Comunità di S.Egidio


 

16/12/2007

LA "SCUOLA DELLA PACE" DELLA COMUNIT� DI SANT'EGIDIO
CON GLI OCCHI DEI ROM
UNA MOSTRA DI DISEGNI GETTA LUCE SULLA VITA DEI BAMBINI DELLE BARACCOPOLI. LA STRAORDINARIA LEZIONE DI ACCOGLIENZA DI UN ISTITUTO IN CUI CONVIVONO PICCOLI ITALIANI E NOMADI.

 

Jonathan ha il visetto magro, gli occhi grandi, allegri, vispissimi e un inconfondibile accento lombardo. Potrebbe essere un bambino milanese. Anzi, lui � milanese, perch� � nato in questa citt� nove anni fa da genitori rom del Montenegro, arrivati in Italia molti anni fa. Un nomade di seconda generazione, quella dei ragazzini che, pur continuando a vivere nei campi abusivi, hanno uno stretto legame con la citt� in cui sono nati, parlano correttamente l'italiano, conservano la loro cultura di origine, ma vanno regolarmente a scuola e frequentano gli italiani. Jonathan sorride e si illumina nel descrivere, orgoglioso, il suo disegno che � stato inserito nella mostra Io vivo al campo. Storie di bambini rom a Milano (in esposizione in piazza San Carlo il 15 e 16 dicembre) organizzata dalla Comunit� di Sant'Egidio: un viaggio attraverso le storie, i sogni, le paure dei bambini rom, espressi a matita e colori; un modo nuovo, genuino, spontaneo per accostarsi alla vita dei campi nomadi, per comprendere le angosce dei pi� piccoli, protagonisti silenziosi di episodi drammatici come gli sgomberi, i maltrattamenti, la difficolt� di vivere in una baracca senza luce, di avere un padre che, per mestiere, racimola spiccioli facendo il Iavavetri per le strade.

Jonathan, come sua sorella Sabrina, di poco pi� grande di lui, e la piccola Stella (il nome � di fantasia), bellissima con i suoi lunghi capelli corvini, � uno degli affezionati della Scuola della pace della Comunit� di Sant'Egidio di Milano, con il doposcuola bisettimanale organizzato presso i locali di una parrocchia a Milano sud, in zona Corvetto, e frequentato da bambini rom e italiani insieme. �Le madri dei piccoli italiani mandano volentieri i loro figli qui, a contatto con i piccoli nomadi. Una straordinaria testimonianza di apertura e accoglienza�, dice Elisa Giunipero, animatrice della Scuola della pace. �I bambini rom provengono da un vicino campo nomadi abitato da circa venticinque famiglie di bosniaci e montenegrini, arrivati durante la guerra in ex Jugoslavia: un insediamento abusivo ma stabile, una comunit� presente da molti anni, con il desiderio di integrarsi�.

Gli sgomberi dei campi abusivi

Situazione ben diversa da quella dei rom di origine romena, arrivati molto pi� recentemente. �Seguiamo anche i romeni, ma a causa dei recenti sgomberi dei campi abusivi � come quello di San Dionigi, qui in zona �, ora i bambini non possono venire alla Scuola della pace. Ma molti dei disegni della mostra, i pi� duri, sono dei piccoli romeni�.

Nel campo degli slavi le condizioni di vita nelle baracche sono ancora difficili: l'allaccio dell'elettricit� � una conquista recente, quello dell'acqua per i pi� � un miraggio. Oltre all'italiano, i bambini conoscono il romani, la lingua parlata con i loro genitori, e alcuni il serbo-bosniaco. Ma loro non amano raccontare la vita al campo; alcuni si vergognano, forse perch� non vogliono sentirsi differenti dai loro compagni di scuola, o forse perch� sanno che dire di essere un nomade scatena una reazione di inevitabile diffidenza negli altri. Ma grazie al sostegno della Comunit� di Sant'Egidio, che lavora con loro da anni, i rom slavi hanno fatto grandi passi avanti sulla strada dell'integrazione e di una tranquilla convivenza civile. Una delle iniziative nella quale la Comunit� coinvolge anche i ragazzini rom � e che affianca la mostra in piazza San Carlo � � il "Rigiocattolo per l'Africa", la raccolta e rivendita di giochi usati, rimessi a posto come nuovi, il cui ricavato quest'anno servir� a finanziare l'iscrizione all'anagrafe dei bambini in Costa d'Avorio. �Nell'edizione del 2006 abbiamo raccolto 7.500 euro�, racconta la Giunipero, �ed � stato commovente vedere come i piccoli rom, che non hanno niente, fossero entusiasti nel raccogliere del denaro che non andava a loro, ma ad altri ragazzini pi� sfortunati�.

I bambini rom sono impegnati anche nella raccolta di candele, che rimodellano in nuove figure e rivendono. �� un modo per abituarli all'importanza del riciclo e alla cultura del non spreco�, dice la volontaria della Comunit�. E aggiunge: �Pure le madri sono coinvolte nel progetto�. La mamma di Stella, ad esempio, durante il giorno va a chiedere l'elemosina. Forse, quando Stella era piccolissima, ha portato con s� la figlia per le strade. Ma oggi anche lei viene a dare una mano alla Scuola della pace. �Questi piccoli rom e le loro mamme conquistano una nuova, grande dignit� nel rendersi finalmente utili a chi vive nella miseria. Proprio loro che, nella vita, hanno sempre dovuto chiedere�.

Giulia Cerqueti