LILONGWE: Enita quel giorno non si era presentata all'appuntamento. Da quando aveva cominciato la terapia con i farmaci antiretrovirali era la prima volta che accadeva. Strano. Perch� era stata lei a chiedere di essere curata. Di nascosto. Senza dire nulla al marito n� ai suoi due vecchi. Le avevano spiegato che con le medicine avrebbe potuto vivere, nonostante l'Aids. E dare un futuro al figlio che portava in grembo. In Occidente, ormai da una decina d'anni, non si muore quasi pi� di Aids. E diventato una malattia cronica, come il diabete. Diversa la storia in Africa. Scoprire di essere sieropositivi nelle zone pi� remote del continente, quelle senza strade e senza luce, lontane da tutto, dove non arrivano nemmeno le statistiche, significa essere condannati a morte. Per la scarsa disponibilit� dei farmaci salvavita: 1'85% dei sieropositivi africani - quelli ufficiali, che sono la punta di un iceberg - non ha alcuna possibilit� di accedere alle cure. Ma non solo. Quei pochi che riescono a ottenere le medicine hanno enormi difficolt� a porta-re avanti la terapia per l'impossibilit� di effettuare regolarmente gli esami del sangue. I controlli della carica virale indispensabili per dosare il cocktail dei farmaci e domare la malattia. Enita il 15 gennaio, a due settimane dal parto, ha cominciato a curarsi gratuitamente nel Centro Dream di Mthengo Wa Ntenga (che significa albero della vita, in chichewa) attivo da pochi mesi, a pochi chilometri dalla capitale malawiana Lilongwe. Suo figlio Zuzeni � nato il 30 gennaio. Un maschio di 3 chili e due, sano. La prevenzione con la nevirapina, per fermare il passaggio del virus dalla madre al figlio, aveva funzionato. Nei giorni successivi al parto, la donna si � presentata alle visite di controllo, ha seguito le indicazioni dei medici, ha preso regolarmente i farmaci che le hanno permesso di allattare il figlio senza trasmettergli la malattia. Fino alla strana assenza di quel giorno di fine febbraio. I volontari del Centro Dream (Drug resource enhancement against Aids and malnutrition) creato dalla Comunit� di Sant'Egidio - tutti africani, siero-positivi o in Aids conclamato ma in cura, che a loro volta han-no deciso di dedicare parte del loro tempo per spiegare alla gente che c'� una via d'uscita, che si pu� non morire di Aids - decido-no di andare a cercare Enita. La strada per arrivare al suo villaggio � una lunga striscia di terra battuta. Tra la polvere rossa che ti entra nelle ossa, la luce abbagliante e la savana sterminata. A 'Mptote, 300 abitanti, case di fango e mattoni, campi di mais e alberi di eucalipto, i volontari scoprono che Enita � morta. �Aveva mal di stomaco e vomitava sangue�, racconta la madre Zana Mataka, che dalla vita ha avuto 8 figli (2 gi� morti di Aids) e 8 nipoti (3 morti di Aids). La loro capanna era troppo lontana dal primo ospedale. �Enita era serena - ricorda il padre, Be As Mataka - perch� diceva che qualcuno si era preso cura di lei e aveva aiutato suo figlio a nascere sano�. Prima di lei tanta � gente � morta nel villaggio, ma non si sapeva per-ch�. O si fingeva di non saperlo. Ci si scontra con problemi culturali, comportamenti tradizionali e false credenze. Nelle zone rurali pi� isolate si crede ancora che l'Aids sia un'invenzione dei bianchi per non far fare figli agli africani, che per sconfiggere il male sia sufficiente accoppiarsi una giovane vergine che purifichi il sangue dal virus Hiv. L'Aids � la principale causa morte del Malawi. L'aspettativa di vita media � di 37,5 anni.
Non ci sono anziani. Ogni anno alla conta delle vittime si aggiungono 50-70mila persone. E il Paese rischia di restare senza un futuro. Il rapporto medici/popolazione � il peggiore al mondo: un medico ogni 94mila abitanti. In tutto il Malawi, che ha 12 milioni di abitanti, c'� un solo pediatra. E gli orfani di genitori di Aids sono oggi pi� di 500mila. Secondo Unaids/Unicef ci saranno 1,1 milioni di bambini nel 2010. Numeri, stime per forza di cose parziali - il 90% della popolazione vive nelle zo�ne rurali, come il villaggio di Enita - che fotografano una situa�zione drammatica. E che in Occi�dente non fa notizia.
Dopo la morte di Enita il capo villaggio di 'Mpote ha deciso di sottoporsi al test Hiv. Ha convo�cato un'assemblea per convincere la gente a fare lo stesso, per cercare di salvare la vita di tanti, rompendo il cerchio della paura.
Un marted� mattina di poche settimane fa, un'unit� mobile del centro Dream ha effettuato i prelievi a tutto il villaggio: su 300 persone, 40 sono risultate sieropositive, 18 sono in Aids conclamato e hanno cominciato le cure. Gli abitanti sono stati coinvolti in attivit� di preven�zione, educazione sessuale e sa�nitaria. Ora si sta pensando a creare delle attivit� economiche. A un piccolo allevamento di polli per garantire una forma di reddito alla comunit�.
In un intero villaggio africano la malattia � stata sconfitta. Una piccola grande storia vera, di spe�ranza. Resa possibile grazie al Project Malawi, il programma di assistenza di lungo periodo - si parla di dieci anni - sostenuto da Banca Intesa e Fondazione Cari�plo (in partnership con il Gover�no locale, Comunit� di Sant�Egi�dio, Save the Children, Cisp e Scout) che prevede la realizzazio�ne entro il 2008 di una rete sani�taria nazionale per sconfiggere l'Aids usando gli stessi standard di cura occidentali, con tre centri di biologia molecolare (due gi� attivi, a Lilongwe e a Blantyre, la seconda citt� del Paese; quest'ultimo sorto dal niente in sei mesi � stato inaugurato marte�d� scorso) e dieci ospedali per lo screening delle donne in gravidanza, la distribuzione dei farma�ci e il monitoraggio delle tera�pie. Lotta all'Aids ma anche assi�stenza e cura degli orfani. E svi�luppo attraverso la nascita di mi�croimprese, l'accesso al credito, la formazione imprenditoriale. Il programma ambizioso, la "visio�ne" di Corrado Passera, ammini�stratore delegato di Banca Inte�sa, � quella di riuscire a creare una generazione di giovani sen�za Aids. �Abbiamo scelto il Ma�lawi - spiega - perch� � un Paese relativamente piccolo, dove non ci sono conflitti, c'� stabilit� poli�tica ed esistono tutte le condizio�ni per lo sviluppo�.
I finanziamenti gi� stanziati ammontano a nove milioni di euro per i primi tre anni del progetto (raccolti tra donatori privati, clienti e dipendenti del Gruppo Intesa). Che potrebbero moltiplicarsi nei prossimi dieci anni. Tanto per un privato. Poco, considerando il mare di aiu�ti internazionali che si perdono nei mille rivoli della burocrazia creata dalla cooperazione e nella corruzione dei politici locali. Ma abbastanza per riuscire a vincere la scommessa di debel�lare l'Aids da un intero Paese. Se spesi bene.
Riccardo Barlaam
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