Comunità di S.Egidio


 

21/07/2006


LA RELIGIONE DELLA GUERRA

 

La guerra si � riaccesa in Medio Oriente. Chi seguiva le vicende libanesi degli Anni Ottanta, come chi scrive, ricorda un modo diverso di vederle. LI. 1 settembre e la sfida terroristica hanno lasciato tracce profonde. L'opinione pubblica ha un altro rapporto con la guerra. C'� una reazione differente di fronte all'uccisione dell'altro. Si sente pi� facilmente la guerra come necessit�. Ci consideriamo - specie in Occidente - pi� vulnerabili, bisognosi di difenderci, di prevenire attacchi. Le minacce sono pi� globali e distruttive. Qualche mese fa sono stato colpito dalla forte presenza di titoli sulla guerra nelle librerie americane. Ci sono altrerisorse per la pace e la sicurezza oltre la guerra?

I problemi sono tanti. Un versante importante � il rapporto tra guerra e religioni. Sull'islam si � scritto tanto, talvolta superficialmente, perch� l'emersione del problema ha spinto a parlarne senza competenza. E' evidente la ripresa di familiarit� tra vasti settori musulmani e la violenza, come in Medio Oriente. Il libro di Farad Khosrokhavar I nuovi martiri di Allah mostra emblematicamente la crescita recente della figura del suicida-terrorista. Per il cristianesimo la questione della guerra � oggi diversa. C'� un elaborato patrimonio da non sperperare di fronte a scenari nuovi. Giovanni Paolo II, nella sua opposizione alla guerra all'Iraq (di cui siamo al tragico epilogo), � stato un riferimento per cristiani e non cristiani. Non ha predicato l'acquiescenza, ma ha incoraggiato la transizione pacifica, come in Polonia e in quasi tutto l'Est. Egli ha sentito che la Chiesa aveva un ruolo nel passaggio non violento dalla dittatura alla democrazia in Cile e nelle Filippine. Gli anni di papa Wojtyla sono stati significativi in rapporto alla pace e alla violenza. Ma 1'11 settembre ha disegnato un diverso scenario. Non � un caso che il Papa, dopo quei tragici fatti, abbia voluto ad Assisi un incontro di religioni per la pace. Lo aveva convocato nel 1986 prima della fine della guerra fredda, quando le religioni sembravano ancora quantit� n�gligeable nel gran gioco della pace. Aveva intuito il loro ruolo nel contribuire alla pace o alla guerra.

Oggi � cresciuta l'accettazione della guerra, che si veste di realismo, ma ha aspetti irrazionali, mistici e religiosi. Sembrano mancare altri strumenti per fronteggiare una situazione complessa. Si pone la domanda ai cristiani: la loro tradizione di pace ha qualcosa da dire? Il grido di dolore dei Papi del Novecento per la guerra fu spesso considerato con disprezzo, come imbelle e frutto di paura, da opinioni pubbliche belliciste. Ma nel XX secolo sono tanto cresciuti il pensiero e l'impegno della Chiesa sulla pace, specie attorno al ministero del Papa, qualificatosi come ministero di pace. La ripulsa della guerra nasceva da cristiani �esperti di umanit� (come disse Paolo VI all'Onu). Una riflessione sul tempo .lungo suggerisce loro che guerre e rivoluzioni lasciano l'umanit� peggiore di come l'hanno trovata. E' una posizione che pu� sembrare conservatrice, ma ha al suo attivo una grande esperienza di umanit� e l'anelito di pace di tanti.

Anche il grido di dolore ha valore. I cristiani non rinunciano alla pace, che � anche una realt� spirituale, da cui non sempre scaturiscono proposte immediate su come appianare i conflitti. Si prega per la pace, pur dentro l'infuriare della guerra. Non si sacralizza la guerra. Un grande spirituale russo, Serafino di Sarov, diceva: �Acquista la pace in te stesso e migliaia attorno a te la troveranno�. La Chiesa non diventa un'agenzia politica. Lo sosteneva il card. Ratzinger anni fa: �La Chiesa non fa di pi� per la pace, ma di meno, quando abbandona il piano della fede, dell'educazione, della testimonianza, del consiglio, dell'amore di servizio per trasformarsi in una diretta unit� politica d'azione...�. La pace � interiormente radicata nella vita dei cristiani. A partire da questo legame genuino, le risorse cristiane e umane per la pace si debbono misurare arditamente con la nuova stagione internazionale. Dio - diceva Benedetto XVI - �ci ha anche indicato la via della pace: il dialogo, il perdono, la solidariet�. Non � retorica, n� desiderio di star fuori dalla battaglia per sopravvivere. Nel Novecento il martirio per la pace di non pochi cristiani ha mostrato il loro coraggio. Oggi, di fronte a impressionanti sacralizzazioni della violenza, a situazioni che sembrano senza sbocchi, si deve rinnovare la via del dialogo come strumento forte per la pace. I cristiani hanno qualcosa da dire e molto da tentare.

Andrea Riccardi