaze, la pressione terroristica va aumentando e sempre pi� si tender� a confondere Islam e terrorismo. Purtroppo nell�opinione pubblica il moltiplicarsi degli atti terroristici rischia di far slittare le colpe individuali in colpe collettive, alimentando ulteriormente il ciclo infernale della violenza: perch� le colpe non rimangono isolate ma si trasmettono, di generazione in generazione e a volte di secolo in secolo. Per noi che proveniamo dalla cultura araba e musulmana, ma viviamo in occidente e ne facciamo parte, � grande il rischio di venire travolti da un�incomprensione che tende a trasformarsi in odio. Ma � proprio questo che i terroristi vogliono ottenere: una frattura insanabile fra occidente e Islam, rovesciando le parti in quello che essi giudicano un rapporto fra dominante e dominati. Molti oggi si chiedono come spezzare questa spirale di violenza. Il Santo Padre, sin dalla preghiera di Assisi dell�ottobre 1986, e in seguito la comunit� di Sant�Egidio e la curia di Milano sulla scia del cardinal Martini, tentano di percorrere insieme ai musulmani e ad altre fedi - attraverso preghiera, conoscenza e dialogo - nuovi sentieri, di trovare nuovi orizzonti in cui la parola pace non sia retorica ma dono, aperto a tutti i popoli della terra. Senza dubbio il dialogo interreligioso, in una societ� che si avvia verso forme transculturali, sar� di estrema importanza per costruire un patto fra popoli e culture, perch� � reale il rischio che nelle nostre citt� si creino nuove frontiere simboliche e nuovi apartheid. Oggi tutte le grandi metropoli d�Europa e d�occidente sono chiamate a questa responsabilit�, una responsabilit� di fronte alla storia e al mondo. E noi, gente dell�Islam, dovremmo meditare il versetto 11 della sura 13 del Corano: "Dio non cambia il vissuto degli uomini finch� essi non cambino per primi".

Khaled Fouad Allam