Comunità di S.Egidio


 

17/04/2007


�La vera priorit�? Promuovere la famiglia�

 

Il 12 maggio a Roma per ribadire un s� alla famiglia, luogo dell'etica della responsabilit� in forte crisi nel'occidente. L'attivit� della Comunit� di Sant'Egidio spazia da mollti anni oltre gli orizzonti italiani. E il dibattito sulla famiglia che si � aperto nel nostro Paese visto da chi lavora su diversi fronti nelle periferie d'Italia, come in quelle d'Africa o dall'orizzonte lationoamericano assume un'altra prospettiva.

A Mario Marazziti, portavoce della Comunit� nata nel 1968 nella parrocchia romana di Sant'Egidio, preme ad esempio parlare, oltre che della manifestazione di Roma, della continua accusa di ingerenza fatta alla Chiesa.

�A mio avviso quelle della Chiesa sono sane e normali preoccupazioni per l'assenza di reali politiche di sostegno alla famiglia in Italia. Si tratta di un'onda lunga che risale al ventesimo secolo, oggi acuita dalla crisi dell'istituto famigliare nel nostro Paese e in tutto l'Occidente. La manifestazione del 12 maggio e il manifesto "Pi� famiglia" cui abbiamo aderito vanno in questa direzione. Ci sono poi le preoccupazioni di molti ambienti, cattolici e non solo, per forme di riconoscimento - come i Dico - che si teme possano diventare il varco di una delegittimazione culturale e pratica della famiglia. Non vedo perch� non se ne possa discutere e non si possa manifestare�.

Perch� solo quando la Chiesa si pronuncia su temi eticamente sensibili viene accusata di ingerenza? Non si usano due pesi e due misure?

Lo credo anch'io. Perch� ad esempio l'appello di Giovanni Paolo II per l'indulto non � stato considerato un'ingerenza negli affari italiani? Ho due ipotesi per tentare una risposta. Mi chiedo per prima cosa se non sia cambiata l'opinione pubblica, che sentiva Giovanni Paolo come padre dell'unit� nazionale e non si stupiva se interveniva da Loreto o in altri modi per invitare il Paese a prendere posizione. La seconda ipotesi � che la reazione sia legata alla forza di gruppi toccati dal tema specifico, in questo momento chi non crede nella famiglia fondata sul matrimonio. I carcerati non avevano potere di pressione e quindi non c'� stata nessuna reazione, mentre in questo caso ci sono gruppi culturalmente pi� forti nella rivendicazione dei diritti. Da tempo l'agenda culturale del Paese mi pare sia impostata su questioni importanti, ma non centrali, rappresentate da minoranze molto attive.

Si rischia una dittatura delle minoranze nella societ� occidentale, come sostengono alcuni studiosi?

No, mi sembra troppo forte. Mi pare ci sia invece una sproporzione tra le priorit� avvertite dallla maggioranza dei cittadini del Paese o in Europa nella vita quotidiana, come il lavoro la casa, l'insicurezza della vita e del futuro, la paura della vecchiaia. O la domanda rispetto all'immigrazione, della quale abbiamo bisogno eppure non sappiamo come gestirla. Mentre l'agenda culturale effettivamente non risponde a questi temi. Trovo che le classi dirigenti occidentali, quelle italiane nello specifico, non riescano a focalizzare quello che tocca la vita quotidiana, mentre ci sono gruppi organizzati che riescono a far diventare agenda politica istanze importanti, ma non certo decisive. Trovo insomma una sproporzione tra la capacit� di rappresentanza di minoranze forti culturalmente e politicamente e il sentire diffuso.

La crisi della famiglia non coincide con quella pi� ampia dell'etica della responsabilit�?

Culturalmente l'insicurezza sta diventando la malattia del nostro tempo. Assumersi impegni di lungo periodo coincide con la paura che avvolge quasi tutti i comportamenti. Quindi c'� una crisi oggettiva della categoria della responsabilit�. I cristiani sono attesi da un lavoro di lungo periodo per sciogliere l'insicurezza, per educare a un'etica della responsabilit�. Partendo dal discorso dell'assunzione di responsabilit� di una famiglia ed estendendolo a tutte le sfere della vita quotidiana.

Ma la famiglia � ancora un modello positivo per questa societ�?

Certo, � comunque un investimento sul futuro. Il luogo in cui ci si assume la responsabilit� dei propri atti e della vita di altre persone � in qualche misura un luogo di pedagogia, che poi diventa utile a tutti gli altri luoghi della societ�.

Paolo Lambruschi