NEW YORK, 2 nov - Cinque milioni di firme da 154 paesi del mondo: il segno di una ondata di opinione pubblica crescente a favore della moratoria della pena di morte. Le hanno presentate al presidente dell'Assemblea generale, Srgian Kerim, Mario Marazziti, portavoce della Comunita' di Sant'Egidio e Sister Helen Prejan, la religiosa americana di Dead Man Walking, leader negli Stati Uniti delle campagne contro le esecuzioni. Ieri all'Onu la risoluzione per la moratoria, frutto di una iniziativa italiana che ha raccolto altri 71 sponsor, e' stata depositata presto la terza commissione dell'Assemblea Generale. ''Kerim ci ha assicurato che fara' il possibile per smussare gli angoli, non vuole che l'Assemblea si divida su questo punto'', ha detto Marazziti dopo un colloquio di oltre mezz'ora a cui hanno preso parte anche Yvonne Terlingen di Amnesty International e tre rappresentanti dell'associazione Murders' Victims Families for Human Rights, composta da parenti di condannati a morte o di persone che hanno visto i loro cari vittime di omicidio. I cinque milioni di firme sono state raccolte nell'arco di nove anni da San'Egidio, ma nelle ultime settimane la World Coalition Against the Death Penalty ha fatto propria la causa e messo insieme altre 160 sottoscrizioni. ''Tutto questo dimostra che l'iniziativa per la moratoria non e' piu' solo italiana o solo europea, ma attraversa i continenti del mondo e ha la potenzialita' di diventare un punto di svolta per la societa' come fu l'accordo di Kyoto per l'ambiente'', ha detto Marazziti. Il portavoce di Sant'Egidio ha messo in luce le potenzialita' di ''riconciliazione'' offerte dalla moratoria notando come il movimento contro la pena di morte ha investito paesi toccati da ''incredibili casi di genocidio'': il Ruanda ha abolito le esecuzioni un anno fa, due anni fa lo ha fatto la Cambogia e ora si e' avviata in questa direzione il Burundi. Anche negli Stati Uniti la mentalita' sta cambiando e la Corte Suprema si interroga sul futuro dell'iniezione letale: ''La mia missione e' stata quella di fare da testimone. Di raccontare cosa accade nel braccio della morte a un pubblico che viene tenuto all'oscuro'', ha detto Sister Helen, la donna che piu' di altri negli Usa ha aiutato a portare alla ribalta il dramma della pena di morte. Altre testimonianze l'hanno resa Marie Verzulli, la cui sorella Catherine fu una delle otto vittime di un serial killer un decennio fa a Poughkeepsie nello stato di New York, e Bill Babbitt, il cui fratello Manny e' morto nella camera a gas di san Quintino in California nel 1999. ''Manny era tornato dal Vietnam malato di mente. E' stato condannato nel caso di una donna morta d'infarto dopo che lui aveva fatto irruzione in casa'', ha detto Babbitt, che oltre un decennio fa si rivolse alle autorita' facendo il nome del fratello: ''La polizia mi promise che lo avrebbe aiutato, invece e' finito nel braccio della morte''. Anche Babbitt ha fatto appello all'Assemblea Generale perhe' approvi la risoluzione: ''E' ora di fermare questo ciclo di violenza e di trauma, di creare altre vittime in nome delle vittime della violenza''.
Alessandra Baldini
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