Anche in Africa I'Aids si pu� tenere sotto controllo. Si possono creare programmi in grado di aiutare i milioni di sieropositivi (pi� di venticinque) a intravedere una vita oltre la malattia, operazione non facile, ma possibile. Lo dimostra il progetto Dream (Drug resource enhancement against aids and malnutrition) realizzato dalla comunit� di Sant'Egidio e attivo dal 2002 in dieci paesi dell'Africa sub-sahariana, quali Angola, Mozambico (� stato il primo), Camerun, Nigeria, Kenya, Tanzania, Malawi, Congo, Repubblica di Guinea e Guinea Bissau.
Nei suoi primi cinque anni Dream ha curato pi� di 32mila persone tra sieropositive e malate di Aids, di queste 1600 bambini, e formato 2500 professionisti africani (medici, infermieri, tecnici di laboratorio e biologi...). In pi� tremila neonati (il 98%) sono venuti al mondo senza Hiv da madre sieropositiva e questo grazie alla terapia antiretrovirale.
Di questo, del futuro dell'intero programma e del ruolo fondamentale delle donne, si � parlato a Roma nei giorni scorsi durante la V Conferenza internazionale "Viva l'Africa viva! Sconfiggere il virus e la malnutrizione�, alla quale hanno partecipato anche il ministro della Salute Livia Turco, il vice ministro agli Esteri Patrizia Sentinelli e Corrado Passera, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, che ha stanziato per Dream circa cinque milioni di euro.
Un lavoro non sempre facile quello d� Sant'Egidio, come hanno sottolineato Maria Cristina Marrazzi e Leonardo Palombi, che seguono in Africa il progetto: �Ci sono carenze di personale, di sistemi di trasporto, di logistica, ma il problema maggiore � una resistenza culturale�. Resistenza che le donne africane impegnate nel progetto stanno cercando di scalfire dimostrando in prima persona che con l'Hiv si pu� anche convivere.
A questo proposito, durante la V conferenza, � stato siglato un accordo tra la comunit� di Sant'Egidio e Siemens per l'implementazione, in Africa, dei laboratori di biologia molecolare per la determinazione del genotipo virale e delle resistenze virali. Oggi le dodici strutture esistenti garantiscono il monitoraggio continuo dei pazienti: � l'unico strumento in grado di capire quando � in atto una resistenza dell'organismo e quindi di modificare la terapia in tempo utile.
Anna Rita Cillis
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