Comunità di S.Egidio


 

14/01/2007

Il discorso di Benedetto XVI al Corpo Diplomatico
La pace � il vero realismo

 

Il discorso di Benedetto XVI al corpo diplomatico rivela, ancora una volta, come lo sguardo del Papa e della Chiesa sia attento alle situazioni di tensione e di dolore del mondo contemporaneo. Il discorso non � un'occasione formale, come ha detto lo stesso Papa, ma l'espressione ferma dell'attenzione della Chiesa, insomma di uno sguardo globale a tutti i mondi, anche quelli che sembrano pi� remoti e meno rilevanti. Non sono n� remoti n� irrilevanti per la Chiesa. L� si pu� trovare una comunit� cattolica che porta la situazione di dolore, in cui vive, nel cuore della vasta comunione della Chiesa. E poi un uomo o una donna che soffrono, a qualunque religione appartengano, coinvolgono la Chiesa. Il Papa ha specificato che il rispetto della persona umana � decisivo per realizzare la pace. Ed ha aggiunto: "solo costruendo la pace si pongono le basi per un autentico umanesimo integrale".

La Chiesa di Benedetto XVI non ha rinunciato alla speranza di una pace solida e diffusa in tutte le terre. Infatti la pace non � stata un'utopia gridata per il cattolicesimo del Novecento. Le utopie di un mondo migliore sono state proclamate con forza messianica nella storia, ma poi si sono infrante nell'impatto con la realt�, generando paradossalmente rassegnazione al male. Spesso l'azione politica � pericolosamente ondeggiata tra utopismo e rassegnazione. Alla fine � prevalsa la rassegnazione. Sono rimasti aperti drammatici problemi, che sembrano insolubili, come i conflitti mai sanati, la fame, la mancanza di acqua per milioni di esseri umani. La pace non � stata un'utopia per la Chiesa del Novecento, ma una speranza ferma e costante, mai perduta anche nei momenti pi� bui. Bisogna essere grati a tutti i Papi del Novecento, che sono stati chiari testimoni di pace, richiamando popoli e governanti alla ragionevolezza della pace anche di fronte alle ubriacature bellicistiche o idolatriche della violenza. Questo discorso di Benedetto XVI � impregnato di speranza, ma anche contrassegnato da un forte senso della realt�. Non si manca di analizzare le tante situazioni di conflitto ancora aperte, per dire che non si � rinunciato a sperare nella pace.

La grande esperienza della Chiesa nel Novecento l'ha ancora di pi� convinta che guerre, rivoluzioni, violenze, rendono il mondo peggiore di come lo hanno trovato. La guerra e la violenza non sono levatrici di un mondo nuovo, ma l'espressione del mondo vecchio che continua. L'esperienza cristiana di umanit� � riproposta nelle parole del Papa a un mondo che sta considerando, con troppa leggerezza e rassegnazione, la guerra come una compagna abituale della vicenda umana. Insomma come una malattia necessaria o, ancor peggio, come un mezzo a cui ricorrere per cambiare le situazioni.

Si pu� trovare nel discorso al corpo diplomatico la conferma di un metodo di pace che la Santa Sede propone da tempo. Il Papa parla del Libano, ma il suo discorso � pi� generale: "La Santa Sede non smetter� di ripetere che le soluzioni militari non conducono a nulla, come si � potuto vedere in Libano nell'estate scorsa". Ed aggiunge: "Per porre termine alla crisi e alle sofferenze che essa causa nelle popolazioni, bisogna procedere attraverso un approccio globale, che non escluda nessuno dalla ricerca di una soluzione negoziata e che tenga conto delle aspirazioni e degli interessi legittimi dei diversi popoli coinvolti...". La guerra � una sconfitta per tutti e produce, anche per i vincenti, una situazione insostenibile. Lo si vede con chiarezza in Medio Oriente che, da pi� di mezzo secolo, non ha pace. Ma lo stesso vale per le situazioni di guerra civile e di terrorismo (il Papa non ha dimenticato quelle aperte in Europa). Bisogna negoziare per la pace: questa � la grande lezione della Chiesa, che viene dalla sua esperienza storica e dalla sua conoscenza dell'uomo. Con forza Benedetto XVI ha affermato: "Constatiamo in primo luogo che la pace � spesso fragile e anche derisa".

La comunit� internazionale non pu� abituarsi alla fragilit� della pace o alla sua derisione. Il caso dell'Africa � esemplare. Per ben due volte, nel suo discorso, Benedetto XVI ha esortato a non dimenticare l'Africa. Del resto siamo alle soglie della celebrazione dei cinquant'anni dei Trattati di Roma e si pu� constatare come l'idea fondatrice dell'Unione Europea avesse una robusta apertura all'Africa, che si � persa negli anni e nella introversione europea. "Non possiamo dimenticare il continente africano" - ha ripetuto il Papa. Ed ha aggiunto con decisione: "Invito tutti ad agire con determinazione: non possiamo accettare che tanti innocenti continuino a soffrire e morire". Anche nel caso africano Benedetto XVI ha invitato al dialogo: "Occorre ricordare che solo i negoziati tra i diversi protagonisti possono aprire la strada ad una giusta composizione dei conflitti e fare intravedere dei progressi verso il consolidamento della pace".

Nel quadro internazionale non ci sono solo segnali negativi. La visione del Papa non � dominata dal pessimismo che tante volte appare autorizzato da crisi senza fine e dallo scialo di vite umane prodotto dai conflitti e dalla miseria. Appare chiaro che la Chiesa � convinta che ci siano le energie umane per un ragionevole progresso verso la pace e una vita migliore. Segnali positivi sono riscontrati dal Papa in Africa stessa, ma anche in America Latina e in Asia. Anche se, per esempio, Benedetto XVI deve notare come pure in Africa, dove forte � la cultura della vita, si sta tentando di banalizzare surrettiziamente l'aborto con il cosiddetto Piano di Maputo e con il protocollo d'azione dei ministeri della sanit� dell'Unione Africana. Infatti calpestare la vita umana, specie laddove � pi� fragile o allo stato nascente (ed � estremamente facile), non costruisce una societ� giusta e in pace, anzi semina violenza. Tante nostre societ�, quelle povere e quelle opulente, sono malate di violenza.

Il Papa ha una speranza di pace grande, profonda ed estesa a tutti. � un sogno? La pace, per chi ha memoria storica, � il vero realismo. Le utopie guerriere e violente conducono interi paesi e, talvolta, l'umanit�, sul precipizio. Per questo Benedetto XVI non solo suggerisce di cercare la pace attraverso il negoziato, ma di promuovere un dialogo costante tra i diversi protagonisti del nostro tempo, che non sono solo gli Stati. Egli dice: "Vorrei citare in primo luogo la presa di coscienza crescente dell'importanza del dialogo tra le culture e tra le religioni. Si tratta di una necessit� vitale, in particolare a motivo delle sfide comuni riguardanti la famiglia e la societ�". Insomma, ogni giorno, come tessitori instancabili della convivenza umana, bisogna costruire "le basi comuni per vivere nella concordia". Non siamo all'inizio: tanto � stato fatto ed � da consolidare. Ma c'� purtroppo anche tanto male da rimuovere. La Chiesa, come si legge nelle parole del Papa, si dispone a farlo e si offre per collaborare in questa prospettiva: "S�, - conclude Benedetto XVI - l'avvenire potr� essere sereno se lavoriamo insieme per l'uomo".

Andrea Riccardi