Comunità di S.Egidio


 

15/07/2007

NOMADI
I PROGETTI DI INTEGRAZIONE DELLA COMUNIT� DI SANT�EGIDIO
IL PRIMO PASSO: PORTARE I BAMBINI A SCUOLA

 

�L�assistenza comincia dall�inserimento tra i banchi, altrimenti finiscono in strada a chiedere l�elemosina�.

� un caso, per tutti. In nessuna nazione europea gli zingari godono di protezione, n� di simpatia. Sono una �nazione senza territorio� e non c�� nessuno che ne difende i diritti. Lo dice una Risoluzione del Parlamento europeo dell�anno scorso. Non sono minoranze linguistiche, poich� non hanno una lingua scritta, n� etniche, n� nazionali. L�Italia quando qualche anno fa discusse la legge sulle minoranze linguistiche, approvata nel 1999, cancell� la questione degli zingari in corso di trattazione.

Dei rom non si occupa alcuna disposizione di legge, ma solo le circolari del ministero dell�Interno. E il recente Rapporto del commissario del Consiglio d�Europa per i diritti umani, Alvaro Gil-Robles avvisa che in Italia gli zingari sono largamente discriminati. Ma siamo in buona compagnia. In Germania solo la met� dei bambini rom va a scuola e l�80 per cento finisce in scuole speciali. In Romania il 65 per cento dei rom vive in case senz�acqua corrente; in Ungheria e Slovacchia per il 45 per cento dei rom non sono disponibili servizi sanitari.

Sono 7 milioni in Europa e l�Italia � in fondo alla lista. Secondo Eurostat nel nostro Paese si contano tra 90 mila e 140 mila zingari, lo 0,23% della popolazione italiana nel caso pi� alto della forbice, ma nessuno sa che la met�, cio� 70 mila, sono cittadini italiani e lo sono iure sanguinis dal 1400. Eppure suscitano reazioni spropositate rispetto alla loro consistenza. Spiega il professor Paolo Morozzo della Rocca, docente all�Universit� di Urbino: �C�� un�unica soluzione, che � anche il migliore investimento per la sicurezza di tutti: mandare i bambini zingari a scuola e ammonire e poi denunciare i genitori che non li iscrivono�. Ma i bambini zingari nessuno li vuole: puzzano. La Comunit� di Sant�Egidio da 35 anni a Roma va per i campi nomadi alla mattina, carica i bambini sui pulmini, li lava, li veste di nuovo e li porta a scuola. Dice Paolo Ciani, che per conto della Comunit� coordina tutti i volontari: �Chi non va a scuola va a rubare. Oggi gli zingari di 30 o 35 anni, che finiscono nella cronaca nera quotidiana, sono i bambini che 20 anni fa nessuno si � preoccupato di mandare a scuola. Invece vediamo che se i bambini vanno tra i banchi si arriva a una sorta di frattura generazionale, che cambia in meglio abitudini e vita sociale. A Roma ci sono ragazzi che cominciano a frequentare le superiori e a fare lavori normali: il barista, il cameriere, il meccanico�. Ma le istituzioni dovrebbero dare una mano e invece frenano.

Sul permesso di soggiorno, violando il diritto alla privacy sulla propria identit� etnica, alla voce indirizzo oltre alla via e al numero civico viene scritto �presso campo nomadi�. Ecco la discriminazione, denunciata dall�Europa: chi d� lavoro a uno che abita al campo nomadi? I bambini zingari vengono ignorati dai servizi sociali. L�anno scorso, secondo dati del ministro della Giustizia, solo il 37 per cento dei bambini nomadi � stato coinvolto in un progetto di rieducazione e di reinserimento sociale, contro il 74 per cento degli italiani e il 54 per cento degli stranieri.

Osserva ancora Ciani: �A Roma � stata organizzata una task force contro i mendicanti bambini. Ma non � stato fatto il passo ulteriore: una task force per portarli tutti a scuola�. Cos� resta solo il lavoro dei volontari. Nella capitale ci sono 9 villaggi e camping attrezzati con acqua, luce e moduli abitativi, dove vivono 3.550 rom, per lo pi� provenienti dalla ex Jugoslavia. Poi altri 14 campi semiattrezzati con bagni chimici, acqua e illuminazione pubblica, dove vivono 2.500 persone in roulotte e baracche. Oltre a questi altri 4.000 romeni vivono in baracche costruite in luoghi di fortuna, sull�argine del Tevere e dell�Aniene, nei parchi, nelle campagne appena fuori del raccordo anulare.

I volontari di Sant�Egidio ogni settimana fanno visita nelle carceri romane ai detenuti zingari, perch� spesso la carenza di documenti non permette ai familiari di visitare i propri congiunti detenuti. L�integrazione, soprattutto dei giovani, � la sfida primaria. Da cinque anni funziona un centro di prima accoglienza, dove si pu� chiedere di essere domiciliati. � il primo passo per dimostrare di esistere, anche nei confronti delle istituzioni.

Alberto Bobbio