Comunità di S.Egidio


 

02/04/2007

Due anni senza Woityla
UN ROMANO CHE CI MANCA

 

Quando � arrivato a Roma, l�ultima volta da cardinale nel 1978, quando prima del conclave era andato a pregare al santuario della Mentorella e poi si era fermato a valle a mangiare un piatto di pasta all�amatriciana, Karol Wojtyla era polacco. Un polacco speciale, colto, poliglotta, cosmopolita, ma che pi� polacco non avrebbe potuto essere. Un�intera biografia, attraverso nazismo, guerra, socialismo reale, ne facevano un uomo speciale, �venuto da un paese lontano�, capace di respirare con tutti e due i polmoni dell�Europa e di vedere in anticipo come il mondo poteva essere senza muri. Un cardinale curioso e ironico con un grande amore per Roma come solo certi stranieri colti sanno avere.

Due anni fa con Giovanni Paolo II moriva un grande romano. Lo faceva davanti al mondo, che si era dato appuntamento nelle tv planetarie e a Roma: il contrario della Torre di Babele, tante lingue diverse ma un sentimento comune. Il desiderio di restituire un po�della paternit�, dell�attenzione personale ricevuta in un pontificato lungo una vita. Anche a costo di faticare, non dormire, stare in fila.

Forse, non c�� romano, italiano, che non abbia un ricordo personale di lui: perch� era sempre �personale�. Le sue carezze, i suoi discorsi, i suoi ammiccamenti, non erano mai come le strette di mano dei politici con il sorriso pronto per la foto, facce tutte uguali per le cornici da mettere nello studio o sul tavolo in salotto.

Tra mille immagini, forse due, pi� di altre. Il suo crocifisso astile avvolto dalle mani del papa. Da giovane come ad aprire la storia e la vita davanti a s�. Da vecchio aggrappato a lui come a un bastone, man mano che le forze diminuivano, con il volto reclinato: nelle Vie Crucis, nelle cento e cento visite alle parrocchie, nelle immagini televisive dove appariva come �uno di casa�, quando ci preoccupavamo della sua salute come di quella di uno di famiglia. E l�altra immagine dalla sua finestra, il 30 marzo. Quando dalla bocca non uscivano parole e lo sforzo ne cambiava i lineamenti, e l�affanno arrivava come un abbraccio doloroso a tutti: il contrario del �potere del Papa�, la debolezza diventata abbraccio e congedo universale, da ciascuno di noi, credenti, non credenti, credenti a modo proprio.

Oggi si conclude la causa diocesana per il processo di beatificazione e canonizzazione. Il culto, se accolto da papa Benedetto, potrebbe diventare subito universale. Lo avevano chiesto anche i cardinali entrati in conclave e tanti, al funerale.

Quel romano speciale, ci manca. La sua bonomia, la sua ironia, la sua forza, la sua voce. La sua preghiera forte, coraggiosa, dolorosa, mai disperata. La sua intransigenza capace, non si sa come, di non fare sentire nessuno escluso.

Per questo, quel romano con l�accento polacco ci manca come un parente. Qualcuno ci discuteva, qualcun altro ascoltava poco, come si fa con i genitori, come accade a Natale, con i familiari che non si vedono da un po�.

Molti, intanto, non hanno aspettato il processo canonico per cercare, con lui, di essere persone migliori. Ciao, Papa!

Mario Marazziti