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11 Septiembre 2012 09:30 | National Theatre

Il Concilio Vaticano II, una bussola per il nuovo secolo



Jean-Dominique Durand


Universidad Lyon 3, Francia

Si è detto che il CONCILIO VATICANO II, che si è tenuto a Roma dall’ottobre 1962 al dicembre 1963, è stato il più grande avvenimento del XX° secolo per il cattolicesimo, ma anche in modo più generale, per il mondo intero.
Quest’anno si celebra il 50° anniversario del CONCILIO VATICANO II. Cinquant’anno dopo, il concilio, i suoi testi, le riflessioni e le riforme introdotte da questo concilio, possono costituire una bussola per il nostro tempo ?

Qualche immagine

Quando si evoca il CONCILIO VATICANO II, alcune immagini vengono immediatamente alla mente : l’assemblea dei padri conciliari nella basilica di San Pietro e Roma, così numerosa, con i suoi 2500 vescovi, superiori generali, esperti, rappresentanti di altri confessioni cristiane, laici (29 sotto Paolo VI), questa assemblea proveniente dal mondo intero, di tutti i colori : per la prima volta nella storia, un concilio ecumenico era veramente universale, su scala mondiale. Tra le immagini, Giovanni XXIII che firma, l’11 aprile 1963, l’enciclica Pacem in Terris davanti alle televisioni del mondo intero, un’enciclica che si rivolgeva non solo ai vescovi, al clero, ai fedeli, ma anche a tutti gli uomini di buona volontà.
Altre immagini fissate nella memoria : l’abbraccio di papa Paolo VI e del patriarca di Costantinopoli Atenagora a Gerusalemme nel gennaio 1964, il discorso di Paolo VI all’ONU il 4 ottobre 1965, fragile silhouette bianca nell’immenso auditorium del Palazzo di vetro, di fronte a quell’uditorio « unico al mondo », dove pronunciò un discorso memorabile in francese : « Siamo portatori di un messaggio per tutta l’umanità », un messaggio di pace, di dialogo con il mondo.
Le immagini sono anche quelle della chiusura del Concilio l’8 dicembre 1965, quando il papa consegna a Jacques Maritain il messaggio della Chiesa al mondo della cultura. Le immagini sono ancora quelle di tutti i padri conciliari, alcuni dei quali si sono distinti per i loro interventi, per i dibattiti che hanno nutrito con le loro riflessioni. Tra essi, la teologia francese è stata molto presente, con il cardinale Liénard, arcivescovo di Lille, i padri Henri de Lubac, Yves Congar, Jean Daniélou, Marie-Dominique Chenu, o tra le personlaità invitate, frère Roger de Taizé o Jean Guitton.
Le immagini sono in sé molto eloquenti, esse dicono ciò che il Concilio ha voluto fare, dicono la sua prospettiva, il mondo degli uomini, l’intera famiglia umana. Si legge nella costituzione apostolica Humanae salutis del 25 dicembre 1961, con cui papa Giovanni XXIII convocò ufficialmente il Concilio :
« La Chiesa di oggi assiste ad una crisi della società. Mentre l’umanità si trova alla svolta di una nuova era, compiti di immensa importanza e ampiezza attendono la Chiesa, come nelle epoche più tragiche della sua storia. Si tratta di mettere il mondo moderno in contatto con le energie vivificanti ed eterne del Vangelo. »

La Chiesa dovrebbe farsi servitrice dell’umanità, quindi favorire il contatto tra il Vangelo ed il mondo moderno, senza giudicare e condannare, ma facendo conoscere il Vangelo. Nel radio-messaggio dell’11 settembre 1962, un mese prima dell’apertura del Concilio, il papa utilizzava l’immagine evangelica dei segni dei tempi : lo scopo del Concilio sarebbe quello di presentare il Cristo come luce del mondo.

I testi
Ma il Concilio sono anche e soprattutto i testi. Cinquant’anni dopo, mentre i testimoni e gli attori si allontanano, ci restano i testi, un patrimonio straordinario. Occorre rileggerli, senza dimenticare la loro genesi, il contesto storico, teologico, ecclesiologico che portano in sé, i dibattiti e le opposizioni che hanno suscitato, la dinamica che ha permesso la loro produzione.
I testi conciliari propriamente detti sono 16, raggruppati in Costituzioni dal contenuto sostanzialmente dottrinale, Decreti sulle questioni pastorali e Dichiarazioni, testi rivolti a tutti gli uomini, non solo ai cattolici. Non è possibile ricordarli tutti, ma alcuni hanno profondamente segnato l’evoluzione della Chiesa, come le Costituzioni Lumen Gentium  sulla Chiesa, Dei Verbum sulla Rivelazione divina e la Parola di Dio,  Sacrosactum concilium sulla liturgia, Gaudium et Spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo. Occorre evocare i decreti sui compiti dei vescovi, dei preti, dei religiosi, sul posto dei laici nella Chiesa, sulla missione e soprattutto sull’ecumenismo. Le dichiarazioni sono di importanza primaria, soprattutto quella sulla libertà religiosa Dignitatis humanae e quella sulle relazioni con le religioni non-cristiane, Nostra aetate.
Tali documenti sono strettamente conciliari, cioè pensati, preparati, scritti, discussi durante le riunioni delle commissioni, poi sottomessi a votazioni parziali, poi ad una votazione globale, sottoscritti dai Padri conciliari, infine approvati dal Santo Padre. Essi rappresentano un materiale molto ampio. Ma a margine del Concilio, ma sempre nel corso del Concilio, ci sono altri documenti molto importanti per comprendere come il CONCILIO VATICANO II si è fatto « colloquio » con il mondo, secondo l’espressione di Paolo VI : due encicliche , Pacem in terris (1963) e Ecclesiam Suam (1964) e i discorsi pronunciati da Paolo VI durante i  suoi viaggi, soprattutto il doscorso all’ONU, ma anche quelli in Terra santa e in India nel 1964.

L’eredità
L’eredità sono proprio i testi, che non si deve smettere di far fruttificare. Essa può  riassumersi nella formula usata da  Paolo VI nell’ Ecclesiam Suam : « La Chiesa si fa parola, la Chiesa si fa messaggio, la Chiesa si fa colloquio  ». 
Attraverso il  Vaticano II, la Chiesa si rivolge agli « uomini di buona volontà », come dice Giovanni  XXIII nella Pacem in terris :
« Su tutti gli uomini di buona volontà incombe oggi una compito immenso, quello di rifondare i rapporti della vita nella società su basi di verità, giustizia, carità e libertà : rapporti dei singoli tra loro, rapporti tra cittadini e Stato, rapporti tra Stati, rapporti infine tra individui, famiglie, corpi intermedi e stati da un lato e la comunità mondiale dall’altro »
La prima enciclica di Paolo VI, si colloca in questa volontà di dialogo:
« […] La Chiesa […] deve essere pronta a sostenere il dialogo con tutti gli uomini di buona volontà, all’interno e all’esterno di essa. Nessuno è estraneo al suo cuore materno.»
I testi che il Concilio ci lascia entrano tutti in questa logica della necessità dell’incontro con l’alterità, e di dialogo, che si tratti di rimettere la Parola di Dio al centro della pratica cristiana, del rinnovamento liturgico, del ruolo dei laici, del dialogo ecumenico e interreligioso, della libertà religiosa o delle comunicazioni sociali. Essi sono portatori di una certa visione della Chiesa nel mondo. La Costituzione pastorale Gaudium et spes spiega bene questa posizione :
« Dopo essersi sforzata di penetrare di più il mistero della Chiesa, il Concilio Vaticano II non esita a rivolgersi ora non solo ai figli della Chiesa e a tutti i discepoli di Cristo, ma a tutti gli uomini. A tutti esso vuole spiegare come esso intende la presenza e l’azione della Chiesa nel mondo d’oggi. »
Attitudine al dialogo ma anche alla collaborazione :
Proclamando la nobilissima vocazione dell’uomo e affermando che un germe divino è deposto in lui, questo Santo Sinodo offre al genere umano la collaborazione sincera della Chiesa per l’instaurazione di una fraternità universale che risponda a questa vocazione. La Chiesa non è mossa da alcuna ambizione mondana; essa non mira che ad un unico scopo: continuare, sotto l’impulso della Spirito Consolatore, l’opera di Cristo, venuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità, per salvare e non condannare, per servire e non essere servito.»
In effetti, con l’insistenza sulla Parola di Dio, con l’introduzione di una liturgia comprensibile a tutti, con il principio di una gestione ecclesiale fondata sulla sinodalità e sulla collegialità, con la riscoperta del diaconato permanente, con il riconoscimento del ruolo dei laici nella Chiesa, delle religioni non cristiane, dei non credenti, con il rifiuto di ogni condanna,  il Vaticano II ha voluto essere innanzitutto un Concilio pastorale.
Nella lettera apostolica del 10 novembre 1994, Tertio millennio adveniente, Giovanni Paolo I  lo riassume come segue :
« un Concilio simile ai precedenti e tuttavia molto diverso ; un Concilio centrato sul mistero di Cristo e della sua Chiesa e al tempo stesso aperto al mondo. Questa apertura è stata la risposta evangelica all’evoluzione recente del mondo con le terribili esperienze del XX secolo, sconvolto da una prima e da un seconda guerra mondiale, dall’esperienza dei campi di concentramento e da orribili massacri. Quanto successo mostra che più che mai il mondo ha bisogno di purificazione, ha bisogno di conversione. »

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