Comunità di S.Egidio


 

Gioia

25/11/2006


QUARTIERI A RISCHIO O FESTE DI BENEFICENZA? NON IMPORTA, PERCHE' AIUTARE E' SEMPRE UN'AVVENTURA. ENTUSIASMANTE

 

Come molte "periferie modello" progettate negli anni '70, il quartiere Laurentino 38, all'estremo sud di Roma, � un posto difficile. Circa 26mila persone, ex baraccati, immigrati, ma anche piccola e piccolissima borghesia, si spartiscono una foresta di palazzoni situati ai due lati della via Laurentina, una grande arteria di traffico sopra la quale, all'epoca, furono costruiti undici ponti. Oltre all'ovvia funzione di collegamento, i ponti avrebbero dovuto avere quella di ospitare negozi e servizi, ma non � andata cos�. Dall'epoca dei primi insediamenti, i ponti sono infatti saliti alle cronache soprattutto per l'abbandono, il degrado, le occupazioni abusive, le rivolte popolari per ottenere l'allacciamento alla rete elettrica e le eterne discussioni in Comune sull'opportunit� di abbatterne qualcuno. Su un ponte del Laurentino 38 c'� una sede della Comunit� di Sant'Egidio dove Evelina Martelli, 31 anni, romana, va due pomeriggi la settimana con altri volontari a passare un po' di tempo con i bambini del quartiere. �Ho cominciato a quindici anni, con gli amici della comunit�, spiega. �All'inizio mi sentivo una specie di sorella maggiore, con gli anni mi sono accorta di avere cominciato a pensare un po' da mamma�. Ci si sposta da Roma in macchina, tre quarti d'ora o pi� di viaggio, e per le tre e mezza del pomeriggio si arriva in sede, sul ponte. �Prepariamo la merenda, i quaderni, il materiale delle attivit� e poi andiamo a prendere i bambini a scuola. Sono una trentina, si fa merenda e intanto si chiacchiera. Poi si fanno i compiti e soprattutto si fa "scuola di pace". Significa coltivare l'amicizia all'interno del gruppo, certo, ma anche insegnare la solidariet� con chi � in difficolt� pi� di loro. Raccogliamo fondi per l'Africa e parliamo di come vivono i bambini nel mondo e del perch� i loro diritti non sono rispettati. L'ultima volta abbiamo raccontato che il governo dell'Uganda ha firmato il cessate il fuoco con i ribelli del nord�. Cosa capiscono? �Moltissimo. I bambini desiderano occuparsi di cose serie, affrontano i problemi degli altri con grande dignit�. Abbiamo visto ragazzini che parlavano a stento l'italiano andare nelle loro classi a promuovere una raccolta fondi che doveva finanziare l'iscrizione dei bambini africani all'anagrafe. Non hanno paura. E hanno imparato che aiutare gli altri rende pi� felici�. Quindici anni di scuola di pace hanno migliorato la situazione dei ragazzi nel Laurentino? �Ci sono esperienze fonte di grande orgoglio, ragazzi che davvero hanno trovato in noi un modello di crescita diverso da tutti quelli che avevano intorno, per� � difficile misurare i risultati. Ho in mente una ragazza cinese che � venuta alla scuola di pace solo tre volte, perch� al pomeriggio doveva lavorare nel ristorante dei genitori. L'ho rivista anni dopo e mi ha detto che quei tre incontri erano stati l'unico momento della sua vita in cui si era sentita bambina�. Come si immagina Evelina tra dieci anni? In cattedra all'universit� o a fare scuola in qualche missione? �Il mio lavoro mi piace molto, e mi piace che il volontariato sia volontariato e non abbia nulla a che vedere con la vita professionale. E' una forma di sanit� mentale misurarsi sul lavoro con altre persone e altre intelligenze, ma il senso della mia vita non proviene da quello. Domani forse il mio impegno sar� diverso, ma l'amicizia con i poveri � una parte di felicit� alla quale non voglio rinunciare�.

Monica Ceci