Comunità di S.Egidio


 

08/02/2006

Voleva svegliare l'aurora
I preti sanno morire per amore

 

Parlare di don Andrea Santoro dopo questa morte non � facile. Il suo martirio infatti getta certo nuova luce sulla sua vita, ma ne rivela anche il mistero. Don Andrea non � un caduto nello scontro di civilt�, n� � l'eroe di una lotta, quasi fosse l'avanguardia dell'aborrito Occidente. � morto da cristiano. Perch� l�? Perch� scegliere una vita povera e priva di mondani successi, in una terra che doveva apparire gi� a lui ingrata? Aveva detto qualche giorno fa a Roma: "Io mi sento prete per tutti, perch� questi sono i figli che Dio ama: musulmani, ebrei, cristiani�".

Era un prete di Roma. Anche i preti romani (talvolta rappresentati come diplomatici o indolenti) sanno morire per amore. E il suo era un ministero d'amore tra Eucarestia e simpatia per tutti gli umani figli di Dio. "Noi siamo quelli della croce - aveva detto - non quelli della spada. A noi il Signore ha detto: metti la spada nel fodero� E tutto questo passa attraverso la croce. Se vuoi tenere la spada in mano, non farai mai l'unit�. La croce � farsi agnello". Voleva fare unit� e far comunicare quelli che erano tanto divisi.

A Trebisonda, dov'� stato ucciso, c'era fin all'inizio del Novecento una grande comunit� cristiana: chiese, monasteri, liturgie, dove il canto degli armeni si intrecciava con quello dei greci. � un mondo finito tra massacri e spostamenti di popolazione con la prima guerra mondiale. Tanti cristiani morirono, assassinati, in viaggi estenuanti, affogati in mare. La moderna citt� turca non ricorda questa storia comune all'Anatolia, gi� terra di Paolo, delle Chiese dell'Apocalisse, dunque di un cristianesimo vivo. Oggi in Turchia restano pochissimi cristiani autoctoni, fantasmi di una storia smarrita. Sembra la terra del tramonto senza fine del cristianesimo. Eppure qualcuno si sente chiamato a tornare, come don Andrea.

L'amore lo chiamava in un deserto di vita cristiana. Terra inutile da coltivare perch� sterile di frutti cristiani? Lui amava quella terra: vi vedeva l'aurora antica del cristianesimo, spaziava con il pensiero in Medio Oriente, simpatizzava per gente estranea alla sua fede. Con tenerezza per loro, con una piet� romana, con tanta preghiera e pazienza, aspettava l'aurora di un nuovo giorno.

Domenica � venuta la morte. Una morte inflitta da un giovane che ha gridato "Allah u akbar" come grido di guerra. No, in quell'ora di morte, Dio pi� che grande, era umiliato dal sangue sparso da uno dei suoi figli, mentre l'aggressore pronunciava il nome dell'Eterno. L'assassino non ha cercato di guardare in volto la sua vittima, preso dall'attuale clima infuocato del mondo musulmano, o almeno di una sua parte, ma ha colpito alle spalle. "Il fratello dar� a morte il fratello". Perch� don Andrea era un fratello anche per i musulmani. Come Charles de Foucauld, ucciso stupidamente nel deserto del Sahara (e beatificato di recente da Benedetto XVI). L'assassino � sempre uno stupido.

Povero don Andrea: se n'� andato con i suoi sogni apostolici, con la sua bont�, tutta romana, con il suo sito sul Medio Oriente, la sua passione per il cristianesimo orientale, per quel grande passato e per le briciole del presente.

La sua vita di prete esprime una nota forte che sorprende e interroga, specie quando incliniamo verso la mediocrit� nell'amore. Il suo sangue chiede: fin quando i fratelli uccideranno i fratelli? Il colore martiriale della sua morte allontana la vendetta e rifugge ogni interpretazione politica: esige e implora che l'odio sia seppellito con lui nella tomba.

Illusione? Noi la chiamiamo fede. C'� un valore misterioso di una vita caduta a terra, anche se non � dato di conoscere i tempi del germ oglio. Per chi crede � il caso di riflettere in profondit� su questa vita e di ricordare il detto dei primi secoli cristiani: "Io vi do una grande eredit� che il mondo non ha".

Andrea Riccardi