Un cammino religioso non si giudica dalle novit�, quanto dalla fedelt�. � la fedelt� mostrata da Benedetto XVI nella visita alla sinagoga di Colonia al suo secondo giorno di Gmg: fedelt� al Concilio Vaticano II, a Giovanni Paolo II (che nel 1980 incontr� i leader dell'ebraismo tedesco e nel 1986 visit� il tempio di Roma), soprattutto fedelt� al popolo ebraico. Non era scontato
che, all'interno delle giornate della giovent�, ci fosse una visita come questa. Il Papa ha voluto che avvenisse proprio in Germania. Sull'ebraismo tedesco incombe il ricordo di antichi odi e dolori, ma soprattutto quello della Sho�, che - dice il Papa - ha segnato il "tempo pi� buio della storia tedesca ed europea". � il buio delle leggi razziali di Norimberga del 1935,
poi della Notte dei Cristalli del 1938, infine della soluzione finale. Tutto viene dalla "folle ideologia razzista di matrice neopagana". Per il Papa la scaturigine � chiara: "non si riconosceva pi� la santit� di Dio, e per questo si calpestava anche la sacralit� della vita umana".
Benedetto XVI guarda al futuro, davanti a superstiti della Sho� e a un giovane rabbino che gli ricorda come gli ebrei, tra tanti dolori, non abbiano mai smesso di sperare. Una domanda aleggia: come far s� che "mai pi� le forze del male arrivino al dominio, e le generazioni future� possano costruire un mondo pi� giusto e pacifico in cui tutti gli uomini abbiano uguale diritto di cittadinanza"? Il Papa non la elude. Risponde con la dottrina del testo conciliare Nostra Aetate (e la ricorda rivolta anche a
musulmani ed altri credenti).
Questo testo � ben pi� che un discorso congiunturale. Con Benedetto XVI, la Chiesa ribadisce l'impegno di trasmettere "questa dottrina alle nuove generazioni che non sono state testimoni degli avvenimen ti terribili accaduti prima e durante la seconda guerra mondiale". I cristiani saranno sempre testimoni del valore dell'ebraismo, mai del suo disprezzo. � un
messaggio inequivocabile ai giovani riuniti a Colonia che, magari, nel loro ambiente di provenienza non incontrano comunit� ebraiche ma possono subire suggestioni. No, "mai pi�".
Agli ebrei, il Papa rivolge un invito: "dobbiamo ricordarci insieme di Dio e del suo sapiente progetto s l mondo da Lui creato". Il Decalogo va ricordato al mondo e ai giovani, che - leit motiv caro a Benedetto XVI - non debbono sentirlo come un peso bens� come "l'indicazione di un cammino verso una vita
riuscita". Il dialogo ebraico-cristiano � anche questo "ricordarsi insieme".
Ma - aggiunge - non vanno minimizzate le differenze. Il nostro mondo � affascinato e ossessionato dalle alterit�. Il Papa parla di nuovo antisemitismo e di ostilit� generalizzata allo straniero. Indica l'interiorit� come condizione per vivere con l'altro, anzi nel rispetto della "dignit� della differenza" (per usare l'espressione del rabbino inglese Sacks).
Solo uomini spirituali, solo cristiani veri potranno rendere questo mondo pi� umano e far abitare in pace gente diversa. E' una speranza che emerge dall'insegnamento di Benedetto XVI, offerta all'umanesimo contemporaneo.
Egli, proprio dalla sinagoga di Colonia, riafferma che "la Chiesa cattolica si impegna� per la tolleranza, il rispetto, l'amicizia e la pace tra tutti i popoli, le culture e le religioni". Ecco, l'amicizia � la sottolineatura fresca che il Papa introduce tra principi che potrebbero suonare scontati, quando invece non lo sono se guardiamo alla pratica di vita. Lui conosce bene il linguaggio evangelico dell'amicizia anche come cifra del rapporto con gli altri. Ed ora, da amico nella sinagoga, indica una via e tende una mano, perch� le forze d el male non dominino mai pi�.
Andrea Riccardi
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