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Europa |
19/12/2007 |
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L'approvazione della risoluzione per una moratoria universale della pena capitale da parte dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite segna un passaggio storico. � la vittoria di una cultura della vita che, negli ultimi anni, appariva in regresso negli orientamenti e nei comportamenti. Le Nazioni Unite indicano uno standard morale condiviso che non sar� facile ignorare da parte della comunit� internazionale e della giustizia dei singoli paesi. La morte inflitta dallo stato, come pena (anche in casi estremi), non � pi� considerata lecita. Ci sono limiti che nessuno, nemmeno lo stato, nemmeno la giustizia, possono oltrepassare. La pena di morte rappresenta quelle "istituzioni" negative, da cui sembra che la storia umana non si possa mai liberare. Invece � possibile. � un grande successo di un lungo e faticoso processo; ma �, allo stesso tempo, un inizio di una riflessione, nuova e pi� larga, sulla vita stessa: anche la vita di coloro che �secondo l'opinione di molti e secondo una tradizione consolidata � non meriterebbe quasi di essere chiamata in questo modo. Il processo che ha portato a questo voto � il frutto di tanti attori diversi. Innanzi tutto c'� la gente di tanti paesi che ha firmato chiedendo una moratoria universale: la Comunit� di Sant'Egidio e altri hanno raccolto cinque milioni di firme in 153 paesi. Questa raccolta ha portato a ridiscutere, in molte situazioni, il senso della pena di morte e il valore della vita umana. � stato un fatto evidente in tanti paesi africani, dove si � invertita una tendenza favorevole alla pena di morte. Infatti l'Africa, dopo l'Europa, si � battuta fortemente per la moratoria. Una discussione tra la gente sul valore della condanna a morte ha portato alla ridiscussione della pena e della vita nel carcere. Non si pu� dimenticare che in molti paesi un lungo periodo di detenzione si risolve, purtroppo con una certa frequenza, nella morte del detenuto, proprio per la condizione ambientale delle prigioni. Nel lungo processo che ha portato al voto di New York, si inseriscono tanti incontri e tante scelte. Penso a quelli a Roma con numerosi ministri della giustizia africani, in cui ho visto ridiscussa una visione giustizialista della pena. Cultura giuridica e senso della vita si sono intrecciati in scelte politiche, fatte non pi� solo di fronte a un'opinione pubblica che chiede vendetta, ma anche di fronte alla comunit� internazionale e a valori che fondano la comunit� umana e la visione dell'uomo. Centoquattro paesi hanno detto all'Onu il loro favore alla moratoria: hanno subito pressioni interne e internazionali, ma si sono avviati per la strada che li impegna a considerare �l valore della vita come qualcosa di non comprimibile e il senso della pena non come una vendetta. Certo, ci sono resistenze a tutti note. L'abolizione della pena di morte nello stato del New Jersey mostra il procedere del dibattito negli Stati Uniti. C'� la resistenza di una buona parte del mondo musulmano, che ne fa una questione radicata nel proprio patrimonio giuridico-religioso. Ma anche qui non mancano le eccezioni, come quell a dell'ex presidente indonesiano Wahid. Siamo spesso pessimisti sul nostro presente e sul nostro futuro. Lo siamo anche sulla funzione dell'Italia nel mondo, tanto da ridurre talvolta i dibattiti interni a questione condominiali. La realt� � anche che l'azione internazionale del nostro paese, proprio in questo delicato campo, ha avuto una sua funzione storica, di cui dobbiamo essere orgogliosi. La politica estera dell'Italia ha un significato nel mondo. Non � stato da meno l'impegno dell'Europa che, nel mondo contemporaneo, � portatrice di un senso dell'uomo che non va dimenticato. In un quadro di pessimismo, questo voto � un segnale in tanti sensi. Lo � per un'iniziativa che viene dalle societ� civili e da organizzazioni fondate sull'azione volontaria e motivata. Lo � per alcuni paesi europei e africani. Insomma nel buio di talune visioni pessimistiche, si accende la speranza che � possibile cambiare. La notte di Natale si accenderanno i monumenti-simbolo di tante citt� del mondo. Il segno che il nostro sperare e operare non � inutile.
Andrea Riccardi
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