Comunità di S.Egidio


 

14/04/2007


CHINATOWN, CALMA APPARENTE. PECHINO: �SERVE EQUILIBRIO�

 

MILANO - Ci sono un italiano, uno slavo e un marocchino che alle sei del pomeriggio litigano furiosamente in un bar. Niente di drammatico, sembra l�inizio di una barzelletta. Solo che la rissa avviene nel cuore di Chinatown il giorno dopo la rivolta cinese. E allora: vigili urbani in moto che bloccano due vie, altri che appesantiti da qualche chiletto di troppo rincorrono non si sa chi, gazzelle dei carabinieri che spuntano dal nulla, grande trambusto, frenetico accorrere di gente, e domande preoccupate dei residenti: �Ci risiamo?�.

Ma no, oggi � un giorno bellissimo a Chinatown. E a parte l�inseguimento serale ai tre litigiosi, frotte di vigili urbani conciati alla Starsky e Hutch sorridono alle signore cinesi in transito sui marciapiedi, i ragazzi orientali portano i loro ciclopici scatoloni in spalla perch� �col carrellino non si pu�. Non si vede un solo furgone parcheggiato in seconda fila, e i blocchetti delle multe rimangono nei taschini. Il mondo perfetto.

Poi per� ci sono le parole a far capire che dietro questa vetrina della concordia addobbata dal Comune e dai cinesi per far sbollire la tensione del �gioved� caldo� c�� un gran trambusto difficile da sedare. La politica infarcisce le sue dichiarazioni di ultimatum, destra e sinistra si rimpallano colpe e responsabilit�, Gasparri chiede �retate a tutto spiano�, Veltroni interviene per dire che �se le cose accadono a Roma la colpa � del sindaco, se accadono a Milano la colpa � del Governo: strano no?�. Da Pechino fa sentire la sua voce il Ministero degli Esteri cinese, che chiede �equilibrio� nella ricerca di una soluzione. Dai palazzi dei servizi segreti giungono i consueti allarmi per la �connotazione banditesca e gangsteristica di alcuni gruppi orientali presenti nelle citt� del centro nord�.

Ci sono anche, per�, le parole pacate che al pomeriggio si scambiano una ventina di italiani e altrettanti cinesi radunati dalla comunit� di Sant�Egidio in una sala parrocchiale di Chinatown. I ragazzi orientali spiegano i propri problemi, le mamme italiane raccontano i loro. Senza urla, senza invettive, cercando di trovare qualcosa che sia meglio per tutti. Questa riunione un po� clandestina non � solo un �quadretto edificante� allestito da qualche volonteroso: � anche la dimostrazione che i contrasti di questo quartiere non discendono da qualche multa di troppo dei �ghisa� o da qualche invadenza di troppo dei commercianti cinesi. C�� anche - forse soprattutto - questa cronica incapacit� a vincere la paura: quella degli italiani che guardano agli stranieri come al nemico invadente, e quella degli stranieri che si sentono vittime e che oggi sulle vetrine hanno incollato dei cartelli gialli: �Integrazione, non discriminazione�. E di paura in paura, col tempo si � alzata questa grande muraglia che ora qualcuno pensa di abbattere a colpi di contravvenzioni.

Via Paolo Sarpi � l�arteria principale di Chinatown. Ci sono 85 botteghe gestite da italiani e 81 da cinesi. Wang Ming Ping da trent�anni vende cineserie da arredamento, compresi vetusti oggetti dedicati a Mao Tze Tung a disposizione di rari italiani guardati sempre con sorpresa da Wang. Che racconta di un quartiere che si � trasformato in dieci anni: �Prima noi cinesi di vecchia generazione stavamo per conto nostro. Il nostro motto era �mangiare amaro�, che significa lavorare, faticare, e tacere. Ora sono arrivati i giovani dalle campagne del Wencheng. Vogliono integrarsi in fretta, vivere all�occidentale, corrono, corrono, corrono per guadagnare...e correndo qualche volta pensano di non dover rispettare le leggi�.

Yo � una signora sui quarant�anni, commessa in un negozio di accessori da abbigliamento. Oggi fa da cicerone ai giornalisti, li accompagna in questa lunga marcia da una bottega all�altra per far raccontare la stessa cosa: �Se i vigili dessero le multe a tutti, non ci sarebbe protesta. Ma per tanto tempo non hanno detto niente, poi hanno cominciato ad accanirsi solo su di noi, le nostre auto, i nostri furgoni, i nostri carrelli portamerce. Non � discriminazione, questa?�. Fuori dal bar che espone un giornale in lingua cinese (seimila copie al giorno stampate in un cortile della via) c�� un furgone parcheggiato. Un filippino scarica scatoloni, li ammonticchia su un carrello, entra in un portone. Wen Fu, venditore di jeans a prezzi stracciati, osserva e ironizza: �Fa le consegne per conto di un supermercato italiano. E anche se il furgone � giallo, a lui la multa non la faranno mai�.

Franco Mantellato, gioielliere da vent�anni in via Sarpi, � uno di quelli che alla protesta dei cinesi d� appoggio: �Non ho mai avuto nessun problema con loro. Se cercate delinquenti non andate da questi ragazzi. Se cercate invece di chi � la colpa, andate da quelli che per tanti anni hanno fatto in modo che si creasse questa situazione di isolamento girando la testa dall�altra parte�. E lo dice come chi pensa che ormai rimettere a posto le cose sia forse impossibile. E� troppo tardi.

Renato Pezzini