Comunità di S.Egidio


 

22/02/2008


Una minoranza dimenticata tra le macerie dell'Iraq

 

ROMA. 21. Dei cristiani in Iraq si rischia di parlare al passato. Le organizzazioni internazionali li considerano minoranza senza futuro e non inviano aiuti. Sebbene le violenze, le pi� eclatanti, nei loro confronti siano in diminuzione, la situazione rimane critica. Intimidazioni, difficolt� nei rapporti quotidiani, ostacoli di vario genere spingono molti a lasciare il Paese. La denuncia viene da monsignor Jean Benjamin Sleiman, arcivescovo di Baghdad dei latini. intervenuto ieri al seminario �Cristiani d'Oriente� promosso dalla comunit� di Sant'Egidio. �Nei cristiani iracheni - ha raccontato monsignor Sleiman c'� forte paura del domani. Essi vivono una tragedia che termina spesso con l'autoesilio. La preoccupazione della sparizione dei cristiani dall'Iraq � fondata�. Molti cristiani sono stati spinti a trovare rifugio in Siria, in Giordania oltre che nel kurdistan iracheno. Dove per� la situazione spesso non � migliore. E di ieri la notizia che il Governo giordano ha espulso diversi espatriati cristiani per �proselitismo, sotto copertura di attivit� caritatevoli�. In Giordania, Paese musulmano che ha al suo interno una minoranza cristiana, il proselitismo � vietato. �Alcuni stranieri sono entrati in territorio giordano sotto la copertura di fare attivit� caritatevoli, ma hanno violato la legge abbandonandosi al proselitismo�, ha dichiarato il ministro dell'Informazione. Nasser Jawdeh, citato dall'agenzia Petra. �Il governo ha aggiunto il ministro parlando davanti al Parlamento - seguiva da qualche tempo le loro attivit� illegali e ha preso la decisione di espellerli�. Il Governo non ha fornito dettagli sul numero e la nazionalit� delle persone colpite dal provvedimento, n� la data dell'espulsione. La questione religiosa in Giordania � come noto, complessa.

Anche il Consiglio delle Chiese di Giordania (Cej), che raggruppa tutte le comunit� cristiane del Paese, la settimana scorsa aveva denunciato �la presenza di sette in Giordania� in aumento. Una quarantina di organizzazioni operanti nel Paese avrebbero inviato, secondo il Cej, gruppi di predicatori che agirebbero sotto la copertura di attivit� caritatevoli, sociali e culturali. Lo stesso Cej ha definito �pericolose per la sicurezza del Paese� le attivit� di queste sette che �seminano zizzania in seno alla comunit� cristiana e tra cristiani e musulmani�. I cristiani di Giordania, per lo pi� ortodossi, cattolici, armeni cattolici e latini, sono circa il quattro per cento della popolazione del Paese, su un totale di cinque milioni e ottocentomila abitanti.

La �persecuzione� dei cristiani si inserisce quindi in realt� indubbiamente multiformi, rendendo difficile anche stabilire una via efficace di intervento. La condizione dei cristiani in Iraq per� � sempre pi� evidente. Chi espatria � in grande difficolt�, ha spiegato il vescovo Sleiman all'agenzia Sir, non ha trovato lavoro e parlare di rientro � presto. Qualcuno prova a ritornare in patria. ma sono casi isolati. �C'� sofferenza psicologica - ha spiegato ancora il presule - poich� tornare significa non aver realizzato niente. Molti per partire hanno venduto tutto, hanno lasciato il lavoro ed ora � difficile ritrovarlo. Qualcuno poi � costretto a rientrare perch� espulso dal Paese ospitante. Il sentimento pi� diffuso tra i rifugiati cristiani � quello di aver perso legami con la Patria, con la sua cultura. Molti arrivano a dire "questa non � pi� la mia terra". Si registra. s�, un lieve miglioramento nella sicurezza ma la violenza continua anche sotto forme diverse�.

Monsignor Sleiman ha ricordato come, nella scorsa primavera, migliaia di famiglie cristiane siano state costrette con la violenza a lasciare le proprie case e a fuggire senza portarsi dietro niente, dal quartiere di Dora a Baghdad: �O si convertivano all`Islam e pagavano le tasse musulmane, o davano le loro figlie ai miliziani, o dovevano abbandonare le loro abitazioni, pena la morte: questa era l'alternativa�, ha raccontato il vescovo. Dal milione e duecentomila cristiani che vivevano nell'Iraq di Saddam Hussein, pi� della met�, secondo cifre ufficiose, sarebbero perci� fuggite all'estero.

Parole di speranza vengono dal vescovo di Aleppo dei Caldei (Siria), monsignor Antoine Audo: �I cristiani arabi o di cultura araba - spiega - sono degli interlocutori privilegiati per un confronto con l'Islam. La cultura araba pu� diventare un cammino che cristiani e musulmani possono percorrere insieme al servizio della societ�. Assumendo questa ricchezza culturale i cristiani possono rappresentare un'alternativa fraterna, una memoria storica e biblica per la teologia musulmana�. Secondo il vescovo �i cristiani arabi possono costituire un legame di comunicazione con la modernit� occidentale che invece potrebbe essere vista solo come pericolosa per una societ� tradizionale�.

Il conflitto culturale � in effetti un formidabile detonatore anche dei contrasti religiosi. I cristiani arabi. spiega monsignor Audo, �nella misura in cui saranno capaci di interagire con gli aspetti positivi della modernit� - libert� religiosa, separazione tra Stato e Chiesa, dialogo interreligioso potranno essere i mediatori privilegiati nelle societ� islamiche dei valori della giustizia e della pace�. Questa comunicazione potrebbe avere influssi positivi anche sul dialogo interreligioso che �non deve limitarsi a discorsi di cortesia. La Siria attuale - afferma monsignor Audo - ha bisogno di luoghi dove cristiani e musulmani possano conoscersi e accettarsi nelle differenze�. Un'impostazione condivisa anche dal fondatore della comunit� di Sant'Egidio. Andrea Riccardi, per il quale �i cristiani in Medio Oriente non sono solo vittime della storia e di un presente che li spinge ad una posizione di cittadini di seconda categoria, ma sono anche protagonisti del presente. La loro situazione � ricca, sofferta e complessa. Non sono solo vittime dell'intolleranza mussulmana, ma sono una grande chance per il mondo mussulmano per non essere solo con se stesso�.

Perch� questo accada occorre per� che anche i cristiani dimostrino la capacit� di seguire un cammino comune. Su questo punto le difficolt� che si registrano in Libano sono allarmanti. Secondo il ministro degli esteri libanese, Tareq Mitri, �le divisioni tra i cristiani libanesi rischiano di distruggere non solo la presenza della chiesa maronita ma anche l'intero Paese�. Il ministro ha lodato il ruolo del patriarca di Antiochia dei maroniti, il cardinale Nasrallah Sfeir. � Sfeir - ha spiegato - non si � schierato; anche se non � riuscito ad ottenere una riconciliazione, tuttavia ha ricordato e ricorda a tutti i cristiani qual � la posta in gioco, ovvero l'indipendenza e la sovranit� del Libano�. (Marco Bellini)

Marco Bellizi