Comunità di S.Egidio


 

03/04/2005

La domenica successiva alla sua elezione, al santuario mariano della Mentorella, dov�era stato prima del Conclave
La corsa per vederlo, in cima ai monti Prenestini

 

Anche se ero giovane ho provato grande devozione e profonda sintonia con l�intelligenza spirituale e raffinata d� Paolo VI. Ma non l�ho mai incontrato. L�ho visto da vicino - camminava ormai impercettibilmente � alla messa per San Pietro e Paolo nella Basilica fuori le Mura nemmeno due mesi prima di morire. Non si incontrava senza preavviso e con facilit� il papa. Poi molto � cambiato.

Il mio primo incontro con Giovanni Paolo II, a dire il vero, � stato un non incontro. La domenica successiva all�elezione andava alla Mentorelia, santuario mariano sui Monti Prenestini che io scoprivo come molti romani, ma che il cardinale Wojtyla conosceva bene. Aveva pregato li, prima di entrare in Conclave (e di essersi fermato alla trattoria a valle, 13 chilometri pi� sotto, a mangiare). Avevo fatto una corsa a piedi in salita, interminabile, come tanti altri: la polizia aveva bloccato il traffico molto lontano. E quando sono arrivato era ormai impossibile avvicinarsi al piccolo ponte-strettoia che era l�unico accesso alla piccola chiesa:e non c�era certo spazio per me, che non avevo saputo calcolare i tempi. Anche cos�, con quella salita, in quel posto sperduto un santuario marginale, aveva iniziato ad insegnare il senso del viaggio, del pellegrinaggio, della fatica della ricerca, anche se non lo sapevo. E non lo sapevamo ancora.

Passano pochi giorni e Giovanni Paolo II decide di andare in visita alla prima parrocchia romana, San Francesco Saverio alla Garbatella. Nella visita � compresa una tappa dalle monache Clarisse in via delle Sette Chiese. La Comunit� di Sant� Egidio da qualche anno ha messo su nella casa del custode del convento una piccola scuola materna gratuita, autogestita, per i bambini delle donne che dovevano mandare avanti da sole la casa, lasciate dal marito. Le �vedove bianche�, le chiamavano in quartiere. Il cancello dell� asilo � la porta accanto al cancello principale. Aspettiamo tra la gente del quartiere, con l�asilo vuoto. E mentre aspettiamo con noi c�� un prete polacco, anche lui l�, per vedere il �suo� papa. Nell�attesa ci insegna un canto in polacco, pi� o meno �Stolat Stolat, ni�sg�e- sg�e- n�. Il papa si ferma e fa il suo primo fuori programma. Entra nella porta piccola e non nel cancello grande. Le foto lo ritraggono ancora seduto ai banchi rasoterra dei bambini dell� asilo.

I bambini non ci stanno perch� � domenica. E c�� questo �papa-bambino-un-po�-cresciuto�, in basso, tra noi in piedi, che guarda i disegni, chiede chi sono questi strani cristiani che si occupano di donne in difficolt� e di bambini che non si sa dove mandare, e quali sono i problemi del quartiere. Passano pochi mesi e a Roma viene ammazzato mentre dorme un povero somalo, sotto al portico di Santa Maria della Pace. Il papa ha in programma di andare la domenica successiva alla Chiesa Nuova, a due passi. Per invitarlo a una veglia pubblica di preghiera per chiedere perdono dell�inaccoglienza della citt� viene scritta una lettera. Nel testo si ricorda come un grande vescovo di Roma, Gregorio Magno, incontrando per la strada il corpo di un povero morto di stenti nella notte mentre andava a celebrare la messa, se ne era tornato indietro: �Oggi � morto Ges�, � Venerd� Santo�, diceva Gregorio Magno, e il Venerd� Santo non si celebra la Messa ma si ricorda la croce. In questo spirito quella lettera viene consegnata al Portone di Bronzo, nella speranza che venga letta. Ci mette solo tre giorni la telefonata che conferma l�arrivo del papa alla piazzetta della Pace, dietro Piazza Navona, quel sabato pomeriggio. Ma ci sono le elezioni anticipate: Autonomia Operaia convoca una manifestazione proprio li e alla fine la polizia fa fermare il papa alla Chiesa Nuova: la veglia si fa l�, in sagrestia, e il giorno dopo, all�Angelus, il papa dice alla citt� e al mondo l�orrore dell�inaccoglienza.

Ho cominciato a incontrare Giovanni Paolo II vescovo di Roma. E la sua � stata la scelta di essere un papa universale, anche fuori dai confini della Chiesa, proprio perch� vescovo e vescovo di Roma: non perch� segretario generale delle Nazioni e delle Chiese del mondo. E ho iniziato a volergli bene con tanti nella forza dell�incontro rinnovato. Vescovo dl Roma e amante della Chiesa viva, senza confini. Come

ad Assisi, quando a sorpresa invita per la prima volta i leader delle grandi religioni mondiali a pregare gli uni accanto agli altri per la pace, alla fine di ottobre del 1986. Chi scrive, chiamato dal segretario del papa che l�aveva riconosciuto, viene fatto entrare oltre le transenne e invitato a stare vicino, poco avanti al corteo. Ha una macchina fotografica a tracolla: i fotografi accreditati stanno su un grande palco lontano, e non possono seguire la processione che dalla Piazza del Comune scende al piazzale della Basilica di San Francesco, Io sono l�, l�unico laico oltre al servizio d�ordine, e l�unico con una macchina fotografica. E mi fanno segno, sorridendo, che posso fare le mie foto. Gli incontri e i ricordi sono molti, moltissimi. L�ultimo, forse, � del papa nella sua debolezza. Incontra oltre trecento preti e vescovi che rappresentano le Comunit� di Sant�Egidio ormai in pi� di 60 paesi del mondo. Arriva con il bastone. Fa fatica a camminare e, all�inizio non ha quasi fiato per parlare. Poi ascolta, interviene di nuovo, spedito, si ferma con chi viene dalla Cina, dall�Indonesia, paesi complicati per i cristiani, saluta gli amici, si trattiene quasi un� ora. Parla sempre meglio. Alla fine va via �trasfigurato� dalla terapia che preferisce. L�andatura migliora. Chiede il canto che ha cantato e imparato in 25 anni assieme a quei giovani in molte parti del mondo. Sono le parole degli Atti degli Apostoli, e ricordano la guarigione di un paralitico da parte di Pietro e Giovanni alla Porta detta Bella del Tempio di Gerusalemme. Andando via si ferma all�ingresso, si gira, ride di cuore e si ferma a dare il ritmo del canto con il bastone, l�enorme bacchetta di un maestro che non si risparmia e che mentre vive prende pi� vigore e pi� vita. Non ho la macchina fotografica, non l�ho pi� portata. Anche perch� quelle foto ad Assisi in realt� non le ho mai fatte. Ho solo fatto finta. Non avevo dentro pi� nessun rullino. Lui se la rider� anche di questo.

Mario Marazziti

Mario Marazziti