Comunità di S.Egidio


 

16/06/2005


Il confronto tra laici e cattolici nell'Italia del referendum

 

Mi trovavo l�altro ieri alla Terza Universit� di Roma con un gruppo di studiosi (laici e cattolici) per riflettere in una prospettiva storica su Giovanni Paolo II. Nel 1978, dopo la morte di Paolo VI, qualcosa di analogo non sarebbe stato n� pensabile n� facile. Il paese e la cultura sono tanto cambiati nei decenni trascorsi. I cattolici oggi non sono estranei alle ragioni e alla cultura dei laici. Questi, da parte loro, hanno forte il senso del valore del mondo religioso. Lo si � visto proprio in occasione della morte di papa Wojtyla: davanti alla grandezza dell�uomo si sono espressi l�affetto dei molti credenti e l�intelligenza simpatetica di tanti laici. Non � pi� il tempo degli �storici steccati� e naturalmente il paese non pu� essere capito attraverso di essi. Questo, a mio avviso, vale anche per il referendum sulla legge 40.

Mi sembra infatti che questo referendum non si pu� spiegare come quello del 1974 sul divorzio (o quello del 1981 sull�aborto, evocato anche in campagna elettorale). Allora, nel �74, c�erano ancora due Italie, una laica e l�altra cattolica. Due mondi si scontravano davanti al mutamento. Da quel referendum (il primo nella storia repubblicana) � cominciato a tirare forte un vento di delegittimazione della Repubblica dei partiti. Con tangentopoli il vento � divenuto tempesta. Il �paese reale� (antico termine usato dal movimento cattolico contro lo Stato liberale, considerato �paese legale�) si riconosceva sempre meno nelle istituzioni parlamentari, nella classe politica, nelle leggi da essa fatte. Il Palazzo era distante e sempre pi� screditato. Il referendum del 1991, che ha riformato il sistema elettorale, fu un punto di svolta. Fu il 63,5% degli italiani a dire no al vecchio sistema. Cominciava un�altra storia, con attori politici mutati, pi� sradicati di quelli dei primi decenni repubblicani, tanto imbevuti invece nella continuit� di partito e di cultura.

Il referendum di oggi non si pu� considerare un regolamento di conti tra cattolici e laici. Non pu� nemmeno essere archiviato rapidamente come un episodio della disaffezione degli italiani dal voto. C�� qualcosa di profondo da capire in questa astensione del 74,9% degli italiani. Il risultato non si spiega con la sola attrazione del mare, anche se c�� un evidente tasso fisiologico di non votanti per distacco o inerzia.

Il �silenzio� dei tre quarti degli italiani esprime alcuni messaggi su cui si deve avere la pazienza di riflettere. C�� una disaffezione marcata verso la deriva plebiscitaria della democrazia e verso i messianismi delle soluzioni facili e degli uomini della Provvidenza: la gente crede sempre meno nel manicheismo plebiscitario, a cui si pu� ridurre pure il referendum. L�astensione � stata anche una chiamata alla responsabilit� del Parlamento che, su materie cos� complesse come quelle in gioco, si trova confermata la responsabilit� di legiferare come meglio pu�. Questo Parlamento, cos� bistrattato negli ultimi anni, � considerato dagli italiani come la sede pi� idonea. Torna la centralit� del Parlamento ed � un fatto positivo. Per tutti. La classe politica e gli analisti sapranno capire che il paese � cambiato? Di fronte alla complessit� dei problemi, in un mondo dagli orizzonti tanto vasti, la gente guarda con crescente preoccupazione al futuro. L�Italia del Duemila � pi� pensosa e meno fiduciosa nelle soluzioni facili e gridate. Il paese cerca radici e prospettive.

S�� infranta un�idea di progresso rettilineo e provvidenziale, conquista dopo conquista, come ha ben scritto Claudio Magris, di fronte alla presunta �onnipotenza dell�uomo�. Ci sono tanti progressi e di ognuno si deve discutere in modo circostanziato. Soprattutto per quello che riguarda la vita emerge forte un nuovo senso di pietase di mistero, che in alcuni si fa certezza mentre in altri resta seria perplessit�. Lo slogan del Comitato Scienza e Vita (�Sulla vita non si vota�) ha espresso uno stato d�animo diffuso. In ogni modo gli italiani di ogni estrazione culturale non se la sono sentita di dare un messaggio nel senso dell�abrogazione della legge 40, ma hanno pensato che questa dovesse fare il suo corso. Questo atteggiamento non � furberia, � legittimo. Del resto l�invito all�astensione fu chiesto anche per il referendum sull�art.18 e da chi oggi ha espresso parole dure contro l�astensionismo. Quanto � accaduto invita tutti ad essere pi� prudenti d�ora in poi proprio sull�uso dello strumento referendario.

La Chiesa ha avuto una funzione importante nella proposta dell�astensione. Non perch� potente e capace di mobilitare masse devote, ma perch� ha saputo intercettare la sensibilit� profonda del paese pi� di altri. E lo ha fatto a partire dalla sua vicinanza all�uomo e alla donna della nostra societ�. Nella crisi delle culture del nostro paese e nella autoreferenzialit� dei dibattiti politici, la Chiesa in questi anni ha riflettuto e continuato a coltivare il suo contatto con la gente.

Il ruolo di mediazione della Dc tra politica e Chiesa non c�� pi�. La Chiesa italiana parla al paese e non ha timore di farlo. Ne ha i titoli anche perch� � uno degli elementi storicamente fondanti della democrazia repubblicana (dalla sua genesi e in tutte le sue crisi). Anzi la cultura e la sensibilit� che la Chiesa ha aggiornato e accumulato, sono una risorsa per tutti, di certo per chi ha una visione ampia del futuro del paese, anche se ha tutt�altro sentire. Chi teme o si aspetta una restaurazione cattolica, sbaglia previsioni. Il futuro va in tutt�altro senso, anche se � acquisito che nel panorama italiano i cattolici rappresentano una realt� di rilievo. E� un dato da capire anch�esso non pi� con le vecchie categorie del potere clericale �invadente� o della resurrezione della Dc.

Oggi il pi� grave errore, dopo quello di aver fatto questo referendum, sarebbe considerare l�Italia un paese composto da un quarto di persone civili, illuminate e moderne accanto a tre quarti di pigroni, furbi, e soprattutto arretrati. Sarebbe, a mio parere, un giacobinismo da intellettuali distaccato dalla realt�. L�astensione di due terzi degli italiani � una domanda per chi vuol governare il paese o provare a capirlo. Dietro ci sono stati d�animo differenti, diverse motivazioni, posizioni consolidate, nuova coscienza acquisita, accanto a vari tipi di disaffezione. Non si pu� archiviare in fretta questo evento referendario. Proviamo a capirlo in profondit�. Fa bene a tutti, soprattutto a chi vuole raccontare o rappresentare politicamente l�Italia. E� una grande occasione per una nuova intelligenza del paese e dei suoi bisogni.

Andrea Riccardi