"La certezza della pena non ha nulla da perdere da un provvedimento di clemenza, quando l'intero sistema giudiziario italiano � affetto da lentezza cronica e solo un processo su dieci arriva al suo termine, e spesso arrivano a sentenza e vengono colpiti quanti non possono permettersi una adeguata e costosa difesa legale". E' il cuore dell'appello "per un provvedimento di clemenza subito", rivolto oggi dalla Comunit� di Sant'Egidio, insieme con i cappellani e i volontari delle carceri italiane, a governo e Parlamento. "Un provvedimento di clemenza, un indulto non sono, da soli, la risposta al sovraffollamento e alla trasformazione silenziosa della pena da riabilitativa in punitiva", si legge nell'appello, "ma sono il minimo necessario per riavviare un ripensamento profondo del sistema delle pene e della giustizia in Italia", per "limitare i danni vi inutili ingressi in carceri gi� invivibili. Per ridurre il tasso di gesti disperati e di autolesionismo. Per umanizzare nei limiti del possibile, e subito, la condizione carceraria" nel nostro Paese.
"Un provvedimento di clemenza", come quello chiesto da Giovanni Paolo II nel 2000 e nel 2002, sostiene infatti Sant'Egidio, "non mette in libert� 'i delinquenti'. La clemenza non rende meno certa la pena", ma "aiuta il Paese a prendere tempo e a iniziare una strada intelligente che sa affrontare i problemi sociali senza scorciatoie, sostenendo chi � pi� debole, impedendo la nascita di ghetti sociali, favorendo l'integrazione e non l'ulteriore emarginazione di chi � pi� a rischio e meno fortunato".
"La condizione di vita nelle carceri italiane mette a dura prova il rispetto profondo della dignit� umana", si legge nell'appello, in cui si denuncia che "il sovraffollamento, la carenza di fondi sufficienti, rendono difficile l'impegno del persona le carcerario, diventano occasione di violenza e di disperazione, sono spesso una pena aggiuntiva - fatta di invivibilit� - alla pensa da scontare per chi � detenuta".
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