2 aprile 2005: a tre anni dalla morte di Papa Wojtyla
"Un gesto di affetto spirituale". Cos� Gian Franco Svidercoschi definisce la presentazione dell'edizione tascabile di "Una vita con Karol", il libro da lui realizzato tramite un'intervista con mons. Stanislao Dziwisz. La riedizione del testo � stata presentata nei giorni scorsi a Roma nella basilica di S.Maria in Trastevere con gli interventi del card. Camillo Ruini, Andrea Riccardi e mons. Slawomir Oder, postulatore della causa di beatificazione e canonizzazione di Giovanni Paolo II. Abbiamo rivolto per l'occasione alcune domande a Gian Franco Svidercoschi, uno di pi� autorevoli vaticanisti che ha avuto un rapporto privilegiato con il Papa polacco.
A tre anni dalla sua scomparsa, quale eredit� ha lasciato Giovanni Paolo II?
"Come ha detto il successore, Giovanni Paolo II ha lasciato una Chiesa pi� coraggiosa, pi� libera, pi� giovane. Una Chiesa che � pi� riconciliata con se stessa, pi� evangelica, pi� legata all'esperienza biblica. Una Chiesa che, uscita dalle dinamiche europee, ha preso in mano la questione dei diritti umani nel mondo. Una Chiesa che ha capito che � possibile evitare il conflitto di civilt�. Parte dell'eredit� di Giovanni Paolo II � una realt� ecclesiale pi� riconciliata con le altre Chiese e con gli ebrei: dopo secoli di divisione, Wojtyla � stato il primo Pontefice ad entrare in una sinagoga e a definire fratelli maggiori gli ebrei. Con il discorso al Parlamento italiano inoltre, Giovanni Paolo II ha indicato il tipo di rapporto da avere con il mondo laico da basare sul �dare a Cesare quel che � di Cesare e a Dio quel che � di Dio�. Una Chiesa pi� giovane nella quale ha avuto rilievo un processo di declericalizzazione in continuit� con le disposizioni conciliari. Mi riferisco alla capacit� con cui � riuscito ad accogliere e accompagnare i Movimenti dai tempi delle tendenze all'autonomia, attraverso gli anni della comprensione, fino all'evento culminante della cerimonia di Pentecoste del 1998. E poi il contrasto alla misoginia, tale da indurlo a un richiamo nel corso dell'Angelus perch� fosse superata questa discriminazione all'interno di certa Chiesa, e dare finalmente spazio al genio femminile".
Dall'incontro di Assisi nel 1986 sono passati oltre venti anni. Cosa pensa dell'impegno interreligioso di Papa Wojtyla?
"Il Papa gi� negli anni Ottanta aveva colto la pericolosit� degli estremismi religiosi e delle strumentalizzazioni politiche. Aveva compreso che le religioni hanno la responsabilit� di unirsi per prevenire ed evitare i conflitti. La priorit� era per lui che l'uomo credesse in Dio, questo l'elemento per procedere insieme, tanto da sentirsi liberamente chiamato a parlare a tutti gli uomini di fede, anche non cristiani, come testimonia l'incontro avvenuto a Casablanca nel 1985 con migliaia di giovani. Cos� nel rapporto con l'ebraismo con la preghiera al muro del pianto, la visita al museo dell'olocausto per trovare le vie di un impegno comune per la pace. Questo � il cammino che port� ad Assisi. Non � vero che l'allora card. Ratzinger non lo abbia condiviso, anzi quest'anno a Napoli Benedetto XVI ha incontrato i rappresentati religiosi riuniti in quello spirito dalla Comunit� di Sant'Egidio. Cosa sarebbe stato il mondo oggi se non ci fosse stato l'incontro di Assisi nel 1986?".
Quali sono i tratti pi� evidenti che identificano la continuit� con Papa Benedetto?
"Molti i punti in comune: entrambi i Papi hanno sperimentato in prima persona la dittatura e la guerra. Entrambi sono stati attivi durante il Concilio Vaticano II come rappresentanti delle rispettive Chiese. In un contesto conciliare si sono sviluppate le loro attitudini particolari: Karol Wojtyla ha partecipato alla stesura della Gaudium et spes, che lo ha portato ad approfondire il rapporto con il mondo contemporaneo. Joseph Ratzinger ha aderito ai lavori per l'Enciclica De Ecclesia, che lo ha portato a coltivare la preoccupazione e l'afflato in particolare per la Chiesa cattolica. Oggi � diverso il contesto sociale di ricezione del messaggio ecclesiale. � pi� arduo l'incontro con la societ�, anche se le religioni sembrano tornate protagoniste. Giovanni Paolo II si misurava con una societ� che aveva espulso Dio, e dove invece dal cuore dell'uomo emergeva la nostalgia di Dio. Oggi vive un degrado per il quale Dio � scomparso dall'animo umano, e Benedetto XVI � dovuto ripartire dalla rieducazione alla fede di fronte al relativismo etico".
Nel Novecento il numero dei martiri � stato maggiore di quello dei primi secoli del cristianesimo. Quale lezione si trae dal magistero di Giovanni Paolo II?
"Quello sui martiri � stato un grande capitolo del pontificato di Wojtyla. L'apice � stato la cerimonia del 7 maggio del 2000 al Colosseo, in memoria di coloro che hanno dato la vita per la fede senza differenze di appartenenza. Tra i nomi ricordati volle espressamente che venisse citato mons. Oscar Romero, ucciso mentre celebrava la messa. Quando era andato in Salvador, Papa Wojtyla aveva voluto fermamente andare a rendere omaggio alla tomba del vescovo, rivendicandone con forza il martirio cristiano. Un Papa libero dalle strategie, solamente innamorato di Dio".
GIOVANNI PAOLO II:
RICCARDI, "LA FORZA DI LOTTARE A MANI NUDE"
"La grande novit� � il governo carismatico di Giovanni Paolo II" ha detto Andrea Riccardi ricordando il Papa nell'incontro di questa sera in Santa Maria in Trastevere a tre anni dalla morte di papa Wojtyla."Ha lottato profondamente contro la fine della fede, che era stata decretata dagli storici. A questo proposito ricordiamo una impopolarit� iniziale, ma venti anni dopo abbiamo capito la sua ricerca contro la rassegnazione". Giovanni Paolo II, ad avviso del fondatore della Comunit� di S.Egidio, "lo si pu� definire il Papa del Concilio, vedeva nei Movimenti una rinascita spirituale di popolo simile a quella del monachesimo in altri momenti storici. Oggi possiamo ricordarlo come un leader spirituale del '900, e attento ai mutamenti storici: gi� aveva intuito il confronto con l'Islam, il rischio del conflitto". "Dopo l'11 settembre � ha aggiunto Riccardi - volle la giornata di digiuno per la fine del Ramadan e il ritorno ad Assisi. Aveva la forza di lottare a mani nude, e aveva capito il nostro tempo e il futuro tanto da non rimanere imbrigliato nella sua epoca".
Gli ultimi giorni di Giovanni Paolo II nel racconto di chi lo ha seguito per 40 anni come segretario personale, mons. Stanislaw Dziwisz, oggi cardinale arcivescovo metropolita di Cracovia. A tre anni dalla morte di Karol Wojtyla oggi l'Osservatore Romano pubblica un estratto dell'ultimo capitolo del libro di Dziwisz, "Una vita con Karol. Conversazione con Gianfranco Svidercoschi" nel quale si ricordano gli ultimi giorni di vita del Papa. Dopo una febbre violentissima scoppiata il gioved� 31 marzo, Giovanni Paolo II, ricorda il cardinale, "era nella sua camera. Sulla parete di fronte al letto, un quadro di Cristo sofferente, legato con le corde. Una immagine della Madonna di Cz�stochowa. E, su un tavolino, la foto dei genitori". Il giorno dopo, venerd� 1 aprile, il Papa "in condizioni estrema gravit� riusciva ormai a dire solo poche sillabe, con difficolt�".
"Quest'uomo di cultura e di pensiero aveva, al tempo stesso, la semplicit� della fede di un fanciullo e la saldezza rocciosa della fede del suo popolo". Cos� il cardinale vicario per la diocesi di Roma Camillo Ruini ricorda Giovanni Paolo II, intervenendo all'incontro di questa sera nella basilica di Santa Maria in Trastevere, intitolato "Ricordando Karol". "L'aspetto pi� profondo del segreto di Giovanni Paolo II era - per il card. Ruini - l'unit� della sua vita che nasceva dal suo rapporto con la preghiera e con Dio. Egli premetteva la preghiera ad ogni incontro o decisione importante, come quando un giorno in cui mi aveva invitato a pranzo, lo ho visto attendere in preghiera una telefonata di George Bush senior". La riproduzione al violino di brani cari a Giovanni Paolo II e la lettura di passi del libro "Una vita con Karol" hanno reso pi� partecipato l'incontro nel terzo anniversario della morte di papa Wojtyla
Lia Mancini
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