Comunità di S.Egidio


 

25/11/2004


L'universale linguaggio del dolore nella tragedia di una madre uzbeka
Il figlio di Tamara Chikunova, fondatrice del movimento Madri contro la Pena di Morte, ha subito la pena capitale per presunta attivit� terroristica

 

Tamara Chikunova, nota fondatrice del movimento Madri contro la Pena di Morte, � approdata nell' aula magna della Facolt� di Economia dell'Universit� del Piemonte Orientale di via Perrone mercoled� scorso, in un'aula gremita di studenti. Ad attorniare Tamara sulla lunga "cattedra" del palco, i numerosi ospiti di questo incontro-evento organizzato da Amnesty International e Comunit� di S.Egidio, con il patrocinio della Provincia di Novara e il supporto dell' Associazione Studenti Universitari. Ai discorsi di benvenuto del professor Francesco Adamo, decano dell'Universit�, del prorettore dell'Universit� del Piemonte Orientale Cesare Emanuel e dell'assessore provinciale all'Istruzione Paola Turchelli, sono seguiti gli interventi di Daniela Sironi e Marcello Mora, rispettivamente rappresentanti delle associazioni umanitarie Comunit� di S.Egidio e Amnesty International. Tamara ha poi raccontato, con il supporto di un traduttore, la sua tragica vicenda. �Sono madre di un ragazzo che cinque anni fa � stato ucciso per mano dello Stato uzbeko - ha detto - E' stato accusato di omicidi che non ha mai commesso, ma durante il processo la sua innocenza non � mai stata presa neanche in considerazione perch� gli avvocati difensori erano quelli forniti dallo Stato e anch'essi partivano dal presupposto che fosse colpevole. Ho fatto tante denunce perch� avevo le prove delle torture che gli erano state inferte durante la sua prigionia: gli mandavo spesso dei vestiti di ricambio e mi tornavano i suoi vecchi panni imbrattati. di sangue. In cinque mesi di detenzione non ho mai potuto vederlo, a meno che non confermassi i loro sospetti di colpevolezza, ma io non volevo e non potevo calunniare il mio bambino. La polizia minacci� pure di arrestarmi e piomb� di notte in casa mia per intimidirmi.

Dicevano che se non avessi chiuso la bocca, le cose, per mio figlio, sarebbero potute peggiorare. E io rispondevo: "Ma come pu� essere peggio di cos�" ...� Le parole le si. smorzano in gola ed escono spezzate, rotte dal dolore che i ricordi fanno affiorare nella loro spietata crudelt�. Tamara rigira nervosamente tra le mani un fazzoletto che la aiuter� a tamponare un pianto leggero che non riesce a trattenere. In quattro anni d'incontri, non si � mai abituata a raccontare questa storia. �Solo al processo lo incontrai - ha continuato - e forse sarebbe stato meglio che non lo avessi visto: lui era molto bello, alto e slanciato e con gli occhi che brillavano, ma in quell'aula era praticamente un cadavere: portava addosso i segni brutali delle torture che gli erano state inflitte. Mi vide e disse: ''Mamma, ma allora sei viva!" perch� gli avevano mentito dicendo che ero morta. Era stato allora che aveva firmato l'autoconfessione, convinto che io, tutto ci� che aveva, non ci fossi pi�. E quando mi vide, tent� di strapparsi le vene dei polsi con i denti.. .�Tamara ha parlato della sua ultima lettera: �Scriveva: "Ti voglio bene, mamma. Abbi cura di te. Questi poliziotti sono capaci di tutto. Preferisco morire, ma non voglio farti accadere nulla perch� sei tutto ci� che ho. Ricordati di me"�. Firmato, Dimitri. Ventinove anni. Nell' aula a questo punto � calato un silenzio teso e commosso. �Non potei neanche aiutarlo ad uscire su cauzione, perch� ammontava a 60.000 dollari. E io ne ricevo, come stipendio, 5 al mese.. .Ma mio figlio non � il solo, � uno dei tanti ragazzi condannati ingiustamente - ha proseguito Tamara - accusati di aver partecipato ad attentati terroristici di matrice islamica che da qualche anno a questa parte stanno sconvolgendo il nostro Paese. Tuttora non so dove mio figlio � sepolto e non posso dargli l'estremo saluto. Arrivarono addirittura ad accusarmi di fiancheggiamento, ma io sono cattolica e soprattutto non sono un'assassina.� Ha aggiunto che dopo la scomparsa di suo figlio avrebbe voluto morire anche lei, ma poi ha trovato la forza di andare avanti per proteggere le vite di tutti i ragazzi che sono nel braccio della morte, che considera tutti come suoi figli. Ha dunque fondato il movimento Madri contro la Pena di Morte con il supporto di Amnesty e Comunit� di S.Egidio, iniziativa che le � valso il Premio Disarmo per la Pace-Colombe d'Oro, riuscendo a salvare diciassette innocenti e girando il mondo per parlare ai ragazzi, perch� �i giovani come voi sono la speranza del futuro�. Seduta accanto a lei c'era Dilobar Khudoberganova, uzbeka di 24 anni. Anche lei ha attraversato l'inferno perch�.suo fratello, di religione musulmana, � stato condannato alla fucilazione con l'accusa di terrorismo. Da due anni � detenuto. <

E' stato Paolo Burlone, rappresentante degli studenti, a chiudere il dibattito. Emozionato e commosso, ha detto: �Tamara e Dilobar oggi hanno parlato una lingua universale: quella del dolore. Sono contento che siano venute qui da noi, in Universit�, perch� dobbiamo formarci come esseri umani, prima ancora che come futuri lavoratori�.

A scuola lo testimonianza di una madre coraggio

Marted� 16 novembre gli studenti delle classi V dell'Iti Leonardo da Vinci hanno assistito presso l'Auditorium di via Moro alla conferenza "Premio Colomba per la pace 2004: la testimonianza di Tamara Chikunova, una madre contro la pena di morte".La signora Chikunova il I� luglio di quest' anno ha ricevuto in Campidoglio il prestigioso premio dopo essere stata scelta da un comitato presieduto da Rita Levi Montalcini per il suo impegno civile contro ogni forma di sopruso e degrado della dignit� umana ed � la fondatrice dell' associazione ubzeka "Madri contro la pena di morte e la tortura". La conferenza, organizzata dalla scuola nell' ambito del "Percorso alla legalit�" inaugurato quattro anni fa, � stata realizzata in collaborazione con la Comunit� di Sant'Egidio. Con la sua testimonianza la signora Chikunova ha spiegato ai ragazzi di avere fondato l'associazione "Madri contro la pena di morte e la tortura" dopo che suo figlio Dimitrij, condannato a morte nel 1999, nel 2000, a soli 29 anni, venne giustiziato senza che nemmeno le fosse data la possibilit� di salutarlo un'ultima volta.

Tamara Chikunova ha descritto l'Uzbekistan come uno stato repressivo ed ha ripercorso nel dettaglio il periodo in cui il figlio rimase in carcere, un carcere duro in cui sub� torture fisiche e psicologiche perch� firmasse una dichiarazione di colpevolezza.

Ha sostenuto che spesso anche i familiari dei condannati vengono sottoposti a maltrattamenti, che gli incontri con i detenuti sono difficili e che il corpo di chi viene giustiziato non � restituito alla famiglia: la data dell' esecuzione e il luogo di sepoltura sarebbero segreto di Stato. Infine si � soffermata sul processo che determin� la condanna a morte di Dimitrij, che non ritiene essere stato corretto, ed ha concluso l'intervento ricordando che l'associazione da lei fondata fino ad >oggi ha salvato 15 giovani dalla pena capitale: �Considero tutti i condannati come miei figli e questo mi aiuta a vivere, sapendo che mio figlio � morto per salvare me�.

Si � poi ascoltata la testimonianza di Dilobar Khudoberganova, il cui fratello � nel braccio della morte, che ha invitato tutti i presenti a firmare l'appello per l'abolizione della pena capitale in Uzbekistan. Il dirigente dell' Iti, Maria Grazia Andreetta, ha consegnato a nome dell' istituto una targa ricordo ed una somma destinata a finanziare l'iniziativa.