Pioniere del dialogo interreligioso, Andrea Riccardi fa confluire in questa riflessione il discernimento dello storico e l'esperienza militante dei conflitti, specialmente nell'Africa dimenticata. Il suo � un appello a resistere alla seduzione degli stereotipi, che tentano di intrappolare la realt� della globalizzazione in schemi astratti. E convinto che, per quanto abnorme sia la presa degli interessi reali e invasiva la pressione dei media che li propagandano, il mondo globalizzato �� fatto di persistenti differenze�: una complessit� irriducibile a un disegno totalitario, si tratti dell'identit� rivendicata dal fondamentalismo oppure della modernizzazione globalitaria imposta dalla potenza dell'Occidente.
Libro raccomandabile perch� d� voce alla "critica delle paure" che hanno cercato di abbeverarsi anche di fonti cattoliche per giustificare la cultura dell'ostilit�, alla Fallaci, verso l'immigrato e in particolare l'islamico. E perch� mette alla prova lo spirito multiversale del messaggio cristiano rifiutando la tentazione di paracadutare sui conflitti identitari in corso delle ricette universali, ineluttabilmente egemoniche. L'analisi proposta dal fondatore della Comunit� di Sant'Egidio porta a concludere che, per diventare pacifico, il mondo non deve conformarsi a un modello unico ma dare spazio alle diversit�. La necessit� dell'ora � di fondare una civilt� del convivere fra i tanti soggetti del mondo, in una prospettiva di identit� meticciali gi� operanti nell'esperienza storica. Lo si voglia ammettere o meno, � un fatto che nel processo di formazione dell'identit� della nazione, e della stessa Europa, sono entrate a pieno titolo anche altre parentele, laiche e religiose. Non c'� comunit� che possa dirsi omogenea e "pura". ogni identit� si colloca in un tessuto pi� grande e mescolato. Il dialogo non � una formula "buonista", ma �capacit� di guardare in faccia la diversit� propria e altrui, di provare ad, articolare pi� relazioni, di intessere un insieme di rapporti, di cogliere gli interessi e gli orientamenti altrui�.
L'altro stereotipo che la paura dell' "Altro" va riciclando � quello gi� formulato dal Trattato di Westfalia, che nel 1648 aveva liquidato la guerra religiosa in Europa ingabbiando i contendenti protestanti e cattolici entro definiti spazi geopolitici - cuius regio, eius religio - e pretendendo cos� di risolvere l'emergenza col modello segregazionista. Ma l'autore avverte che �isolare l'una identit� dall'altra risulta pericoloso�, perch� �nel pensarsi soli, separati e nemici, c'� quella purezza pericolosa che � stata all'origine di tanti processi di separazione e di conflitto, � la rivendicazione chiave di ogni fondamentalismo, rivendicazione etnica, ideologica, razziale che mentre reclama la propria purezza indica nell'altro la minaccia inquinante. Si afferma la propria identit� "pura" con la marginalizzazione o la distruzione dell'altro e con la violenza esercitata contro di lui�.
Andrea Riccardi, Convivere�, Laterza, Roma-Bari 2006, pagg. 164, � 10,00.
Giancarlo Zizola
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