Comunità di S.Egidio


 

11/11/2007

LA QUESTIONE ROMENA
�Integrazione, una scommessa che riparte dai bambini�

 

Con i rom, a partire dai pi� giovani che sono il primo anello dell�integrazione. Un�integrazione possibile, anche se difficile, e la Comunit� di Sant�Egidio, tra i gruppi che da tempo si occupano delle comunit� rom nella periferia di Roma, � pronta a scommetterci. Di risultati, infatti, ne ha gi� avuti. La responsabile del settore immigrazione, rom in particolare, della comunit� trasteverina � Daniela Pompei che insegna anche Metodo e tecnica dei servizi sociali all�universit� di Torvergata.

I rom in Italia sono davvero cos� tanti da rappresentare una forte minaccia, come teme qualcuno?

Non esistono dati certi, ma le stime sono abbastanza vicine alla realt�: siamo sui 150mila in Italia. Tra questi, ed � un dato molto importante, circa 70mila sono italiani. Sono qui da secoli. Ci sono poi rom dall�ex Jugoslavia giunti in Italia da mezzo secolo: gli ultimi sono venuti da noi con la guerra agli inizi degli anni Novanta.

I rom italiani sono per� integrati in qualche modo o vivono ai margini?

Sono abbastanza integrati in varie citt� italiane, Roma compresa. Tanto per cominciare non vivono in baracche, ma in veri appartamenti. Certo, case popolari alla periferia della Capitale. E svolgono attivit� lecite. Tra i rom, per esempio, ci sono i circensi e i giostrai. Hanno abbandonato i loro lavori tipici, come, ad esempio, la lavorazione del rame, oppure le attivit� legate al mondo dei cavalli, e si sono inseriti in altro modo nel tessuto cittadino.

Cosa pensa della decisione di sgomberare le loro baracche?

Siamo preoccupati. Gli sgomberi di questi insediamenti intanto fanno venire al pettine tutti i problemi abitativi che riguardano anche altri cittadini stranieri. Pure gli italiani in moltissime citt� soffrono dal punto di vista abitativo. Nelle citt� si sono cos� creati insediamenti spontanei di tanti stranieri. Lo sgombero non risolve il problema della sicurezza e interrompe i processi di integrazione magari gi� avviati.

Quali processi?

In alcuni campi spontanei che si sono creati a Roma, come quello vicino alla zona di Bastoggi, verso Torrevecchia, ci sono bambini che vanno regolarmente a scuola. In questo campo, in particolare, tutti i bambini rom, circa 30, sono scolarizzati. Ci sono gi� percorsi di integrazione che sono iniziati bene, anche in queste difficili condizioni abitative. La distruzione di queste case di fortuna far� tornare in Romania persone che non saprebbero come vivere, altre invece si disperderanno o nella stessa citt� o in altre, e dunque sarebbe difficile riprenderli per ritentare altri percorsi.

In che modo � possibile realizzare una forma di integrazione?

Bisogna partire dai bambini. I rom sono una popolazione molto giovane, per il 40 per cento � composta da giovani sotto i 14 anni. � necessario partire da loro, sostenendo al massimo la possibilit� che vadano a scuola. Se si fanno interventi in questo senso si possono avere buoni risultati. Abbiamo visto che se i bambini e le loro famiglie sono sostenuti, a scuola ci vanno. Si possono trovare tanti strumenti, come borse di studio. Questo ridurrebbe l�accattonaggio. Abbiamo molti esempi di buon inserimento.

I rom sono visti con tanta diffidenza da noi italiani, ma anche in Romania non godono di buona fama: non le sembra un grande ostacolo per l�integrazione? Si deve agire anche sugli italiani?

Questo � davvero un grosso problema. Bisogna agire sulle famiglie per quanto riguarda la scolarizzazione e sulle famiglie dei bambini che sono compagni di classe dei rom. C�� una indubbia difficolt� nell�accettazione di questo popolo, ed � cos� in Romania come in altre nazioni europee. Va fatto un enorme lavoro di educazione anche con i cittadini italiani. Succede che se in classe ci sono bambini rom o comunque stranieri, le famiglie italiane ritirano da quella classe i loro figli. Questo sta a significare che � necessario una grande lavoro culturale di educazione. L�integrazione riguarda i rom, ma richiede un grande sforzo dei cittadini ad accettare una convivenza diversa.

Integrarsi in una nazione, significa anche accettare le leggi di questa nazione. Il 'caritare' entrer� pure nella loro cultura, ma ci� non vuol dire che debba essere consentito nel nostro ordinamento...

� un discorso serio. Chi viene in Italia o, comunque, in Europa, trova delle leggi e queste vanno rispettate. E, dunque, chi commette un reato, va perseguito.

Giovanni Ruggiero