Comunità di S.Egidio


 

01/09/2005

LE CRITICHE DI MARCELLO PERA VERSO UN�EUROPA MULTICULTURALE
MA LA STORIA LO DIMOSTRA: SIAMO TUTTI METICCI

 

�L�avvenire � meticcio!�, dichiarava il generale De Gaulle, negli anni �50, sognando una comunit� franco-africana al posto delle colonie. Il poeta-presidente del Senegal, S�nghor, vedeva una futura civilt� meticcia. Lui si sentiva un letterato meticcio: il cuore africano e la scrittura francese.

Negli anni �80, un prete messicano, Virgil Elizondo, sosteneva in un libro che il futuro � meticcio. Per lui, figlio di una cultura meticcia, quella messicana (di cui � espressione la Vergine di Guadalupe), il contributo del meticcio � decisivo perch� identit� e differenze vivano insieme. In realt� la cultura messicana, nata da quella prima globalizzazione che fu la conquista delle Americhe nel Cinquecento, � l�espressione di un meticciato culturale di grande livello. D�altra parte, queste posizioni di simpatia per il meticciato segnavano il distacco da un�idea di identit� nazionale che aveva alle sue spalle la "purezza" della razza, frutto dell�impazzimento del razzismo e del nazismo. Si sa poco che in Italia, a monte delle leggi razziste del 1938, non c�era solo la volont� di imitare il razzismo dei nazisti e le leggi di Norimberga del 1935, ma anche di impedire il meticciato che stava avvenendo tra italiani e donne africane dopo la conquista dell�Etiopia, nel 1936.

Questo sfondo culturale � stato dimenticato quando si � discusso, nei giorni scorsi, di meticciato sulla scia delle polemiche alimentate da un intervento del presidente del Senato Marcello Pera al Meeting di Rimini, cui ha replicato, nello stesso scenario, il ministro dell�Interno Pisanu.

Nella storia dei popoli non esistono formule create in laboratorio: la purezza identitaria o il meticciato. La storia � complessa e crea non solo meticci, ma culture meticce.

La realt� odierna tende in parte alla mescolanza di popolazioni. A Roma, con il 7 per cento degli stranieri, nel 2003 ci sono stati 1.342 matrimoni misti (un coniuge italiano e uno non) a fronte di 9.590 matrimoni tra italiani e 1.069 matrimoni fra stranieri. Quasi una famiglia su dieci, nata nel 2003, � meticcia e i loro figli saranno "misti". In un certo senso, risalendo pi� o meno lontano, siamo tutti meticci.

Ma il problema non sono le formule. Quelle della purezza mi fanno paura: quella razziale o quella religiosa dei fondamentalisti. La globalizzazione, a suo modo, rende un po� pi� meticce tutte le culture. Ma non dobbiamo dimenticare che, nell�et� della globalizzazione, le identit� (nazionali, religiose, culturali) riprendono coscienza di s�.

Qui si collocano anche le reazioni fondamentaliste e nazionaliste. Tutti, oggi, abbiamo bisogno di ridire la nostra identit� in questo mondo globalizzato. Forse siamo tutti pi� simili e per questo sentiamo la necessit� di ridefinirci. � un processo positivo del nostro tempo, che per� non avviene senza scosse.

La globalizzazione non crea un�unica civilt� e una sola cultura. Il mondo non diventa cosmopolita. L�idea di una religione universale (coltivata in laboratorio dagli scienziati) non esiste. Restano culture, civilt�, religioni, nazioni. Sono diverse (e di peso diverso), ma si avvicinano, si sovrappongono, abitano insieme. Questo crea innesti e scambi.

Ma anche � come si sa � conflitti. Il problema del nostro tempo non � trovare la formula giusta per il futuro, ma realizzare, a partire dalla situazione in cui viviamo, quella "civilt� del convivere", di cui abbiamo bisogno, fatta di identit� ma pure di rispetto per l�altrui differenza, consapevole che anche il mondo globalizzato non sar� egemonizzato da nessuno.

Benedetto XVI, parlando a Colonia, ha tracciato con molta lucidit� il quadro di questa civilt� del vivere insieme, che ha come fondamento il �riconoscimento della centralit� della persona�: �Noi vogliamo ricercare le vie della riconciliazione � ha detto � e imparare a vivere rispettando ciascuno l�identit� dell�altro. La difesa della libert� religiosa, in questo senso, � un imperativo costante e il rispetto delle minoranze un segno indiscutibile di vera civilt�.

Andrea Riccardi