Comunità di S.Egidio


 

20/03/2007


Senza casa, soli e disperati
Nel �92 i clochard erano trenta. Ora sono pi� di quattrocento La Comunit� di Sant�Egidio offre ascolto e assistenza

 

Se li senti raccontare la loro vita, ne parlano come di un mondo prima di un temporale. Avevano moglie e figli, un lavoro e degli amici, una casa. Poi qualcosa � cambiato, si � alzato il vento che li ha trascinati in giro per il mondo come schegge di invisibile miseria e infine posati in qualche stazione di una grande citt�. E l�, in mezzo al frenetico via vai della gente, elemosinano l�esistenza. Sono tanti, come una piccola citt� parallela alla Firenze da cartolina che tutti conosciamo: cos� l�ha definita Silvia Morsan, che ieri pomeriggio, in un convegno promosso dalla Comunit� di Sant�Egidio, ha presentato i dati, giudicati allarmanti per una realt� come quella fiorentina, dei senza fissa dimora. Nel 1992 non arrivavano a trenta e vivevano in centro, oggi superano i 400. Molti sono giovani e stranieri: africani, albanesi, polacchi, rumeni. E italiani ovviamente. Vivono per strada, e per strada muoiono, dimenticati e soli. Muoiono per lo pi� di freddo e di malattie, rese inguaribili dagli stenti. Le associazioni danno loro cibo e coperte, ma non sempre basta ad evitare quelle morti che due anni fa furono 9, l�anno scorso 5. E anche quest�anno ci sono state altre vittime, tre: Angelo, trovato esanime sotto un ponte nella zona di Ponte a Greve, e una coppia, Maria e Francesco. Per comprendere meglio la vita di chi vive per strada Silvia insieme ad altre trenta persone della comunit� di Sant�Egidio hanno deciso di seguirli passo dopo passo. Si � scoperto che di notte si dirigono nell�estrema periferia della citt�, le Piagge, l�Osmannoro e oltre. In centro si accampano sotto i ponti, nei sottopassaggi e nelle stazioni; gli altri solcano i campi e si rifugiano in tubi di cemento, vecchi stabili, fabbriche abbandonate. Una lontananza, non solo fisica, dalle istituzioni e dalla vita civile. Viene dalla comunit� di Sant�Egidio, che in questi mesi ha diffuso la guida sui servizi di assistenza e accoglienza, l�invito �a una presa di coscienza contro l�isolamento che uccide�. Perch� � soprattutto di solitudine che muoiono: come accadde, tempo fa, a due polacchi, Tadeusch e Danuta. Vivevano in un vagone a Campo Marte. Dopo la scomparsa di Danuta, per il freddo, Tadeusch fu ritrovato in un carrello di un cantiere edile abbracciato allo zaino di lei. Si amavano. Ora riposano insieme nel cimitero di Trespiano. Se davvero esiste il Paradiso, � l� che adesso vivono.

Maurizio Costanzo