La basilica di San Bartolomeo all�Isola Tiberina dal 2002 � dedicata, per desiderio del Papa, alla memoria dei "martiri e testimoni della fede" del Novecento. La pala dell�altare maggiore � un�icona della pittrice Renata Schiachi e del Laboratorio artistico della Comunit� di Sant�Egidio. Raffigura i martiri di ogni latitudine e di ogni Chiesa: da monsignor Romero a padre Puglisi, dal patriarca copto Abuna Petros allo zingaro spagnolo Zeferino, ai martiri dei lager e a quelli dei gulag.
Sugli altari laterali sono esposte le reliquie di alcuni di questi martiri. Nel terzo altare della navata sinistra si pu� leggere una lettera del pastore luterano tedesco Paul Schneider, ucciso nel luglio 1939 nel lager di Buchenwald.
Aveva 42 anni, lasciava moglie, sei figli e due minuscole parrocchie nella campagna renana.
Del regime nazista rigettava gli aspetti politici totalizzanti e le ingerenze negli affari ecclesiastici, ma soprattutto rifiutava l�ideologia anticristiana. Fin dal 1933 incomincia a richiamare i suoi fedeli contro la nuova idolatria. In vari sermoni del 1934 denuncia �i pericoli, insiti nella vita del popolo e nello Stato, che anche nel Terzo Reich minacciano la navicella della Chiesa di Ges��.
Viene arrestato tre volte. La terza, il 31 maggio 1937, su ordine personale di Hitler. Resta nel carcere della Gestapo a Coblenza fino al luglio successivo, quando gli vengono notificati l�espulsione dalla Renania e il divieto di predicare. Non obbedisce, ritorna nella sua comunit� e continua a predicare. Il 3 ottobre � nuovamente arrestato e il 27 novembre � deportato a Buchenwald: prigioniero politico. Nel lager il pastore Schneider continua a predicare.
Nel libro Il predicatore di Buchenwald (Claudiana), la moglie del pastore, Margarete, riporta alcune testimonianze di suoi compagni nel lager.
�K. disse che senza le parole di conforto e l�aiuto pratico di Schneider, lui e alcuni altri non ce l�avrebbero fatta, il lavoro disumano li avrebbe stroncati�. Un altro sopravvissuto confid� che un giorno, durante l�appello, prese la decisione di lanciarsi contro il filo spinato elettrificato e farla finita. In quel momento si ud� una voce provenire da una cella del bunker: �Ges� dice: "Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminer� nelle tenebre"�. Era la voce del pastore Schneider. Il sopravvissuto ha dichiarato: �Con quel grido mi ha salvato. Perch� da quel momento io ho saputo: c�� Qualcuno al mio fianco�.
A. Leikeman, di Waiblingen, scrive: �Schneider non si � mai smentito, non � mai venuto meno al proprio ministero di pastore nei confronti degli altri prigionieri; cercava di conquistarli al Cristo con parole di cristiano conforto, esortazioni, preghiere, e con la fattiva condivisione della fatica dei suoi compagni di prigionia�.
Dall�aprile 1938 alla morte, Schneider passa gran parte della prigionia nel bunker, ossia nelle celle di isolamento, dove viene ripetutamente bastonato, legato e appeso al montante della porta, senza cibo e al buio per giorni.
In una lettera del 1948 a Margarete Schneider, Karl Trzmiel scrive d�aver conosciuto il pastore nel bunker, perch� stava in una cella accanto alla sua. �Tutte le mattine teneva per noi prigionieri una preghiera mattutina, e a causa di quella ogni volta veniva bastonato o torturato�.
Nella stessa lettera si informa la vedova di Schneider che quando ci fu la "Notte dei cristalli" (tra il 9 e il 10 novembre 1938), �un prigioniero ebreo fu torturato sinch� divenne pazzo, poi fu rinchiuso nella cella del prigioniero Willi Mohr. Siccome Mohr rifiut� di starci insieme, il pazzo fu messo nella cella di suo marito. Suo marito fu sordo a tutte le nostre suppliche. Quando gli dicevamo che doveva farsi togliere dalla cella quel folle, suo marito ci diceva: "Ama il prossimo tuo come te stesso, sii caritatevole e buono"�.
Nel libro Christus in KZ (Cristo nel campo di concentramento), pubblicato dal prete cattolico austriaco Leonhard Steinwender nel 1946, di Schneider si racconta: �Nei giorni di festa, nel silenzio della conta, tutt�a un tratto, proveniente dalle tetre inferriate del bunker, risuonava la voce potente del pastore Schneider. Teneva la sua predica come un profeta, o meglio: cercava di cominciarla. La domenica di Pasqua, per esempio, improvvisamente udimmo le potenti parole: "Cos� dice il Signore: Io sono la risurrezione e la vita...". Non pot� mai pronunciare pi� che poche frasi. Poi sentivamo abbattersi su di lui i colpi di bastone delle guardie�.
Un altro compagno di prigionia, Theodor Koester, cos� parla del pastore Schneider: �Noi prigionieri, 20.000 prigionieri, ebrei e cristiani, prigionieri di tutti i partiti, di tutte le classi sociali, tutti sentivamo soltanto questo: quello era un uomo, un uomo tutto d�un pezzo, uno convinto della sua fede, un uomo di Dio. Anche quelli che si facevano beffe di Dio e della Chiesa lo dicevano: quello era un uomo, un martire della fede. Con le sue parole e la sua morte ridiede a noi, i pi� poveri dei poveri, la speranza, e infuse luce nelle tenebre delle nostre anime�.
Seriamente malato per le torture e gli stenti, il pastore confida a un altro prigioniero, Peter Probst: �Non c�� pi� un posto, in tutto il mio corpo, che non sia stato battuto fino a farlo diventare nero. Mi hanno fatto delle iniezioni; da quando mi hanno fatto la seconda, ho il cuore terribilmente agitato.
Non vivr� pi� a lungo. Prima che ci lasciamo voglio benedirti, e pregher� per te, perch� tu possa percorrere la via giusta�.
Il medico gli aveva fatto un�overdose di strofantina. Paul Schneider mor� qualche giorno dopo, il 18 luglio 1939.
Renzo Giacomelli
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