Comunità di S.Egidio


 

20/10/2006

L'altra sera a conclusione dei lavori della terza giornata una tavola rotonda sul futuro della fede nel Vecchio Continente. Camdessus: �Con la globalizzazione rischiamo di diventare la nuova Chiesa del silenzio�
Europa, incontrarsi sulla terrazza del pianeta

 

Orizzonti europei di speranza. A conclusione della terza giornata del Convegno veronese, mercoled� sera, quattro voci della cultura del Vecchio Continente si sono confrontate sul ruolo della fede, chiedendosi in particolare se il cattolicesimo italiano possa giocare un molo europeo.

�E inevitabile pensare la speranza oltre i confini�, ha esordito Andrea Riccardi, docente di storia contemporanea, secondo il quale �nel mondo globalizzato ogni territorio � una terrazza sul pianeta. Spesso invece ci rannicchiamo nel nostro angolo, una posizione naturale, ma perdente. Il problema non � pensare al Concilio in italiano, oggi occorre pensare il cristianesimo sulla scena europea�.

Convitato di pietra della tavola rotonda, il relativismo etico. Per la sociologa britannica Mary Archer, l'attacco inferto dalla cultura laicista nel Ventesimo secolo � stato durissimo Ma oggi gli europei hanno cominciato a interrogarsi. �Un musicista giudica se abbiamo orecchio perla musica oppure no. E se il giudizio � negativo, ci impegniamo a migliorare. Perch� non applicare lo stesso metodo con la religione? Conosciamo poco la fede cattolica, ma se ci interessa possiamo intraprendere un cammino di conoscenza. Agli inizi del Ventunesimo secolo la gente sente di aver bisogno di Dio e di risposte. Questo � per me un secolo di speranza�.

Speranza mai venuta meno neppure in Francia, dove pure il laicismo � forte e, secondo il presidente delle Settimane sociali transalpine Michel Camdessus �siamo diventati la nuova chiesa del silenzio�. Per l'economista il clima francese � comune a molti Paesi occidentali. �Oggi lo scarto tra Vangelo

e mondo � maggiore di quanto immaginasse la nostra memoria collettiva. La societ� non � pi� abitata dal personalismo comunitario che si era ricavato un posto all'indomani della seconda guerra mondiale, ma dal relativismo generalizzato�.

Non mancano i segni di speranza, pur nella �confusione che viene dai fondamentalismi e dai fautori del secolarismo, che al minimo pretesto esplodono, riuscendo ad occupare i media e ad esercitare una specie di intimidazione sottile a livello culturale�. Infatti � comparsa una nuova generazione di laici, mobilitati perch� la vita della Chiesa continui �portatrice di un forte slancio spirituale, forse meno spettacolare di un tempo, ma privo di complessi di fronte al politicamente corretto�. Camdessus ha concluso ricordando la �richiesta sempre pi� frequente fatta ai cristiani di esprimersi in modo pi� incisivo nelle tante battaglie in cui sono messi in discussione l'uomo e la sua dignit�.

E nell'Unione europea che rifiuta di mettere per iscritto nella propria Carta fondamentale le proprie radici cristiane? Si fa carico della risposta lo slovacco J�n Figel, Commissario Ue per l'istruzione e la cultura. �L'Europa unita � diventata espressione di speranza. Essere veri europei significa essere aper

ti verso gli altri, ma anche uniti intorno ai valori della dignit� umana. Siamo una superpotenza di diversit� culturali e l'Italia � il centro di questa superpotenza per la sua storia, per l'eredit� culturale e perch� ha la densit� di popolazione pi� elevata al mondo�. Cultura che �definisce l'Europa molto pi� degli affari e della geografia, perch� definisce i valori, i nostri rapporti nelle famiglie, nelle comunit� locali. Che pu� rivitalizzare l'Europa. E la religione � un fatto centrale all'interno di essa�. Quale ruolo vede allora per la Chiesa cattolica?

�Un modo per evitare le guerre globali - ha suggerito - � il dialogo interreligioso. Abbiamo bisogno di una cultura del dialogo che non � segno di debolezza, ma di maturit�. Invece di lottare contro le civilt� bisogna lottare per le civilt�. Questo vale per tutte le Chiese, in modo particolare per la pi� grande, quella cattolica�. L'Europa guarda dunque alla Chiesa italiana, da essa si aspetta un contributo culturale, soprattutto da quello che Giovanni Paolo II considerava una grande risorsa per il Paese,: il cristianesimo di popolo, Un popolo libero, all'interno del quale per Riccardi oggi � venuta meno l'annosa distinzione tra chierici e laici.

�Papa Wojtyla - ha ricordato Andrea Riccardi - ha avuto il merito di cogliere il cattolicesimo italiano nella sua dimensione popolare complessa, fatta di tanti segmenti, non uguali, non divaricati e da non lasciar divaricare�. Solo la fede di popolo, secondo lo storico, � la via che �ci libera dalla dittatura del pessimismo o dall'ottimismo di maniera, dove non si separa la conoscenza intellettuale da quella affettiva che parli di Dio e della vita, della Bibbia come grammatica e lingua della preghiera dei cristiani. Il vivere cristiano rimane allora realt� viva del Paese e risorsa per la casa comune europea�.

Paolo Lambruschi