Schegge di pace verso il vertice di Annapolis. Diventato adesso la vera speranza forte, se non quasi decisiva: una sorta di ultima spiaggia, di �o la va o la spacca �, almeno a sentirne parlare i diretti interessati. Perch� l� � a novembre o dicembre � verr� probabilmente giocato il futuro del conflitto israelo-palestinese, quindi del Medio Oriente, quindi magari del mondo stesso. E con una preoccupazione sullo sfondo che gi� intanto accomuna tutti quanti (dalla Palestina ad Israele, dal nostro ministero degli Esteri all�Europa e agli Stati Uniti): l�Iran.
La Comunit� di Sant�Egidio ieri � nella seconda giornata del suo meeting �Per un mondo senza violenza� � ha sistemato dietro un tavolo, fianco a fianco, il ministro dell�Interno d�Israele Meir Shitrit, il consigliere del capo dell�Autorit� palestinese Jamal Zakout, il ministro degli Esteri Massimo D�Alema, l�ambasciatore israeliano presso la Santa Sede Obed Ben Hur e Bernard Sabella, cristiano che fa parte del Consiglio legislativo palestinese.
Apre D�Alema. Accuratamente equidistante, ricorda �il legame profondo con il popolo israeliano e con il popolo palestinese�, cita il cardinale Carlo Maria Martini da Betlemme (�Quando ci sar� pace qui, ci sar� pace in tutto il mondo�), giudica �un errore l�occupazione del califfato di Bagdad�, sottolinea questo �nuovo� ruolo dell�Iran, quindi dice chiaro come �il rischio che la guerra israelo-palestinese diventi guerra di religione e si saldi col fondamentalismo venga vissuto sia da Israele, che dalla Palestina che dai Paesi arabi come un pericolo mortale �.
Ecco perch�, oltre al resto, �la conferenza di Annapolis � una grande opportunit� �. Ed ecco perch� � sottolinea il capo della Farnesina � �l�Europa � pronta, come abbiamo gi� fatto in Libano con l�Unifil ad offrire strumenti di sicurezza�. E Marco Impagliazzo, che presiede l�incontro, prima di offrire la parola a Shitrit ribadisce che �occorre uno sforzo non solo politico, ma anche spirituale�.
Il ministro dell�Interno di Tel Aviv si appassiona. Usa parole che lasciano il segno. �Credo che noi e i palestinesi possiamo convivere: abbiamo le stesse radici, lo stesso Padre, Abramo, lo stesso Dio. Siamo, davvero, cugini�. Continua: �Se ci si confronta e si tratta da amici le soluzioni si trovano. Il primo ministro israeliano e il presidente dell�Autorit� palestinese dovrebbero essere pronti a dimettersi se non trovano un accordo �.
E ancora: �Ogni singola madre palestinese e israeliana vuole la pace, dunque il problema � la leadership�. Ma non � un attacco di politica interna, quello di Shitrit. Anzi, lui � convinto che subito, ora, prima di Annapolis, andrebbe messo in piedi un negoziato non soltanto con i palestinesi, ma anche �con gli altri Stati del mondo arabo�. Non dice �possiamo�, ma �dobbiamo arrivare a una pace definitiva. Noi siamo disposti a fare gli sforzi ad esempio sui territori, chiediamo ai palestinesi soltanto di garantirci la pace�. Non la pensa molto diversamente anche Zakout, e forse non � un caso se i due alla fine si stringeranno davvero calorosamente la mano. �Dopo il fallimento di Camp David � spiega il consigliere del capo dell�Autorit� palestinese � negli ultimi sette anni ci siamo trovati in una spirale di violenza che non ha portato a niente e da nessuna parte�. Se si vuole che Annapolis resti nella storia, si dice convinto che �bisogna iniziare un negoziato ora, prima�. Poi, l�, �vogliamo che si dimostri come il mondo � pronto ad aiutare i nostri due popoli�.
Infine Sabella. Quasi propone �una pazzia, Palestina e Israele nell�Unione europea�. Poi sintetizza: �Dobbiamo lavorare insieme per una soluzione politica. Israele deve poter pensare di essere sicura perch� ha vicino degli amici e la Palestina deve voler diventare amica e partner d�Israele. Sembra uno sforzo enorme, difficilissimo, ma non ha alternative�.
Pino Ciociola
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