PESCARA. Davanti alla grande fontana rettangolare illuminata da decine di fiaccole, Antoinette Chahine ripete per la terza volta nella giornata, dopo Roma, dopo Silvi, la sua storia. Sono trascorsi otto anni da quando � sfuggita al boia, e da allora racconta, e continua a raccontare la sua storia, nonostante sia stremata, perch� il mondo sappia quale atrocit� � il carcere dell'innocente, quale oscenit� � la pena di morte. Quale inutile barbarie � lo sterminio dei condannati che ancora continua in 76 Paesi.
Mentre nella piazza semideserta gli attori del Deposito dei Segni mettono in scena la sopraffazione, le fiammelle che danzano sull'acqua lungo il bordo della Nave di Cascella sono il simbolo della speranza nella sesta Giornata mondiale �Cities for life�, la campagna planetaria promossa dalla Comunit� di Sant'Egidio a sostegno della richiesta di moratoria universale delle pene capitali che ieri ha portato a Pescara, come testimonial, la giovane donna libanese liberata grazie all'impegno di Amnesty International. Settecento citt� in tutti i continenti � schierate sul fronte della vita nel giorno in cui la storia ricorda la prima abolizione della pena di morte avvenuta nel mondo � hanno illuminato un monumento. Era il 30 novembre 1786, e il Granducato di Toscana smantell� il patibolo. Sulla scia di quella scelta di civilt�, l'Italia � oggi la nazione che guida la marcia abolizionista. Dopo tredici anni di battaglie durissime e tre tentativi falliti, il 15 novembre la terza Commissione delle Nazioni unite ha approvato la risoluzione della moratoria, decisione che entro Natale dovr� essere ratificata dall'assemblea generale dell'Onu. Per Antoinette Chahine, nata in Libano, gettata in prigione nel 1994, quando aveva vent'anni e studiava giurisprudenza all'universit�, condannata a morte quando ne aveva ventitr�, � stato il segno che la sua lotta strenua per l'affermazione dei diritti umani ha portato frutto. Per lei, cristiana, la dimostrazione �che Dio � poderoso�.
Andarono a prenderla a casa nel giorno della festa della mamma, che cade in Libano il 21 marzo. Antoinette non aveva fatto nulla, ma suo fratello, membro del partito delle Forze Libanesi, era sospettato di avere preso parte a un attentato. Cercavano conferme a una ipotesi, avevano bisogno di uno strumento di pressione e la portarono via: �Di quel momento ricordo i poliziotti che fanno a pezzi una statuetta della Madonna e l'espressione di mia madre, che non dimenticher� mai. Sentii tutta l'ingiustizia di quello che accadeva, fu una sensazione oscena�.
Cominciarono i suoi cinque anni e mezzo di prigione. �Ho subito torture psicologiche e fisiche. Mi misero in una cella senza luce n� aria, potevo vedere i miei solo per sei minuti tre volte a settimana e solo attraverso una grata, e le mie sofferenze erano raddoppiate dal loro dolore�. Sua madre fece un voto e smise di indossare le scarpe: per l'intera durata della prigionia, rest� scalza per denunciare il suo dramma, come le madri velate di Plaza de Maio, in Argentina.
�Mi picchiavano, ho sofferto la fame e la sete. A un certo punto ebbi bisogno di un intervento a un piede e fui operata in carcere, senza anestesia�.
Nel 1999, al momento della condanna a morte, Antoinette svenne: per 45 giorni non riusc� pi� a parlare n� a camminare. Da qui cominci� la battaglia di Amnesty per la sua salvezza. �Ma la mia famiglia � stata il mio primo sostegno: non hanno mai smesso di cercare la prova che ero innocente�. E la prova arriv�, nel 1999. Negli oltre cinque anni di detenzione di Antoinette, in Libano 14 persone furono uccise per impiccagione: �Tornare libera � stata una grande gioia, ma nessuno mi restituir� pi� quegli anni. E per questo da allora sono impegnata al fianco di associazioni umanitarie�. Ieri pomeriggio Antoinette � intervenuta all'incontro coordinato da William Zola che si � svolto nella sala conferenze del museo �Vittoria Colonna� assieme ad Antonio Salvati della Comunit� di Sant'Egidio, a Greetje van der Veer, pastora della Chiesa evangelica metodista di Pescara, per Amnesty, e all'assessore alle Politiche comunitarie Massimo Luciani. �Questa giornata, che � cominciata con una proiezione al cinema Massimo a cui hanno partecipato mille ragazzi, non riguarda solo le citt� come istituzioni, ma tutti noi� ha detto Luciani. �Cinque milioni di firme per la moratoria sono state consegnate all'Onu e la Commissione ha detto s�: � un segno dei tempi, la politica arriva dopo quello che matura tra la gente e se questa battaglia di civilt� potr� essere vinta si dovr� soprattutto ad associazioni e cittadini. Accade perch� qualcuno ne parla e continua a farlo, e anche Pescara ha voluto fare la sua parte�. La manifestazione � stata organizzata da Sant'Egidio in collaborazione con Comune, Rete non violenta, Rete Lilliput, Amnesty International, Fondazione PescarAbruzzo e la partecipazione di Drammateatro e Florian.
Maria Rosa Tomasello
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