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13/01/2008 |
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I pranzi nel carcere di Secondigliano e nella sede di Scampia hanno concluso i momenti di festa della famiglia di Sant�Egidio durante il tempo di Natale. Trenta erano i detenuti del centro clinico dell�Istituto di Secondigliano che con i cappellani don Raffaele Grimaldi e padre Michele dell�Opera don Guanella e con suor Ornella Baratelli, che da anni visita i reclusi del carcere, hanno partecipato al pranzo. Uno dei detenuti aveva saputo del pranzo fatto nel carcere di Poggioreale il 22 dicembre da una lettera scritta da un suo amico che era tra i commensali, e come i pastori che di voce in voce si erano trasmessi la Buona Notizia della nascita di Ges�, cos� i detenuti di Secondigliano avevano saputo da altri la bella notizia di un momento di festa all�interno di un carcere. Qualcuno non ci voleva credere: �Ma � uno scherzo, mica � vero ?� E cos� dopo la messa celebrata nella cappella, � stata allestita un'unica tavolata nel corridoio del centro clinico, dove per la prima volta la Comunit� di Sant�Egidio organizzava un pranzo di Natale. In un clima di grande amicizia, insieme ai detenuti, abbiamo apparecchiato la tavola. Poi vecchi incontri con persone conosciute in altri carceri hanno reso il clima ancora pi� familiare ed hanno coinvolto tutti in questa festa riempiendo il centro clinico di un impensabile entusiasmo. Salvatore ha chiesto di salutare padre Gigi che ha conosciuto a Poggioreale, Cesare che � di Catania parla di Walter, un amico della Comunit� di Sant�Egidio della citt� etnea, mentre Enrico che � stato zitto quasi tutto il tempo ha chiesto di cantare una canzone e salendo su una sedia ha intonato una melodia napoletana per esprimere cos� la sua partecipazione e la sua contentezza. Alla fine Babbo Natale, con una busta di doni per ciascuno, riesce a far sorridere proprio tutti. Gli ospiti del centro clinico sono tra i detenuti che vivono in situazioni pi� difficili all�interno del carcere. Alcuni hanno tanti anni di detenzione alle spalle e legami familiari spezzati, altri sono molto malati, indeboliti nel corpo e nella mente. Il giorno dell�Epifania ci si � ritrovati come ormai tradizione, nella sede della Comunit� di Sant�Egidio di Scampia. Quest�anno c�erano 150 persone a pranzare e a far festa assieme: immigrati, amici disabili, bambini rom, anziani, tutti insieme in un quartiere dove le energie di bene sono tante ma che spesso non riescono a manifestarsi ai tanti che attendono un segno di speranza in questa zona della citt�. A preparare il pranzo c�erano tante donne e tanti uomini adulti di Scampia che hanno raccolto i regali e le calze per i bambini, hanno allestito con cura i tavoli e le sale, e hanno cucinato un buon pranzo a base di pasta al forno, tacchino con contorno di funghi e patate, frutta e dolciumi vari. Ma al pranzo erano presenti anche tanti giovani che hanno voluto cos� dare un senso diverso a questa giornata rendendosi utili con il loro lavoro e la loro allegria. Festa grande per Antonietta che proprio il giorno dell�Epifania compie 80 anni e spegne le candeline di una enorme torta preparata apposta per lei. A tavola ci sono alcuni immigrati che sono stati incontrati nei pressi delle rotonde della zona dove attendono chi li prende a giornata per andare a lavorare nei campi o come muratori. Vengono dal Togo, dal Ghana, dalla Liberia, e ogni sabato mattina gli adulti di Scampia gli portano panini, frittate, indumenti e tanta amicizia. Sono tutti con l�abito della festa e tra loro c�� Ivan che � diventato amico di Enzo. Ha visto uccidere sotto i suoi occhi il padre e un fratello e non vede ad un occhio per le botte ricevute da alcuni banditi quando era piccolo. Pu� fare solo lavori leggeri ma conosce sette lingue ed � molto orgoglioso di questo amico italiano che si � legato a lui ed � diventato come un fratello maggiore. Questi sono i volti che si incontrano a Scampia e le storie di amicizia che durano per alcuni da anni, per altri solo da poco tempo. E� possibile continuare a sperare su queste persone, su questo quartiere e su questa citt�? Ce lo chiediamo mentre percorriamo i lunghi viali che circondano il centro clinico del carcere di Secondigliano dopo aver partecipato al pranzo. E mentre siamo presi da questi pensieri, vediamo da lontano all�ultimo piano delle mani che ci salutano e poi sentiamo gridare un �grazie� che rompe il silenzio e che ci spezza il cuore. Torniamo allora rincuorati, convinti che non ci dobbiamo rassegnare e che per costruire una citt� pi� umana, una citt� senza violenza occorre ogni giorno seguire la stella della Parola di Dio e percorrere la strada dell�amicizia e del bene.
Antonio Mattone
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