Cammini e non te ne accorgi. Getti un�occhiata e sono solo prati, erbe alte, strade larghe e marciapiedi. Roma qui finisce, perch� s�innalzano i colli. Roma qui � un luogo di storie che vanno veloci, gente che s�affretta verso la metropolitana, ultima stazione della linea rossa, in faccia ai palazzi di Torre Spaccata, vicino a Cinecitt�.
Si chiama Anagnina, questo capolinea di periferia a sud. Andiamo a cercare quelli che stanno al mondo in un modo nuovo, perch� sono pi� poveri degli altri. Andiamo a cercare chi vive peggio delle bestie, per mandare una manciata di euro a casa, perch� a casa con quei soldi si pu� vivere. C�� un grumo di popolo disperato. Lo trovi e ti toglie il respiro. Ma non � facile. Serve una guida.
Paolo e Francesco conoscono il punto esatto del marciapiede che ti strappa dalla vita normale. Lo scavalcano da tre anni con le sporte piene di coperte, cibo, stoviglie. � l�ultima frontiera della disperazione. C�� un popolo che abita nei tubi, citt� nana, trucchi di case, dove l�aria � pesante, l�umidit� spezza i polmoni e si vive abbracciati ai cartoni,che si sfaldano, s�appiccicano ai vestiti, puzzano. Il sentiero � scosceso, calpestato da centinaia di passi. Si chiama piazza Ettore Viola, la rotonda moderna alle spalle della metropolitana. L�appuntamento con quelli della Comunit� di Sant�Egidio � per il primo pomeriggio. Loro sanno dove la vita � un rovello, dove scolora nella povert� assoluta.
Non si pu� neanche chiamare "emergenza abitativa". Perch� qui la vita � un�altra cosa, sommatoria di un miraggio e di un perenne conflitto. Paolo e Francesco dicono che prima bisogna spiegare e dicono anche che nessuno sta come loro. Sono rumeni, ultimo anello dei poveracci della capitale. Questa � una storia estrema, che aggredisce il cuore. Una storia vergognosa. S�intreccia attorno alle cosiddette "opere di urbanizzazione primaria", che poi sono dei grandi collettori che corrono sotto le strade a due corsie e ai rond� maestosi.
Un grande pollice che li schiaccia
Dietro alla metropolitana la terra scende a declivi, strade rialzate, marciapiedi, prati come grandi crateri verdi. Dall�alto vedi solo i contrafforti, come i muri che circondano l�entrata di una galleria. Ce ne sono due, tre, quattro, apertura circolare, cemento che si sgretola, miasmi d�acqua, arredi da spavento. Sono condom�ni sdraiati a terra, case spanciate, un locale nell�altro, un�infilata buia di materassi, tavoli, sedie, armadi. C�� un grande pollice che schiaccia il popolo dei tubi. � il nostro.
Qui non c�� integrazione. Li hanno scoperti tre anni fa questi antri schifosi. Meglio di una baracca sulle rive del Tevere, meglio delle masserie a pezzi nelle campagne attorno alla capitale. Il pullman dalla Romania arriva ogni domenica e si ferma poco sopra. Scendono uomini come bagagli, gente che far� una vita da bestia, insieme ai topi per tre o quattro mesi, il tempo di mettere insieme qualche centinaio di euro e tornare per lasciare il posto ad altri.
In Romania si vive male con 240 euro al mese. Vale la pena un passaggio nei tubi di Roma, anche se � rischioso, qualche volta gruppi di giovanotti italiani s�affacciano di notte e gettano benzina e un fiammifero; anche se qualche volta volenterosi cittadini ci hanno provato con le ruspe a richiudere e seppellire i tubi e a bloccarne le aperture. Ma per loro � la casa e hanno scavato con le unghie e hanno riaperto l�antro. Di giorno lasciano qualcuno di guardia.
�La povert� non la puoi scegliere. Questa � la peggiore. Ma anche loro sono uomini�, dice Francesco. La Comunit� di Sant�Egidio c�� abituata, pomeriggi e notti a camminare sulle strade di questa periferia deserta accanto a larve di uomini schiantati dal freddo. Vivere nel tubo � spaventoso. Alina dice che lei non ce la fa pi�, che � meglio farla finita. Avr� vent�anni. Cerca una coperta, ma oggi non ce n��. Si ferma un�auto e un signore domanda: �Siete quelli dei poveri?�. Apre il bagagliaio e tira fuori trapunte, un paio di sacchi a pelo, qualche maglione sdrucito. C�� sempre una occasione per la Provvidenza.
Alina passer� qui anche questa notte. I tubi non hanno nome, non hanno numero. Ci s�affaccia e si urla. In cima hanno scritto "casa dei poveri" e poi hanno disegnato tre "+": pi� poveri, pi� poveri, pi� poveri. La latrina � un buco nella terra, protetto da tavole di legno.
Ci abitano in 35, due settimane fa � nata una bimba. Vivono di elemosine, gli uomini fanno la fila per un pugno di ore nei cantieri edili. Alcune famiglie moldave, rom, hanno costruito baracche nel prato subito sopra il tubo. �Siamo qui da sei lune�. Sfogliano il cielo per contare il tempo che passa.
Appena pi� in l�, davanti alla bocca del tubo, c�� una baracca di mattoni, senza tetto. Quando piove stendono teli di plastica. Dentro abitano uomini e ragazzi. L�affaccio dalla strada ti pesta l�anima. Per salire e scendere s�arrampicano sull�intelaiatura di ferro del cemento armato. Nessuno vuole parlare. Loro sono ombre nelle nostre citt�.
La gente passa e se ne va
A noi va bene cos�. Loro lo sanno. Noi non li vogliamo vedere. Loro si nascondono sotto il livello della strada. Quelli di Sant�Egidio li hanno scoperti da mezze frasi pronunciate alle mense dei poveri. Sono andati a vedere. E non li hanno pi� abbandonati. Qualche bambino va alla scuola popolare, dove ci si pu� lavare, si mangia, s�impara l�italiano. Quelli di Sant�Egidio non fanno tante domande. I poveri hanno paura, ma ti guardano negli occhi. Uno ha girato l�Europa, Francia, Germania, Spagna, Regno Unito. Dice che da nessuna parte � come in Italia. Usa una parola che sfonda il cuore: schiavi. E dice: �Se uno di noi muore per strada, la gente passa e se ne va�.
Da sotto un ponte dietro la metropolitana escono persone contraffatte dagli stenti. Non si fidano. La povert� rende sospettosi. Ti guardano in silenzio e mostrano con la mano la "casa" come fosse una trepida domanda d�aiuto.
Su questi prati, in altri tempi, quando non c�era la metropolitana, quando le strade erano tratturi di polvere e fango, Pasolini ha girato Accattone, l�epopea tragica del Madrione, del Pigneto, borgate che per� erano luoghi e sono diventate simbolo di impegno e a volte di riscatto. Adesso qui non c�� pi� nemmeno una traccia di quei poveri. Qui adesso la vergogna ti annienta.
Alberto Bobbio
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