Comunità di S.Egidio


 

26/11/2005


Ecco le foto del Darfur, quel dolore lontano che ci riguarda tutti

 

Andiamo verso Natale. La citt� se ne � gi� accorta. Aumentano anche i turisti, che scelgono questa straordinaria citt� in numero maggiore di prima. E l'ultima settimana di novembre si snoda sotto il segno di un rapporto speciale con il mondo, con la pace, con l'Africa.

L'Africa � al centro del Summit dei No-bel per la Pace, l'Africa � al centro delle Citt� per la vita, quelle citt� contro la pena di morte che sono diventate in tre anni pi� di 300 e che dal 28 al 30 novembre fan-no della citt� il crocevia mondiale delle iniziative per i diritti umani. L'Africa si sposta a Roma, con 13 ministri della giustizia che accettano di venire per discute-re i modi per passare dall'uso della pena di morte a una giustizia senza errori capi-tali. Che pu� venire di buono dalle tante Afriche che chiamiamo ancora Africa? Molto. Chi passa accanto al Vittoriano da oggi in poi, mentre pensa al traffico, a quello che c'� da fare dopo, con la coda dell'occhio vede il Darfur, in una mostra

di fotografie e in una dichiarazione d'amo-re per immagini che dura dieci anni, dalla vita al minimo, ma vita, nelle distese ai bordi del Sudan, prima della guerra e de-gli attacchi, alla non vita, alla vita minacciata e portata via dalle incursioni, dalla fame, da un conflitto senza rumore che ve-de agricoltori e pastori gli uni contro gli altri, che si incrocia con la vecchia, lunghissima guerra del Sudan, un paese do-ve le conseguenze dei confini tracciati con la riga dagli inglesi ancora si traduco-no in scontri sociali, etnici, religiosi. Uno dei genocidi del nostro tempo ipertecnologico, una delle ferite aperte del mondo. Che esiste solo quando arriva una luce, un fotografo, che si fa occhi per tutti.

Ma che ne sappiamo del Darfur? Darfur � uomini e donne in carne (poca) e ossa, � sogno di mangiare e dormire e vivere tranquilli, di fare figli e di andare a lavora-re. Ma questo, oggi, � un sogno. E' un incubo, il Darfur, ed � la memoria di tutte le ferite del mondo, soprattutto dell'Africa. Un continente con quasi 30 milioni di persone infette dal virus HIV che porta a morire di AIDS anche se ormai in Europa l'AIDS � diventato come una malattia cronica, come il diabete, grazie alla terapia che l� non � disponibile. Una terra dove si nasce gi� con il virus nel sangue perch� la mamma non � coperta dalla terapia. Do-ve l'acqua pulita e che non fa venire le malattie � un lusso per met� della popolazione. Dove le cifre del dolore sono cos� gran-di da spingere a dimenticarle. Troppo grandi per prenderle sul serio e restare uguali, e dormire, e fare shopping, e ride-re, e chiedersi chi � la �talpa�.

Ma questa � Roma. Una citt� che sta imparando come il privilegio di essere uno dei luoghi alti della bellezza nel mondo va speso per accorciare le distanze, mentre aumentano. Il Darfur ci riguarda come i sampietrini che scarseggiano, fa parte del nostro panorama della coscienza. E cos� pure tutta l'Africa. Per fare arretrare i deserti, anche dentro di noi.

Mario Marazziti