Nuove paure s�infiltrano nella nebbia della storia, e non riusciamo a percepire un orizzonte, una luce che dissipi l�inedito ciclo della violenza; paura innanzitutto del terrorismo, sempre pi� spesso di matrice islamica, che pu� colpire ovunque, senza distinzione di luogo, di genere, di et�. Il terrorismo esercita una doppia violenza: l�annientamento fisico e il messaggio simbolico veicolato dalla violenza. Contrariamente a quanto avviene nelle guerre classiche, lo scopo del terrorismo non � tanto la distruzione, quanto l�esibizione della crudelt�.Il dramma � che questo terrorismo vuole appropriarsi di un�identit� che invece � fede e civilt�, quella dell�Islam. E anche se gli intellettuali e gli uomini di fede musulmani cercano di mostrare che l�Islam in s� non ha nulla a che vedere con l�integralismo e i kamikaze, la pressione terroristica va aumentando e sempre pi� si tender� a confondere Islam e terrorismo. Purtroppo nell�opinione pubblica il moltiplicarsi degli atti terroristici rischia di far slittare le colpe individuali in colpe collettive, alimentando ulteriormente il ciclo infernale della violenza: perch� le colpe non rimangono isolate ma si trasmettono, di generazione in generazione e a volte di secolo in secolo. Per noi che proveniamo dalla cultura araba e musulmana, ma viviamo in occidente e ne facciamo parte, � grande il rischio di venire travolti da un�incomprensione che tende a trasformarsi in odio. Ma � proprio questo che i terroristi vogliono ottenere: una frattura insanabile fra occidente e Islam, rovesciando le parti in quello che essi giudicano un rapporto fra dominante e dominati. Molti oggi si chiedono come spezzare questa spirale di violenza. Il Santo Padre, sin dalla preghiera di Assisi dell�ottobre 1986, e in seguito la comunit� di Sant�Egidio e la curia di Milano sulla scia del cardinal Martini, tentano di percorrere insieme ai musulmani e ad altre fedi - attraverso preghiera, conoscenza e dialogo - nuovi sentieri, di trovare nuovi orizzonti in cui la parola pace non sia retorica ma dono, aperto a tutti i popoli della terra. Senza dubbio il dialogo interreligioso, in una societ� che si avvia verso forme transculturali, sar� di estrema importanza per costruire un patto fra popoli e culture, perch� � reale il rischio che nelle nostre citt� si creino nuove frontiere simboliche e nuovi apartheid. Oggi tutte le grandi metropoli d�Europa e d�occidente sono chiamate a questa responsabilit�, una responsabilit� di fronte alla storia e al mondo. E noi, gente dell�Islam, dovremmo meditare il versetto 11 della sura 13 del Corano: "Dio non cambia il vissuto degli uomini finch� essi non cambino per primi".
Khaled Fouad Allam
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