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08/04/2007 |
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Nello spirito di Assisi |
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Tutto nasce quando, all'indomani dell'incontro di Assisi promosso da Giovanni Paolo nell'86, la Comunit� di S. Egidio d� vita all' Associazione internazionale Uomini e religioni. Parte da l� un cammino che si � dipanato nel corso di questi decenni. Ricordo che vi furono incontri di Uomini e religioni anche a Napoli, a S. Lorenzo Maggiore. "Coraggio e audacia". Queste alcune delle parole di Giovanni Paolo II nell'Incontro di Palermo del 2002. Aggiungerei anche la tenacia. Ma fin qui saremmo su un piano puramente umano. A tutto dovremmo premettere lo spirito di fede e il radicamento spirituale che hanno dato il senso vero di quello che si � realizzato. In ogni caso, ecco le parole del Papa: �Ringrazio la Comunit� di S. Egidio per il coraggio e l'audacia con cui ha ripreso lo spirito di Assisi che di anno in anno ha fatto sentire la sua forza in diverse citt� del mondo�. In questi decenni gli Incontri di Pace hanno percorso le vie del mondo: 3 volte a Roma (1987,1988 e 1996); ad Assisi (1994); a Milano (1993); a Gerusalemme (1995); a Varsavia (1989); a Bucarest (1998). E poi, l'ho gi� citata, Palermo nel 2002, la citt� di Dalla Chiesa e Don Puglisi, di Falcone e Borsellino. E, ancora, nel 1992, Bru�xelles, la citt� che - osserva Andrea Riccardi - vuol dire "pace tra nazioni che si sono combattute" . Ci sono anche dei prece�denti. Si pensi a La Pira: i Convegni internazionali per la pace e la civilt� cristiana (1952-1956), il Convegno dei sindaci delle pi� importanti capitali del mondo (1955), i Colloqui del Mediterraneo (1958-1965). A sua volta, non � che l'iniziativa dell'87 abbia, all'inizio, avuto grandi accoglienze. Quell' anno furono due i Vescovi presenti: il Cardo Martini di Milano e Mons. Rossano, ausiliare di Roma. Ma, racconta Jean-Dominique Durand nel suo Lo spirito di Assisi, il Papa ebbe un ruolo determinante: �Rossano scrisse a Mons. Jean Jadot: abbiamo celebrato il primo anniversario di Assisi, ci � stato detto da Stanislao che dobbiamo continuare e questa � la volont� del Papa�. (Mons. Jadot era un Vescovo belga gi� Pro-Presidente del Segretariato per i non cristiani). Giungo ai nostri giorni e cito per tutti Benedetto XVI, il suo messaggio per la Giornata Mondiale della pace e, poi, l'omelia del lo gennaio che ha alcuni punti fermi. II primo: �Rispettando la persona si promuove la pace, e costruendo la pace si pongono le premesse per un autentico umanesimo integrale�. Dunque non avrebbe senso parlare di dignit� della persona se non promuovendo un' autentica cultura di pace. II secondo: �E' un impegno questo che compete in modo peculiare al cristiano, chiamato ad essere infaticabile operatore di pace e strenuo difensore della dignit� della persona umana e dei suoi inalienabili di diritti�. II terzo: �Proprio perch� creato ad immagine e somiglianza di Dio, ogni individuo umano, senza distinzione di razza, cultura e religione, � rivestito della medesima dignit� di persona. Per questo va rispettato, n� alcuna ragione pu� mai giustificare che si disponga di lui a piacimento, quasi fosse un oggetto�. II Papa denuncia anche il fenomeno delle guerre nascoste, quelle di cui non si parIa: �Di fronte al permanere di conflitti armati, spesso dimenticati dalla vasta opinione pubblica, e al pericolo del terrorismo, diventa pi� che mai necessario operare insieme per la pace�. E conclude con quelli che, in definitiva, sono i due motivi ispiratori di questi Incontri Mondiali per la pace. La pace, infatti, �� insieme un dono e un compito: dono da invocare con la preghiera (perci� un incontro di preghiera) e compito da realizzare con coraggio senza mai stancarsi�. Certo, l'invito � oggi quanto mai pressante. Siamo nell'epoca della globalizzazione che favorisce la circolazione di uomini, di idee, di cultura, di beni. Ma che non significa automaticamente un mondo di pace. Quelli che stiamo vivendo sono decenni di una miriade di conflitti: conflitti a base etnica, economica o altra. Questi conflitti si incrociano con la povert� perch� ne sono causa o conseguenza o entrambe le cose al tempo stesso. Strettamente connessi, i fenomeni del crimine e della schiavit�: �un business che vale 32 miliardi di dollari, alle mafie pi� soldi che da droga e armi�(da Avvenire). In queste condizioni fuggono le risorse qualificate, i giovani laureati. In pi�, una delle conseguenze � quella che � stata definita �scuola vietata a 43 milioni di bambini�: in pratica, i fondi della comunit� internazionale non bastano per il ripristino di un sistema di istruzione devastato dalle guerre. Di fronte a questa situazione un rischio � quell'atteggiamento mentale che porta ad una convinzione: �il dialogo � un 'ingenuit� pericolosa�. Condivido il pensiero di Andrea Riccardi: il pessimismo �diventa un modo di pensare, contrabbandato come realismo e genera rassegnazione e impotenza�. Gi� nel 1953 Igino Giordani scriveva che �la guerra � un omicidio in grande, rivestito di una specie di culto sacro, come lo era il sacrificio dei primogeniti al dio Baal�. Queste parole hanno il pregio della chiarezza: un pregio importante in un momento storico ammantato di ipocrisia in cui il genocidio si chiama pulizia etnica, la carneficina diventa intervento chirurgico, mentre per la distruzione di interi quartieri bisogna ringraziare le bombe intelligenti. Non parlo, poi, delle "armi leggere" (639 milioni in circolazione, una ogni 10 abitanti del pianeta). Non si tratta di un fatto lessicale: � un problema culturale e politico che crea una mentalit�. Si crea una sorta di dimestichezza con la guerra che viene, cos�, vissuta in due modi diversi ma analoghi. Chi sta dentro le situazioni la vive come una condizione normale di esistenza ed un modo quasi obbligato di far valere le proprie ragioni. Chi, invece, in altre parti del mondo, ne � solo spettatore la vive silenziosamente, come un evento ineluttabile che, in definitiva, ci sfiora appena. Ma non � il silenzio quello che il Vangelo chiede al cristiano.
Mario Di Costanzo
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