Comunità di S.Egidio


 

08/12/2006

LA CITT�
Morire di freddo come Misha

 

Misha veniva da Cracovia. Aveva ventuno anni. L�hanno trovato morto i suoi amici, che, come lui, trovavano ricovero per la notte nei giardinetti del Molosiglio. La sua piccola tenda e qualche coperta non sono bastate a difenderlo dal freddo. R. (un amico che viveva per strada con lui) diceva che Misha era cresciuto troppo in fretta e, per la strada, aveva gi� conosciuto tutto. Negli ultimi tempi parlava della morte e diceva che voleva essere seppellito con i nonni che l�avevano cresciuto in Polonia. Chiedeva libri da leggere. Aveva sempre fame: "Devo crescere", diceva - un po� scherzando e un po� sul serio � a chi gli offriva qualcosa.

Il freddo � il grande nemico di chi vive per strada, di chi non ha casa, di chi vive nelle pieghe nascoste di una grande citt� come questa. Il freddo uccide facilmente, uomini e donne indeboliti, sfibrati da una vita stentata. � come il colpo di grazia su vite rese fragili dal male di vivere, da vicende umane tristi o strane, ma � soprattutto � dall'assenza di solidariet�. I disperati che si rifugiavano in quel giardino, l�anno scorso, volevano mandarli via. Sembrava finalmente una scelta decisa contro il "degrado". Senza pensare che il vero degrado � lasciar vivere cos�, � che ci sia qualcuno ridotto a vivere cos�, avvolto nei cartoni e nel cellophane.

C�� qualcuno che dice che non � gente avvicinabile o che le loro non sono vite riformabili. Diciamo allora che il vero degrado � che non si riesca a colmare tanta distanza.

Ma questo sarebbe un altro discorso. Per tornare a Misha, lo scorso inverno, insieme a lui, sono morte di freddo e di stenti - per strada o raccolte morenti per strada - almeno altre nove persone. A loro va aggiunto il piccolo Christian, nato nella notte di Natale e morto qualche giorno dopo alla stazione di Torre del Greco, tra le braccia della giovanissima madre rumena: erano senza casa anche loro.

Le necessit� di chi vive per strada sono tante, prima fra tutte proteggersi dal freddo e dalla fame. Soccorrere chi non trova riparo per la notte pu� evitare che muoia di stenti. Le poche strutture di accoglienza di Napoli e della provincia sono spesso affollatissime. La presenza di volontari nelle strade, nelle stazioni, in quelle pieghe pi� o meno nascoste di cui parlavo, sembra essere l�unica risorsa per proteggere la vita di chi � senza tetto, raggiungendo anche le persone pi� isolate e meno capaci di difendersi dai rigori della temperatura.

Ogni anno, quando si sgrana il rosario delle morti per strada (morti, che � anche se a tratti quasi quotidiane � "non fanno notizia", come si dice), alla fine si arriva a parlare di emergenza. Ma quando se ne parla siamo gi� nel pieno del dramma. Prima che gli eventuali provvedimenti siano operativi l�inverno comincia a declinare. Al danno si aggiunge, alla fine, anche lo spreco di risorse, di tempo, di lavoro. Faccio allora una modesta proposta: cominciamo a porci il problema, consapevoli che emergenza � sempre per certi nostri concittadini meno fortunati. Nonostante il clima mite che si protrae ben oltre la soglia dell�autunno, si prevede un dicembre molto rigido. Mancano pochi giorni. L�unico provvedimento di cui abbia avuto notizia � la chiusura della Galleria Principe di Napoli, per sacrosanti lavori di restauro, con relativo allontanamento di chi l� trovava rifugio. Si tratta di un piccolo gruppo di persone, strane o disperate quanto si vuole, ma che sono state - se possibile � messe ancor di pi� sulla strada. Lo accennavo prima: non � vero che vivere per strada sia una scelta e che chi vive cos� abbia perso il desiderio di avere una vita normale, ma la grande quantit� di problemi da affrontare e l�assenza di sostegno provocano una rassegnata disperazione che viene spesso scambiata per rifiuto. Questo ultimo allontanamento � un altro schiaffo, un altro rifiuto, a chi gi� ne ha ricevuti molti. Quanto resta da dire � questione di buonsenso: allontanare queste persone ora da questo ora da quel luogo (anche con il doveroso restyling della stazione centrale mi pare si arriver� a fare scelte analoghe, riempiendo le altre stazioni o altri angoli degradati della citt� di povera gente esasperata) allontanare queste persone � dicevo - non fa che spostare (letteralmente) il problema, aggravandolo sempre pi�.

Appare dunque urgente prendere iniziative concrete (e realizzabili con poche risorse e poca spesa) per evitare la vergogna di queste morti annunciate: tenere aperti luoghi di ricovero riscaldati - e nei quali poter ricevere bevande calde, vestiti, coperte - edifici pubblici, stazioni ferroviarie e marittime, terminal di mezzi di trasporto, eccetera; attivare, sull�esempio di quanto organizzato in altre citt� italiane, bus riscaldati che facciano la spola tra i luoghi di maggior concentramento dei senza dimora, dove si possa trascorrere la notte, ricevere bevande calde e coperte, assistiti da operatori sociali; organizzare e/o sostenere (magari con l�aiuto di chi gi� lavora volontariamente in questo campo come la Caritas o Sant�Egidio, gruppi parrocchiali o semplici cittadini che considerano che avere la possibilit� di dormire al coperto, lavarsi, coprirsi, nutrirsi, sia un diritto di tutti). Molte di queste iniziative di solidariet� sono raccolte nella guida ai servizi per i senza dimora "Dove mangiare, dormire, lavarsi" curata dalla Comunit� di Sant�Egidio. Non mancano le risorse: � possibile da subito mobilitare la Protezione Civile per allestire luoghi di ricovero nelle zone nelle quali si segnala la presenza di senza dimora (Fuorigrotta-Bagnoli, il centro storico, la zona della stazione centrale con piazza Garibaldi, certe zone del lungomare, eccetera) di fronte al rischio, che in assenza di interventi immediati � una certezza, di vedere persone morire nei prossimi mesi di freddo e di stenti.

La tenda di Misha � rimasta l�, sul prato dove viveva (e dove � morto): i suoi amici hanno voluto lasciarla cos�, chiusa con davanti un bel mazzo di fiori. Finch� non hanno mandato via tutti. Voleva crescere, Misha, voleva leggere, ma non ne ha avuto il tempo. Gli anni che gli sono stati tolti dalla vita sulla strada sono un debito per tutti noi. Verso di lui e verso tanti altri. In fondo � ed � ci� che pi� fa vergogna � ci vorrebbe poco, solo le briciole di un bilancio o un uso pi� avveduto delle risorse, per evitare che drammi come questo si ripetano. �Non � cos� difficile finire per strada. Ci si scivola piano piano�, ha scritto Mario Marazziti nel suo "La citt� di tutti" (edizioni Leonardo International). �Basta una malattia in pi�, un matrimonio che salta, il lavoro che finisce, un alto o un basso della vita e del comportamento. Poi � difficile, senza aiuto, uscirne�. Occorre costruire alternative alla strada, ma intanto, questo inverno, prepariamoci per tempo. Sar� un segno di una inversione di tendenza. � anche questo un modo di rendere migliore questa citt�.

* l�autore � responsabile della Comunit� di Sant�Egidio a Napoli

Gino Battaglia