Comunità di S.Egidio


 

05/08/2007

MONTINI E LA POPULORUM PROGRESSIO
SGUARDO LUNGO SULLA CASA COMUNE DELL'UOMO

 

Quarant'anni fa un Papa fragile e vibrante, Paolo VI, lanci� un messaggio che apparve quasi utopia: �Fare conoscere e avere di pi�, per essere di pi��. Lo fece attraverso l'enciclica Populorum progressio pubblicata nel marzo di quarant'anni fa, in piena guerra fredda e nella stagione effervescente della decolonizzazione. Ricorrono domani ventinove anni dalla morte di quel Papa, ed � giusto ricordare il realismo preveggente del suo sguardo globale. Sin dagli anni di Leone XIII la questione sociale si era imposta come il grande problema interno delle societ� industrializzate. Ma fu Papa Montini a collocarla a livello globale nei rapporti tra Nord e Sud: �I conflitti sociali - scrisse - si sono dilatati sino a raggiungere i confini del mondo�. Per lui non c'erano due o tre mondi ma uno solo, casa comune dell'uomo, da fondare �progressivamente� su basi economiche giuste.

Era la proposta della Chiesa, �esperta di umanit� in modo libero e gratuito. Per questo poteva esprimersi criticamente verso il liberalismo economico praticato in Occidente, l� dove essa godeva di libert�. Ma poteva parlare in modo libero anche di fronte al marxismo, che reggeva sistemi dove la libert� mancava. La tanto vagheggiata rivoluzione, chiave delle ideologie terzomondiali, �� fonte - diceva Paolo VI - di nuove ingiustizie, introduce nuovi squilibri, e provoca nuove rovine�. E ancora: �Non si pu� combattere un male reale a prezzo di un male pi� grande�.

Le sue sagge parole a qualcuno sembrarono deludenti di fronte alla marea emotiva che invitava a sognare un paradiso in terra costruito mediante cambiamenti radicali. Ma si trattava, in realt�, di parole troppo impegnative per chi non aveva alcuna intenzione di avviare politiche nuove su scala mondiale. Quello di Montini era un ragionare realista, impegnato, pieno di speranza nella prospettiva di un mondo migliore possibile. Ed � ancora questa, quarant'anni dopo, la sua forza affascinante, quella di una speranza esperta in umanit�. Il Papa sentiva il dolore di una miseria che urge, scorgeva le false risposte messianiche che si propongono - ancora oggi - in alcune parti del mondo. E argomentava, inquieto: �Toppi uomini soffrono, e aumentala distanza che separa il progresso degli uni e la stagnazione, se non pur la regressione, degli altri�. La via da percorrere era quella della "riforma" : a livello mondiale, economico, nello sviluppo, nella coscienza effettiva dell'interdipendenza globale. Era un problema di tutti, Paesi ricchi e poveri: �Dalla sua soluzione dipende l'avvenire dell'umanit�. Perch� per Paolo VI il futuro era connesso: non esistevano, alla lunga, destini separati.

Papa Montini criticava il colonialismo, con coraggio per quell'epoca, riconoscendone tuttavia alcuni aspetti postivi. Temeva il nuovo nazionalismo, parlava di emigrazione, ricordava il ruolo fondativo della famiglia. Non aveva ricette ideologiche, non certo quelle marxiste, ma - scriveva - �anche la legge del libero scambio non � pi� in grado di reggere da sola le relazioni internazionali�. Si confrontava dialetticamente con la responsabilit� della politica e con le grandi scelte economiche. Ma intravedeva, al di l� delle spereqauazioni economiche, gli insorgenti conflitti i civilt� (s�, proprio quelli di cui si sarebbe parlato negli anni Novanta). �Un dialogo sincero - proponeva - � di fatto creatore di civilt�. Gli aspetti economici si congiungevano alla vita religiosa e alla cultura, serviva una visione nuova della vita dei popoli: �E un umanesimo planetario che occorre promuovere�.

Su questi pensieri si ritorna oggi non solo per il doveroso omaggio a un grande Papa ma perch� appare necessario, tra fragili dibattiti sul futuro, rimeditare il suo preveggente sentire e soprattutto quell'analisi, lapidaria, destinata anni dopo a essere confermata: �Il mondo � malato. Il suo male risiede meno nella dilapidazione delle risorse o nel loro accaparramento da parte di alcuni che nella mancanza di fraternit� tra gli uomini e tra i popoli�.

Andrea Riccardi