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Unimondo.org |
04/09/2006 |
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Siamo troppo abituati a pensare che la guerra, specie in Africa, sia un male contagioso e inarrestabile. La storia recente del continente, dal Rwanda alla Liberia, dalla Somalia al Darfur, dimostra quanto sia difficile interrompere conflitti all'interno di stati deboli. Le notizie che provengono da Juba, dove il 26 agosto Lord's Resistance Army (LRA) e governo ugandese hanno firmato una tregua, la prima in venti anni di conflitto, dimostrano che talvolta anche la pace pu� essere altrettanto contagiosa. L'accordo ugandese � un altro successo del metodo di Sant'Egidio: utilizzare ogni sinergia efficace e ricostruire con pazienza la fiducia necessaria per trattative di pace. I colloqui sono stati resi possibili da un'altra pace, quella che nel 2005 ha posto fine al conflitto tra Nord e Sud Sudan. Proprio il neonato governo del Sud Sudan ha coraggiosamente deciso di utilizzare i contatti procurati dalla Comunit� di Sant'Egidio e da Pax Christi Olanda, per rendere possibile la trattativa con il misterioso leader dell'LRA Joseph Kony, inavvicinabile da media e diplomazie ufficiali. Le discussioni, iniziate il mese scorso, rappresentano una scelta controcorrente che ha dovuto fare i conti con lo scetticismo di molti nei confronti di qualsiasi soluzione diversa da quella militare. Il documento firmato dal governo ugandese e dall'LRA � qualcosa di pi� di una tregua o di una semplice cessazione delle ostilit�. Non si tratta ancora di un accordo definitivo, ma � un passo decisivo nella direzione della pace. Le parti non hanno semplicemente dichiarato in maniera generica l'intenzione di smettere di combattersi, ma hanno accettato precisi meccanismi di raggruppamento dei combattenti e di verifica sotto la supervisione di una terza forza, l'esercito del Sud Sudan (SPLA), che garantir� sul terreno il funzionamento della tregua. Per la prima volta da venti anni l'LRA accetta di dichiarare la posizione dei propri guerriglieri - molti dei quali sono bambini - e di raccoglierli in zone appositamente designate sotto la garanzia dell'esercito del Sud Sudan. In tali zone ai ribelli sar� garantito l'approvvigionamento di viveri per evitare che episodi di saccheggio mettano a rischio la tregua. Sar� consentito inoltre l'accesso delle agenzie umanitarie che potranno prendersi cura di donne e i bambini che accompagnano i combattenti nella foresta. Il governo di Kampala s'impegna a non attaccare l'LRA nelle zone designate e - fatto inedito rispetto ai precedenti tentativi di mediazione - accetta la presenza di un esercito straniero sul proprio territorio. La firma di un protocollo cos� dettagliato dimostra la seriet� delle parti e la volont� di giungere ad un accordo. Il lavoro della mediazione di Sant'Egidio e del governo del Sud Sudan ha pazientemente costruito le condizioni di fiducia tra le parti, da sempre inesistenti. La pace tra Nord e Sud Sudan ha certamente mutato gli equilibri nell'area: l'LRA � isolato e non usufruisce pi� dell'appoggio del governo di Khartoum. Tale situazione ha spinto lo stesso Joseph Kony e i suoi a rifugiarsi nell'est della Repubblica Democratica del Congo, nel parco della Garamba in Ituri. L'iniziativa della Corte Penale Internazionale di inquisire Kony ed altri quattro comandanti per crimini contro l'umanit� ha contribuito ad aumentare la pressione sul gruppo. Tuttavia l'attuale debolezza dell'LRA non basta a spiegare la decisione di dialogare: altre volte in questi anni l'LRA si � trovata in condizioni difficili senza peraltro cedere ma continuando la sua atroce guerra. La vera novit� di oggi sta nella mediazione. I colloqui in corso si svolgono per la prima volta all'estero, alla presenza di una mediazione internazionale con garanzia di seriet� ed imparzialit�. I due protagonisti dei Juba Peace Talks lavorano fianco a fianco: il ruolo del governo del Sud Sudan (ospitare gli incontri, garantire la sicurezza dei combattenti dell'LRA ed approvvigionarli di cibo) � nodale; l'esperienza negoziale di Sant'Egidio ha costruito il quadro politico della trattativa, arricchito anche dalla presenza di accademici africani. Si � creata cos� una sinergia efficace che diviene un modello per la risoluzione dei conflitti. Un ulteriore segnale positivo viene dal mutato atteggiamento di Joseph Kony che ha incontrato pi� volte i mediatori nella foresta e ha accettato anche la visita dei rappresentanti delle popolazioni vittime della guerra, sia dall'Uganda che dal Sud Sudan. In una di tali occasioni, Kony per la prima volta ha chiesto perdono per i crimini commessi. Non si tratta certo di una piena ammissione di responsabilit�, ma � senza dubbio un tentativo per ristabilire un dialogo con la popolazione del suo paese che porta il peso delle atrocit�.
Vittorio Scelzo
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